
Cinque impegni concreti da affidare alla responsabilità di ciascuno
È facile accantonare un evento, per quanto importante possa essere stato e nonostante la risonanza mediatica che lo ha accompagnato, per passare ad altro. Soprattutto in un momento come questo, che giornalmente ci mette a confronto con problemi complessi, che ormai quasi inevitabilmente riguardano anche la questione ambientale.
Noi vogliamo invece provare ad andare controcorrente, rifiutando la logica dello spreco e la rinuncia a fare memoria che invadono anche il mondo dell’informazione. Continuare la riflessione a riflettori spenti è un metodo di lavoro efficace, perché aiuta a metabolizzare meglio un’esperienza, rendendola fonte di energia per quel cambiamento culturale e sociale che tutti auspichiamo, ma che in verità non caratterizza e qualifica il nostro impegno civile.
Un esercizio esemplare ci viene offerto dalla lettura attenta del documento conclusivo del Sinodo amazzonico, che ci riguarda molto più di quanto pensiamo. I problemi legati alla ecologia, infatti, non sono mai lontani da noi; la distanza che intercorre fra noi e il Brasile è soltanto un’illusione ottica. Non a caso le indicazioni concrete riportate in questo testo vogliono ricordarci quel che Papa Francesco va ripetendo da tempo: la salvezza ambientale può derivare solo da scelte ecologiche “integrali” che toccano tutte le comunità e i popoli che convivono sul nostro pianeta.
Sinodo per l’Amazzonia:
Il primo impegno concreto: un forte invito alla conversione culturale ed ecologica
Riassumendo le sfide e le potenzialità dell’Amazzonia, che è il “cuore biologico” non solo del Brasile, ma di tutta la terra, il documento ci ricorda che questo territorio sta pagando un altissimo prezzo a causa dei cambiamenti climatici in atto, ma di fatto ogni contesto ambientale è diventato molto più vulnerabile che in passato. E l’errore più diffuso consiste nel pensare che tali mutamenti sono il prezzo inevitabile da pagare al progresso e non possono che essere subiti in modo fatalistico.
Questa convinzione ci porta a sottovalutare l’impatto di morte che si sta abbattendo sulla vita delle popolazioni locali e a non renderci conto che i problemi ambientali devono essere affrontati con coraggio e tempestività, partendo dalla consapevolezza che la cosa più urgente sul piano della fattibilità e dell’efficacia è la diffusa adozione di uno stile di vita sobrio, che consenta l’accesso di tutti alle risorse e ai beni ambientali. Il paradigma multietnico e multiculturale che caratterizza attualmente la regione amazzonica indica concretamente una nuova metodologia nella convivenza all’interno della “casa comune” che è il mondo.
Il secondo impegno nasce dalla consapevolezza che il grido di dolore della terra amazzonica coincide con quello dei poveri del mondo
La privatizzazione di beni naturali; i modelli produttivi predatori; la deforestazione; l’inquinamento delle industrie estrattive; il narcotraffico; la tratta di uomini e donne ridotti nelle più diverse forme di schiavitù; l’azione di gruppi armati illegali; le diverse forme di migrazione in atto: tutti questi fenomeni chiedono un ripensamento circa il modo di concepire e gestire le frontiere e di amministrare le periferie del mondo. È sempre più vero, infatti, che i meccanismi di esclusione ed emarginazione di un territorio prima o poi riguardano con crescente drammaticità le altre realtà ambientali, creando inevitabilmente una crescita esponenziale e drammatica delle contraddizioni e dei problemi economici e sociali. Non ci si può illudere che la miseria e l’ingiustizia vengano circoscritte a singole realtà, perché di fatto sono contagiose e diventano endemiche anche in contesti differenti. Le nostre periferie certamente non sono uguali alle favelas brasiliane, ma non sono neppure estranee a quei fenomenici degrado e di violenza che rendono invivibile la vita quotidiana dei poveri.
Il terzo impegno consiste in una rinnovata attenzione alle giovani generazioni.
In Amazzonia, come nelle nostre realtà locali, i giovani sono i più esposti alla discontinuità fra passato e futuro e all’emorragia dei valori in grado di animare la convivenza sociale; più facilmente diventano vittime di un cambiamento culturale che, confermando un difficile accesso all’istruzione e un facile ricorso a forme di dipendenza psichica, genera povertà, esclusione dal mercato del lavoro, devianza e anomia sociale. Ma anche in Brasile, come i coetanei dei paesi sviluppati, i ragazzi possono diventare protagonisti di una diversa relazione con la realtà ambientale e sociale, progettisti di nuovi modelli di convivenza inclusivi e solidali, soggetti capaci di dilatare le proprie speranze mettendole al servizio delle comunità cui appartengono. Favorire nuovi percorsi educativi e sostenere le istituzioni formative è un investimento che merita una declinazione globale.
Il quarto impegno individuato nel documento conclusivo del Sinodo riguarda la cura della città e delle famiglie che in essa dimorano.
Difendere il diritto di tutti alla città come godimento equo dei principi di sostenibilità, democrazia e giustizia sociale comporta uno sforzo sicuramente notevole, ma non impossibile se l’esperienza della cittadinanza diventa accogliente e solidale e se come tale viene proposta e incentivata dalle politiche pubbliche. La città contemporanea, dalle nostre parti, gode probabilmente di una più attenta riflessione sul tema della sostenibilità, ma non sempre gli urbanisti occidentali sono così pronti ad investire sull’ “intelligenza delle città”, impegnandosi a proteggere e rivitalizzare il patrimonio genetico dato dai valori dell’inculturazione e dell’interculturalità. Né sono scontate una progettazione urbanistica e una gestione politica delle città che mettano al centro i bisogni e i diritti delle famiglie, rispettando e rianimando quel senso di appartenenza alla comunità sociale che si esprime come corresponsabilità nella realizzazione del bene comune. In questo forse le popolazioni amazzoniche hanno qualcosa da insegnarci.
Infine il quinto impegno: difendere la vita per difendere la terra.
E’ strettamente connesso a quell’impegno di ecologia integrale indicata da Papa Francesco come scelta inevitabile per il futuro. Punto nodale di questo sforzo è un’attenzione costante e intransigente per custodire la dignità umana, proteggendola da tutte le insidie, soprattutto quelle più sotterranee e subdole. Su questo punto i Padri sinodali hanno sentito il bisogno di precisare che senza il diritto all’autodeterminazione esteso a tutte le persone e ai singoli popoli difficilmente si potrà realizzare un significativo cambiamento di rotta. Due le azioni che immediatamente possono sostenere questo obiettivo e che ci riguardano, ad esempio, in una differente considerazione del nostro rapporto con quanti vivono nel nostro territorio l’esperienza delle migrazioni interne o extracomunitarie: il recupero e la valorizzazione delle tradizioni, lingue, credenze e aspirazioni dei popoli di originaria appartenenza, per preservare l’identità culturale delle comunità locali dall’oblio e dalla massificazione e la creazione di reti culturali – la Chiesa si propone in prima linea per sostenere tale impresa – che possano interagire per favorire il confronto e “la consapevolezza di un’origine comune e di un futuro condiviso da tutti”, nella cura della “casa comune”.
Ecologia integrale, unico cammino possibile.
In conclusione, l’auspicio dei Padri sinodali è che riconoscendo “le ferite causate dall’essere umano” al territorio, siano ricercati “modelli di sviluppo giusto e solidale” che contrastino le strutture di morte, peccato, violenza e ingiustizia oggi presenti in ogni società. Per un verso si tratta di “disimparare, imparare e reimparare” come superare una mentalità colonialista che ha strutturato in passato i rapporti internazionali e che continua a dominare l’esperienza ormai al tramonto della globalizzazione. Per l’altro, di prendere coscienza che il “peccato ecologico” riguarda tutti nella duplice esperienza di negazione del debito ecologico che l’occidente ha nei confronti dei paesi poveri del pianeta e che oggi tende a moltiplicarsi nei singoli territori (nord/Sud, centro/periferia…). Solo una concreta e corretta responsabilizzazione nei confronti del passato potrà orientare il nostro presente verso un futuro ambientale più equo e sicuro per tutti.