
Brucia l’Amazzonia. Fiamme e incendi, allarme WWF: rischiamo di perdere 20% della produzione di ossigeno del Pianeta e 10% di biodiversità mondiale.
Tre campi da calcio, ogni minuto, vanno in fiamme. In una nazione, il Brasile, che fa del ‘futebol’ uno dei suoi pilastri, l’immagine della vastità dell’immane tragedia che sta coinvolgendo l’Amazzonia, può essere misurata anche così. Ogni minuto, inesorabile, il fuoco avanza. Portando via distruzione e rabbia in uno dei polmoni verdi del Pianeta. Perché, giusto per intendersi, l’Amazzonia produce il 20% dell’ossigeno nell’atmosfera.
Amazzonia in fiamme: i dati
Oltre alle immagini, ci sono anche numeri e dati a sottolineare la situazione. Secondo l’Istituto nazionale di ricerche spaziali del Brasile (INPE) solo da quest’anno (dal primo gennaio fino al 19 agosto) gli incendi in Brasile sono aumentati dell’ 83% rispetto allo stesso periodo nel 2018. Nello stesso periodo sono circa 73mila i roghi registrati nel paese di cui il 52% proprio in Amazzonia. E l’unica soluzione trovata dal presidente Jair Bolsonaro, appena sono stati resi pubblici i dati, è stata quella di licenziare il presidente dell’INPE, il «disfattista» Ricardo Galvão.
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Bolsonaro, però, ora deve affrontare anche le critiche a livello internazionale. Tra i più duri c’è il presidente francese Emanuel Macron, che ha lanciato l’allarme sulla “crisi internazionale” rappresentata dagli incendi forestali in Brasile, chiedendo al G7 di iscrivere la questione all’agenda del suo vertice. La risposta di Bolsonaro è stata una controaccusa a Macron, cioè quella di cedere al “sensazionalismo” per “interessi politici personali”, dimostrando inoltre una “mentalità colonialista”.
Amazzonia in fiamme: le accuse alle Ong
Da una parte, Bolsonaro ha ammesso che i proprietari agricoli potrebbero essere responsabili dell’ondata di incendi forestali nel paese ma è tornato a dire che “i sospetti principali” muovono verso le ong ambientaliste: “Certo, possono essere stati i ‘fazendeiros’, tutti sono sospettati, ma i sospetti principali puntano verso le ong”.
Polemiche sterili che sembrano allontanare dalla questione più rilevante. Rischiamo di perdere il 20% della produzione di ossigeno del Pianeta e il 10% della biodiversità mondiale, è l’allarme del WWF.
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La foresta amazzonica non solo è il più grande serbatoio di biodiversità del Pianeta, ma rappresenta uno dei pilastri degli equilibri climatici. Al di sotto di una certa superficie, l’ecosistema forestale amazzonico rischia di collassare perdendo la capacità di fornire quei servizi cruciali per l’umanità come la stabilità climatica, la produzione di ossigeno, l’assorbimento di CO2, la produzione di acqua dolce, il mantenimento della biodiversità e tanti altri ancora.
La deforestazione
Storicamente, in questa regione, l’uso del fuoco è direttamente collegato alla deforestazione, perché è una delle tecniche utilizzate per creare nuovi spazi per coltivazioni, allevamenti e miniere. Secondo l’Amazon Research Institute (IPAM), i 10 comuni dell’Amazzonia con il maggior numero di incendi sono gli stessi con il maggior numero di disboscamenti. Secondo il WWF e altre organizzazioni ad aggravare la situazione sono state le recenti politiche del presidente Bolsonaro che hanno fatto della deforestazione uno strumento per dare maggiore vigore ad uno sviluppo basato sulla predazione delle risorse naturali.
L’Amazzonia brucia: le immagini dal satellite
Il fumo prodotto dagli incendi che stanno devastando l’Amazzonia in questi giorni può essere visto persino dallo spazio: a catturarne le immagini, il 20 e 21 agosto, sono stati il satellite Sentinel 3, del programma europeo Copernicus dell’Agenzia spaziale europea (Esa), e quello della Nasa, Suomi National Polar-orbiting Partnership. “Non è inusuale vedere incendi in Brasile in questo momento dell’anno – scrive la Nasa sul suo sito – per via delle alte temperature e della poca umidità. Il tempo ci dirà se quest’anno si è segnato un nuovo record o si è entro i normali limiti”.
La mobilitazione
Lo sdegno ha provocato rabbia e una mobilitazione social. Hashtag come #prayforAmazonia raccolgono centinaia di migliaia di menzioni, anche se a volte corredati da foto false, come quella postata da Leonardo Di Caprio e Brad Pitt, che riprende un incendio di anni fa.
Come Notre Dame

C’è poi chi confronta la mobilitazione e la rabbia per le fiamme di Notre Dame con le immagini dell’Amazzonia.
Uno straordinario moto d’animo che ha spinto persone in tutto il mondo a piangere e soffrire per Parigi, ma anche a mobilitarsi. Oggi c’è bisogno della stessa voglia di reazione per quello che sta accadendo a quegli ecosistemi unici e irripetibili che non sono stati creati dall’uomo, ma sono fondamentali per la sua sopravvivenza e stanno rischiando di scomparire per sempre.
Le foreste pluviali – ricorda il WWF – svolgono un ruolo fondamentale di contrasto al riscaldamento globale e senza la loro presenza rischiamo di perdere fra il 17 e il 20% di risorse di acqua per il Pianeta, un numero pari a 6,7 milioni di km quadrati di territori boschivi, e il 20% della produzione di ossigeno della Terra. A questo si aggiunge il rischio della perdita di habitat per 34 milioni di persone e del 10% di tutta la biodiversità mondiale.
“Il saccheggio dell’Amazzonia e delle sue straordinarie risorse ha anche un drammatico risvolto sociale. La deforestazione è infatti accompagnata da un drammatico aumento delle violenze verso le popolazioni indigene che vivono in quei territori. Cacciate dalle loro foreste, assassinate e torturate per il commercio di legna, miniere d’oro, pascoli e coltivazioni, le tribù amazzoniche sono le prime vittime di un efferato crimine contro l’umanità e il pianeta rispetto al quale i nostri occhi e le nostre orecchie rimangono sigillati”, afferma Isabella Pratesi, direttore Conservazione del WWF Italia.
La foresta Amazzonica è un ambiente delicatissimo e irripetibile. Una volta scomparsa sarà scomparsa per sempre e nessun intervento di rinaturalizzazione potrà mai creare la straordinaria varietà, ricchezza e complessità di una foresta tropicale non violata dall’uomo.