Alluvioni e frane: disordine idrogeologico e mentale. Il ruolo della percezione

La frana su Casamicciola ripresa dai Carabinieri

Le irregolarità climatiche e la crescita dei territori urbanizzati incrementano pericolosità e rischi che non si mitigano senza i corretti interventi strutturali, ma la priorità, anche perché a costo quasi nullo, deve andare al miglioramento dell’efficienza delle governances

 

di Giuseppe Spilotro*

Dopo l’alluvione di settembre 2022 nelle Marche scrivemmo un testo di cui riproponiamo alcuni brani.

Il giorno dopo l’ennesima catastrofe idrogeologica, l’alluvione delle Marche, con il suo carico di morti, dispersi e di devastazioni dei tessuti urbani e di quelli produttivi, comincia il deja vu, la caccia ai responsabili, invariabilmente ricercati in tre categorie: i cambi climatici, la cementificazione del territorio, le opere non realizzate. Con riferimento alla classica equazione del rischio, il primo elemento, generalmente il più importante, serve a deresponsabilizzare un pò tutti; il secondo serve a responsabilizzare un pò tutti; il terzo serve a dire che qualcuno si era posto il problema e la babele, più che la giungla, dei procedimenti amministrativi, ha allungato, di fatto interrompendolo, l’iter amministrativo che avrebbe condotto alla realizzazione dell’opera.

Anche se facilmente immaginabile, avevamo involontariamente preannunciato quanto ripetutosi e ripetuto immediatamente dopo la brutale colata di fango che ha colpito una località di Ischia, anche questa volta, purtroppo, con un carico di morti. Soprattutto quando ci sono dei bambini, le loro morti fanno stringere il cuore e ci chiedono una verità.

Sempre nel testo già scritto si era parlato dell’attrito, le resistenze, nelle loro controverse valenze.

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Nel caso di Ischia, la densità abitativa, legale o abusiva, 500 m al di sotto della zona di innesco della frana assolve l’abusivismo dall’aver determinato l’evento, ma non dall’essersi collocato in area pericolosa, generando in tal modo rischio

L’attrito, ovvero le forze resistenti che si contrappongono a quelle agenti. Sospettato di significato negativo, in realtà l’attrito ha anche aspetti fortemente positivi. Tanto per cominciare, ci consente di camminare. Ad attrito zero sotto le nostre scarpe, non potremmo muoverci. Poi nei corpi di terra, senza attrito avremmo pianure e mai colline o montagne. Come una distesa di acqua, assolutamente piatta, se non ci fossero il vento o le maree. Ma anche l’acqua può trasmettere azioni tangenziali quando in movimento, anzi, più si muove, più forti sono le azioni tangenziali, in qualche modo assimilabili all’attrito. Esattamente come nei sistemi sociali. Difficile che qualcuno ti contesti o ti si contrapponga se tu non fai niente. Ne ho vista di gente stipendiata regolarmente, regolarmente nullafacente nella più assoluta tranquillità. Per contro, le difficoltà crescono con l’intenzione di fare qualcosa, soprattutto se è qualcosa di buono o di utile.

Entropologia, ovvero disordine dei sistemi sociali

Il testo introduceva il punto cruciale: si chiama Entropology, “the study of human actions that lead to the disintegration and increasing disorder of highly evolved social systems”.

Il disordine dei sistemi sociali dunque, ovvero l’entropia dei sistemi sociali. In sostanza, si raccontava, l’incremento di disordine degli altamente evoluti sistemi sociali è quello che ci condiziona a tanti livelli. Un alto dirigente di una regione confinante evidenziava come nei processi approvativi di opere infrastrutturali, doveva interfacciarsi con ben 8 uffici regionali, avvolti da membrane semipermeabili: modesta comunicazione con l’esterno, nessuna comunicazione tra di loro. E’ il trionfo delle culture parziali, che diventano assolute. Ogni detentore della sua cultura parziale ha l’obbligo di affermarla come assoluta e prevalente, con tentativi nulli di comprendere le posizioni degli altri. Stiamo parlando, di resistenze, incremento delle energie necessarie per raggiungere gli obbiettivi, tempi che si allungano senza certezze. Più di uno ha tuonato in quei giorni contro le Sovrintendenze. Sta di fatto, che la ricostruzione in pochi mesi del ponte Morandi è stata possibile non con un miracolo tecnologico (su quello eravamo preparati), quanto per l’annullamento per editto di tutte le possibili resistenze delle culture parziali, cioè gli attriti.

Sempre nel testo citato si evidenziavano le responsabilità nella cementificazione dei territori e nei terreni abbandonati. Si dimenticano, per lo meno nelle nostre aree, lo spietramento selvaggio, contrabbandato come miglioramento fondiario, e quella che in contrapposizione alla cementificazione, chiamerei la plasticizzazione. Si, le coperture a tendoni e le serre, che modificano il funzionamento idrologico dei territori trasformati su superfici per nulla marginali e con conseguenze già viste in recenti alluvioni nelle nostre aree costiere.

Aggiungiamo altre situazioni di conflitto con pregiudizi ambientali: la gestione delle aree ripariali e l’ostilità alla rimozione della vegetazione arbustiva dalle sponde. Salvo ritrovarla ammassata contro le pile del primo ponte con la prima piena seria. Eravamo a settembre, a ridosso dell’alluvione nelle Marche. Ora, a novembre, l’alluvione a Ischia.

Nell’evento di fine novembre a Ischia oltre ai già richiamati cambi climatici ed alle opere programmate, ma non eseguite, si è posto l’accento su altri aspetti: la cementificazione derivante da un abusivismo sfrenato (con un controverso intervento legislativo che per alcuni è un condono), la mancanza di cartografia aggiornata e il non aver recepito un allarme proveniente da un qualificato ex primo cittadino.

Cerchiamo di riportare questi argomenti dal contesto televisivo dei talk show a un contesto più razionale.

La questione abusivismo

Nella comunicazione mediatica in bocca a tutti, si fa spesso uso intercambiabile dei termini Pericolosità e Rischio. In realtà, sono cose ben distinte: la prima – la pericolosità – si riferisce alla possibilità che in un luogo e con una data frequenza temporale (il suo inverso è il Tempo di ritorno) si possa verificare un evento in grado di determinare danno. Il secondo  – il rischio – afferisce a un bene materiale o a persone, in un luogo per il quale è stata valutata pericolosità e dalla concomitanza delle due circostanze si può generare un danno di intensità definita dalla vulnerabilità del valore esposto.

Al massimo livello di pericolosità in assenza di beni esposti corrisponde quindi rischio nullo. La più semplice ed efficace mitigazione del rischio è quindi interdire la frequentazione delle aree pericolose. Nel caso di Ischia, la densità abitativa, legale o abusiva, 500 m al di sotto della zona di innesco della frana assolve l’abusivismo dall’aver determinato l’evento, ma non dall’essersi collocato in area pericolosa, generando in tal modo rischio. Si tratta di valutazioni sulla base dell’abbondante materiale fotografico reso disponibile in questi giorni, ma necessita di validazione alla luce di elementi conoscitivi di dettaglio.

E’ necessario segnalare che anche la pericolosità può essere incrementata da azioni sconsiderate dell’uomo. Abbiamo ricordato prima due pratiche agricole nel territorio pugliese che hanno sconvolto il funzionamento idrologico del territorio, lo spietramento e le ampie superfici agricole coperte da serre e da tendoni.

La questione cartografia

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Mappe di rischio da frana e da eventi alluvionali per l’area di Ischia interessata dalla colata di fango del novembre 2022

Ischia, e altri casi noti, verificano aree in frana non cartografate a pericolosità per eventi di tale categoria. Le ragioni sono molteplici: dall’incapacità del redattore, a informazioni di base non adeguate, in particolare per frane di prima generazione. Bisogna richiamare anche la così detta power law, legge di potenza, valida in tanti ambiti fenomenologici: frequenza di un evento è inversamente proporzionale alla sua intensità, con legge esponenziale. Sulle franette di pochi m3 abbiamo sviluppato modelli di previsione molto affidabili, ma eventi con tempi di ritorno secolari sfuggono alla conoscenza storica dell’uomo, che potrebbe quindi non valutarne la possibilità di accadimento. Ma questa spiegazione non si può applicare al caso Ischia, per il quale erano noti antichi fenomeni di notevole intensità. Numerosi articoli rinvenibili sul web informano di 30 vittime tra il 1910 ed oggi causate da frane e colate di fango.

Gli allarmi dell’ex Sindaco non ascoltati

Bisogna imparare a dare il giusto peso al ruolo della conoscenza locale del territorio, mentre a proposito del non ascolto della previsione ci si riconduce al tema percezione, su cui si tornerà a breve, insieme a quello delle membrane semi permeabili che talvolta avvolgono punti decisionali importanti. Il primo aspetto è di grande importanza: spesso il pastore o chi vive sul territorio ha fornito informazioni molto più utili di quelle di occasionali titolati colleghi.

La questione muretti e manutenzioni

Le ferrovie e le strade di una volta consideravano integrate nel loro esistere la manutenzione ordinaria, che evidentemente, secondo valutazioni ancora attualissime, avrebbe ridotto la necessità di quella straordinaria. E quindi, ogni tanti chilometri, esisteva la casa cantoniera o il casello ferroviario. Con personale che viveva il territorio e che con manutenzione (= lavoro) giornaliero sorvegliava lo stato dell’infrastruttura e del territorio contermine e interveniva dove necessario e possibile. Oggi non esistono più né le case cantoniere, né i caselli ferroviari; le manutenzioni si fanno quando il processo degenerativo è evidente e il livello di pericolosità ha superato la soglia di accettabilità del rischio. Cioè, il giorno prima della frana, se tutto va bene, ma più spesso, come ampiamente verifichiamo, il giorno dopo. Situazione non accettabile, considerando che oggi la sorveglianza del territorio si può avvalere di tecnologie neanche più modernissime: rilievi LIDAR, monitoraggi a scansione Laser e soprattutto le tecniche di rilevamento satellitari. Queste ultime inoltre possono godere di archivi retrospettivi anche superiori a 15 anni.

Tra le manutenzioni del territorio, gli occhi esperti di chi lo vive lo avevano impacchettato e terrazzato con lo strumento più efficace ed ecologico mai superato, il muretto a secco. In Puglia si è stimata una loro estensione di ben 75.000 Km ( I muri a secco in Puglia e Basilicata. I materiali, l’arte costruttiva: da funzione a linguaggio della cultura della conservazione socio-ambientale, Ermini R., Guida A., Spilotro G.,  Porcari V. 2022; III Conv. “L’arte dei muretti a secco per i terrazzamenti: patrimonio immateriale e materiale da tutelare”, Ravello 2022). Nel caso di Ischia è stata evidenziata la perdita progressiva per mancanza di manutenzione di questi straordinari sistemi di gestione in sicurezza del territorio.

Il ruolo della percezione

L’ultimo aspetto da esaminare è il ruolo della percezione. Si tratta di fare in modo che la possibile criticità sia correttamente prevista e trasferita al gestore pubblico. Spesso il processo si interrompe qui. Nasce quindi l’esigenza di trasferire l’informazione all’utente finale, di modo che, se non può spostare la casa, almeno sposta se stesso in luogo sicuro. L’obbiettivo da raggiungere, non difficile, è far arrivare l’informazione automaticamente al percettore: lo schermo del telefonino, che ha trasmesso il dato GPS di posizione, evidenzierà un quadratino verde, che si colora prima in giallo e poi in rosso.

Una possibile conclusione

Le irregolarità climatiche e la crescita dei territori urbanizzati incrementano pericolosità e rischi che non si mitigano senza i corretti interventi strutturali, ma la priorità, anche perché a costo quasi nullo, deve andare al miglioramento dell’efficienza delle governances, cioè rimuovere gli attriti derivanti da un po’ di disturbi mentali e comportamentali di vario genere. La tecnologia può aiutare molto.

* (Per conoscere Giuseppe Spilotro clicca QUI)

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