Pesca sostenibile: consumatori più responsabili col banco del pesce interattivo

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bastano una o due porzioni di pesce azzurro a settimana per ridurre marcatamente il rischio di malattie cardiache

Il WWF lancia una guida online per il consumo sostenibile del pesce. L’Italia tra i maggiori consumatori, ma attenzione a quale pesce mangiare.

In fatto di pesce da oggi l’Europa volta pagina. Il 9 luglio infatti è il  “Fish Dependence Day”, il che significa che il vecchio Continente ha consumato le proprie scorte di pesce, molluschi e crostacei da approvvigionamento interno e che fino a fine 2019 dipenderà dalle importazioni di pesce estero. In questa occasione il WWF lancia l’allarme sul drammatico stato in cui versano gli oceani e il Mediterraneo in cui ad oggi, l’88% degli stock ittici monitorati risulta sovrasfruttato.

Dal 9 luglio fino a fine anno l’Europa dipenderà dalle importazioni di pesce estero

E proprio in questa occasione sempre il il WWF lancia il banco del pesce interattivocon cui i consumatori potranno sperimentare la sostenibilità online delle proprie scelte e contribuire così  alla tutela del Mediterraneo e di tutti gli oceani.

Una guida online per scegliere pesce sostenibile

Il banco del pesce interattivo rientra nel progetto di WWF Fish Forward, cofinanziato dell’Unione Europea. Nella guida online al consumo sostenibile l’organizzazione racconta quali sono i piccoli gesti responsabili che possiamo adottare negli acquisti di tutti i giorni, per fare la differenza: ad esempio privilegiare specie locali e poco comuni, utilizzare le etichette come fonte di informazioni utili nella scelta del pesce più sostenibile, conoscere le certificazioni, fare attenzione alle taglie minime di ogni specie. Giocando e rispondendo ai vari quesiti, proprio come se fossimo di fronte ad un vero banco del pesce fresco al mercato, ognuno potrà scoprire se le proprie scelte sono sostenibili e tutto ciò che c’è da sapere per adottare misure responsabili.

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Italiani tra i maggiori consumatori di pesce, ma…

Per far fronte ad una domanda di pesce sempre crescente, l’UE è diventato il più grande mercato ittico del mondo, nonché il maggiore importatore di prodotti ittici, metà dei quali provengono dai paesi in via di sviluppo.

Se per gli europei la notizia è negativa, per il mercato italiano è ancora più sconcertante. L’Italia infatti, ha esaurito l’equivalente della propria produzione annua il 6 aprile di quest’anno. In poco più di tre mesi abbiamo consumato l’equivalente dell’intera produzione ittica annuale interna: la nostra domanda di consumo è talmente alta da eccedere di circa 3 volte il supporto alimentare che pesca e acquacoltura nel Mediterraneo possono sostenere. Non a caso gli italiani sono tra i maggiori consumatori in Europa con in media circa 29 kg di pesce a persona all’anno (la media pro capite europea è di 22,7 kg/anno).

Proteggere la filiera della pesca sostenibile

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Circa il 33% degli stock ittici globali è sovrapescato mentre il 60% viene sfruttato al massimo delle proprie capacità (foto: Green renaissance – WWF UK)

“In Italia non siamo consapevoli della nostra stretta dipendenza dalle importazioni di prodotti ittici, in particolar modo di quanto incidano quelle provenienti dai paesi in via di sviluppo. Gli oceani di tutto il mondo sono sovrasfruttati. Basti pensare che circa il 33% degli stock ittici globali è sovrapescato mentre il 60% viene sfruttato al massimo delle proprie capacità”. È l’allarme di Eva Alessi, responsabile del progetto Fish Forward e responsabile dei consumi sostenibili di WWF Italia “Stiamo mettendo a rischio la sopravvivenza delle risorse naturali marine e con loro tutte le comunità che vivono di pesca come fonte di cibo e di reddito, dai villaggi del Mediterraneo fino agli arcipelaghi indonesiani. Si tratta di circa 800 milioni di persone. Il WWF è impegnato nel coinvolgimento attivo delle aziende del settore perché si impegnino nella trasformazione delle proprie attività di approvvigionamento, e con i consumatori perché sia in grado di adottare comportamenti responsabili. È nostro dovere trattare gli oceani con più attenzione se vogliamo che la vita marina torni a prosperare e che il pesce continui a nutrire noi e le generazioni future”. Conclude Eva Alessi. 

 

 

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