Caccia illegale, bilancio nero

cacciatore
Il WWF accusa molte regioni “arancioni” che hanno autorizzato gli spostamenti dei cacciatori anche oltre i confini comunali,

Forte il bracconaggio nell’annata venatoria 2020-2021 malgrado il COVID. Record di uccisione di specie iconiche come lupi e ibis eremita. CABS e WWF: forte commistione tra politica e lobby dei cacciatori. Necessarie misure legislative severe

A poco più di un mese dalla chiusura della stagione venatoria, il quadro presentato dalle associazioni faunistiche è a dir poco desolante. Lo presenta la recente analisi annuale della caccia illegale in Italia curata dal CABS, un’associazione di volontari specializzata nell’antibracconaggio, con sede a Bonn e attiva in Italia e vari paesi del Mediterraneo, che ha passato al setaccio  i casi di bracconaggio ripresi da stampa, comunicati ufficiali delle forze dell’ordine, resoconti delle Guardie Volontarie Venatorie e dalle osservazioni durante i campi antibracconaggio dell’organizzazione stessa. I reati considerati sono solo quelli che hanno un reale impatto sulla fauna selvatica, come l’abbattimento di specie protette, la caccia notturna e l’uso di trappole.

Avifauna nel mirino dei bracconieri

Nel periodo dal 1 febbraio 2020 al 1 gennaio 2021, i casi raccolti sono 513 e riguardano 921 persone, fra cacciatori e bracconieri. Quasi due terzi di questi (63%) riguarda la caccia agli uccelli, a riconferma del fatto che l’avifauna sia l’obiettivo principale dei bracconieri. Il reato più diffuso è l’abbattimento o la cattura di specie protette, anche specie iconiche e di grosse dimensioni, come il Lupo (ben 16 casi di uccisioni illegali contro i 10 nel 2019, ma sicuramente la cifra è molto più alta).

Che l’anno sia andato male per la fauna selvatica lo dimostrano anche i 7 ibis eremita abbattuti durante l’autunno, mentre dalla Baviera raggiungevano i siti di svernamento in Toscana. Il dato è tanto più significativo perché gli ibis sono al centro di un ambizioso progetto di reintroduzione storica.

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La stampa ha dato notizia anche di 35 specie colpite dal bracconaggio, tra cui gheppi, falchi pellegrini, sparvieri, aquile reali, poiane, falchi di palude, astori, un’albanella reale e addirittura un grifone. Fra i rapaci notturni sono stati abbattuti barbagianni, gufi comuni e un allocco. Seguono gli aironi (cenerino, guardabuoi e garzetta), una cicogna bianca, una cicogna nera, una gru, un cigno reale, poi gruccione, gabbiano reale e comune, ghiandaia marina, corvo imperiale e numerosi altri esemplari di volatili come pettirossi, pispole, cardellini ecc.colpiti un po’ su tutto il territorio nazionale, nonostante la loro formale protezione. Fra i mammiferi il tasso, lo sciacallo dorato (da pochi anni in Italia proveniente dall’Est), e due esemplari di cervo sardo, oltre.

I casi che raggiungono la stampa sono solo la punta di un enorme iceberg” commenta Andrea Rutigliano del CABS, “ma ci hanno permesso di delineare il fenomeno della caccia illegale in Italia”. Il quadro descritto dall’analisi dei dati raccolti in questi anni è costante: tempi e zone del bracconaggio rimangono gli stessi anno dopo anno. “Questa continuità è una chiara dimostrazione dell’immobilità della situazione. Le ammende per la caccia illegale sono surgelate dal 1992 e di fatto non costituiscono più alcun deterrente. Ogni tentativo di aggiornarle viene fermato sul nascere per l’opposizione delle associazioni venatorie. La domanda a cui è facile rispondere è “cui prodest?“.

Wwf: concessioni illegittime e aumento dei reati

Anche il WWF ha fatto un’analisi impietosa della stagione venatoria chiusa il 31 gennaio. Non c’è nulla di buono da raccontare del 2020, tranne la decisione dell’Unione Europea che obbligherà tutti gli Stati membri a non far utilizzare il piombo, pericolosissimo per l’ambiente, la fauna e salute umana, nelle cartucce utilizzate durante la caccia nelle zone umide, una riforma importante e attesa da anni.

WWF punta l’attenzione sui provvedimenti regionali sospesi o dichiarati illegittimi dai TAR (8 su 10) su richiesta dell’associazione del Panda insieme ad altre associazioni, perché riducevano le garanzie che la legge pone a tutela della fauna selvatica, come nel caso del Moriglione e della Pavoncella, due specie di uccelli particolarmente minacciate e protette dall’UE, malgrado l’invito del Ministero dell’Ambiente ad escluderle e le decine di sconfitte ottenute nel 2020 di fronte ai TAR.

Calabria, Campania, Liguria, Sardegna, Sicilia, Toscana, Veneto e Lazio, le regioni interessate. “Questi numeri – spiega in una nota il WWF – confermano la tendenza delle regioni che, pur di fare concessioni alla lobby venatoria, sono pronte non solo a violare, anno dopo anno, le norme nazionali ed europee ma anche a sperperare ingenti somme di denaro pubblico necessario per impegnare i funzionari regionali addetti alla stesura degli atti e per pagare le spese processuali”.

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Anche il COVID fa la sua parte

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Nelle foto dispositivi di richiamo illegali individuati dalle Guardie Giurate WWF Italia nell’area del Padule di Bientina in Provincia di Lucca, durante un servizio di vigilanza venatoria nel dicembre 2020

La pandemia in corso ha inoltre confermato quanto sia forte l’influenza che il mondo venatorio ha sulla politica. “Molte regioni “arancioni” –continua la nota del WWF –  hanno infatti autorizzato gli spostamenti dei cacciatori anche oltre i confini comunali, per esercitare la caccia anche in forma collettiva. Questi provvedimenti, in contrasto con i DPCM emanati dal Governo per arginare la pandemia in corso, hanno creato vere e proprie disparità di trattamento tra “normali” cittadini, costretti a rimanere a casa e cacciatori, lasciati liberi di muoversi mettendo a rischio la salute di tutti”. Tra le regioni che hanno aggirato le restrizioni,  Toscana, Calabria, Abruzzo e Lombardia, contro le quali a dicembre, WWF, Lipu, Lav e Enpa hanno inviato al Governo una formale richiesta di impugnazione delle ordinanze motivate da un presunto “stato di necessita? per conseguire l’equilibrio faunistico-venatorio” .

Tre casi “assurdi”

WWF cita tre regioni sonoramente bacchettate dal Ministero dell’ambiente e dai TAR. La Regione Sardegna ha disposto l’apertura della caccia anche in un giorno di “silenzio venatorio”; la Regione Campania ha tentato di estendere la durata del calendario venatorio senza preventivamente ottenere il parere di ISPRA ; il Presidente ff della Regione Calabria è addirittura arrivato a dichiarare che “grazie ai cacciatori in Calabria non c’è mai stata attività di bracconaggio” dimenticando che si tratta di una tra le regioni con il più alto numero di uccisione di animali protetti d’Europa, come testimoniano le numerose operazioni di polizia.

Infine, anche quest’anno, l’apertura della caccia è coincisa con un sensibile aumento degli illeciti contro la fauna selvatica protetta (utilizzo di richiami e sistemi di cattura vietati nonché di casi di abbattimento o detenzione di specie particolarmente protette), per non parlare del pesante costo in vite umane che ha coinvolto non solo i cacciatori ma ha causato la morte o il ferimento anche di persone estranee.

La conclusione per il WWF non può essere che una sola: adottare misure legislative mirate ad aumentare le sanzioni verso chi continua a compiere questi crimini per dotare le Autorità pubbliche di strumenti realmente efficaci a contrastare questi fenomeni.

 

 

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