Ambiente: Italia arretrata rispetto all’Europa

Angelo Bonelli

Onorevole Bonelli, nel Nord Europa, l’ambiente resta al centro delle cure delle istituzioni e dell’opinione pubblica, come in Danimarca dove l’autunno scorso ha vinto le elezioni un’alleata dei partiti di tradizione ambientalista; a febbraio successo dei Verdi in Finlandia, con il 37% dei consensi. In Italia, nonostante tutto, perché il movimento ambientalista non cresce?

Perché in Italia c’è un’arretratezza politica molto forte rispetto al resto d’Europa e in più perché ci sono stati errori che gli stessi politici, negli anni passati,  hanno commesso. Il primo errore è quello di aver sovrapposto le posizioni dei Verdi italiani con quelle della sinistra radicale. Invece l’ecologismo, l’ambientalismo, deve essere un qualcosa di trasversale nella società, non nella politica. In Europa abbiamo un livello di innovazione e modernizzazione dell’economia della società stessa. In Italia, invece, c’è un livello di arretratezza in questo senso. E ne risente l’economia stessa. Uno dei grandi temi di quest’arretratezza nel nostro Paese è, per esempio, il settore dell’industria, a partire da quello automobilistico. In molti Paesi d’Europa si sta investendo nell’auto pulita, perché si è capito che, con la crisi ambientale delle città, l’auto pulita, quella elettrica, sarà quella che avrà più diritto alla mobilità. Ebbene, in Italia questo non avviene. Con relative ricadute economiche occupazionali, forti. Perché i grandi colossi francesi e tedeschi, per esempio, a partire già da adesso, saranno molto più competitivi della Fiat. Il tema della conversione ecologica è un tema che è stato già affrontato in Europa e che sta ancora per essere affrontato qui in Italia, per costruire un altro Paese.

A questo proposito, cosa pensa, allora, della Green Economy che il governatore Nichi Vendola sta sponsorizzando qui in Puglia?

Io non so quale Green Economy abbia sviluppato Vendola in Puglia. Vedo, in realtà, che la Puglia ha tre siti nazionali tra i più inquinati d’Italia a partire da Taranto. E nulla è stato fatto per avviare una conversione ecologica per economia. Le grandi contraddizioni economiche non sono state affrontate anzi, sono state lasciate a se stesse, a tal punto che a Taranto, la città più inquinata d’Europa, c’è uno dei più alti livelli di mortalità. Al punto che la Procura della Repubblica di Taranto ha aperto un’inchiesta e stabilito che l’ILVA produce inquinamento e morte. Poi se lei si riferisce all’installazione dei pannelli fotovoltaici, quella non si può definire Green Economy. Green Economy significa essere tecnologica, modifica delle condizioni dei governi produttivi, una rivoluzione nel modo di costruire le case, una certificazione energetica; significa per esempio una politica dei rifiuti basata sulla raccolta differenziata e in Puglia la raccolta differenziata sta a uno dei livelli più bassi d’Italia.

Qualche giorno fa, il ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera ha affermato che in questo momento di crisi sarebbe più opportuno da un lato ridurre gli incentivi alle rinnovabili e dall’altro aumentare gli investimenti sugli idrocarburi “made in Italy”; opinione condivisa anche dall’ex sottosegretario all’Energia Stefano Saglia. 

La piattaforma petrolifera off-shore Deepwater-Horizon

Sicuramente si tratta di un’affermazione sbagliata. Quella di basare il tutto sul petrolio, specialmente su quello made in Italy significa, sicuramente, non solo creare condizioni ambientali negative, perché il petrolio porta inquinamento, sporca, e tutte le altre conseguenze che noi sappiamo. Ma non risolve i problemi energetici. Invece la Germania ha stabilito che nel 2050 l’80% della produzione di energia sarà prodotta da fonti rinnovabili. Quindi sbaglia il ministro; probabilmente non è a conoscenza delle questioni e sta commettendo un errore strategico, che rischia di far arretrare, dal punto di vista economico e dal punto di vista produttivo, il nostro Paese, basandosi, ancora, esclusivamente sul petrolio, quando, invece gli altri Paesi dell’Europa stanno investendo sul risparmio, sull’efficienza energetica e sulle energie rinnovabili.

Prospezioni marine offshore: cosa si può fare di più, invece, per fermare la ricerca di petrolio in Adriatico e nel Mediterraneo?

Innanzitutto abbiamo sventato un tentativo da parte del governo di far saltare tutti i vincoli a tutela delle aree marine protette dalle ricerche di idrocarburi. Quello che è successo in America, nel golfo della Luisiana – il riferimento è al Disastro ambientale della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon – dove l’incidente ha completamente devastato la Florida e danneggiato la fauna, la pesca, l’economia per miliardi di dollari, deve indurci a tutelare i nostri mari e basare assolutamente la svolta energetica sul risparmio, sull’efficienza energetica, sulle rinnovabili. È una scelta molto arcaica, archeologica quella del governo su questo punto. Invece noi guardiamo a quello che stanno facendo nel resto d’Europa e l’Italia non può rimanere indietro rispetto a questa svolta che possiamo veramente definire da Terza rivoluzione industriale.

La sua affermazione mi ricorda la stessa dell’economista americano Jeremy Rifkin, le cui tesi sono alla base delle sperimentazioni della “Fondazione ONLUS H2U – The Hydrogen University” del professor Nicola Conenna a Monopoli in provincia di Bari e cioè che l’idrogeno «rappresenterà la terza rivoluzione industriale, dopo quelle legate al carbone e al petrolio».

L'auto alimentata a idrogeno della Fondazione H2U The Hydrogen University di Monopoli - Bari

Io conosco il professor Conenna, e devo dire che l’idrogeno è una frontiera. Una frontiera legata all’innovazione tecnologica. Anche in questo caso, posso fare degli esempi. Ci sono case automobilistiche che hanno in produzione auto full-idrogeno. Il tema è come si produce il vettore idrogeno. Perché lei come ben sa, l’idrogeno è un vettore e in particolare nella mobilità può rappresentare una svolta. In California hanno già adottato le stazioni, di rifornimento all’idrogeno. Il punto è come si costruisce un’alternativa di società che sia basata esclusivamente sull’innovazione tecnologica. Però le nuove scoperte della tecnologia servono proprio non solo a ridurre l’inquinamento ma a rendere più agevole la vita, a migliorare le condizioni di vita, le condizioni economiche, consentire di progredire economicamente. Quindi questo è un elemento positivo che va portato non solo nella ricerca ma anche alle applicazioni industriali.

Un’ultima domanda onorevole Bonelli. A proposito dell’amianto. A distanza di un mese circa una dall’altra, abbiamo avuto due sentenze contrastanti. Quella sul processo Eternit a Torino con la condanna degli imputati e quella del processo di Padova che invece assolve i vertici della Marina Militare dall’accusa di omicidio. Qual è la sua posizione? 

L’amianto è fuori legge dal ’92 con una legge dello Stato. Purtroppo ci sono stati grandi ritardi, disattenzioni, superficialità da parte della classe politica. Questa la dice lunga sulla necessità che ci sia Italia una cultura ecologica, ecologista, forte, nella classe politica. Il rischio è che poi arriva l’Autorità giudiziaria a fare quello che avrebbero dovuto fare dal Consiglio comunale, alla Regione, al Parlamento.

La prima sentenza indica proprio questo ma indica anche che c’è la necessità di fare investimenti sulle bonifiche. Forse gli italiani non sanno che nel nostro Paese ci sono oltre cinquanta tra i siti altamente inquinati, da Gela a Porto Empedocle a Porto Marghera, Taranto ecc. dove la gente si ammala a causa dell’inquinamento, muore a causa dell’inquinamento e fare interventi di bonifica significherebbe anche, principalmente, dare lavoro a coloro che nel corso delle bonifiche, quindi nel miglioramento della qualità della vita possono trovare l’esito.

 

 

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