
I cittadini del mondo, intrappolati in lunghi lockdown primaverili, assistono stupiti al dirompere della natura in città. Qualcosa di più grande e più temibile costringe l’homo sapiens a fermarsi. Crollano i livelli di inquinamento atmosferico, scompare il traffico, diminuiscono rumore e presenza umana. Come dimostrano studi pubblicati recentemente i regimi di lockdown, in Italia e in molti altri paesi hanno facilitato la conquista da parte di specie selvatiche di nuovi habitat, compresi quelli urbani e, più in generale, hanno permesso a molte specie altrimenti notturne o crepuscolari di sviluppare una maggiore sicurezza e a un’attività diurna più intensa. I cittadini hanno potuto così assistere alla presenza di cervi, lupi e altre specie selvatiche fin dentro i centri urbani. Le acque di Venezia, finalmente limpide, tornano appetibili per cavallucci marini, smerghi e altri uccelli acquatici. I parchi urbani diventano indisturbati territori di caccia per le volpi e tranquilli pascoli per le lepri. Nei porti in quarantena tornano indisturbati i delfini. Le fontane dei centri storici attirano anatre selvatiche. Infallibili gheppi hanno potuto ghermire lucertole e topi nei giardini condominiali.
Ma gli effetti dell’interruzione del disturbo umano si sono visti anche fuori dai centri abitati: si sono ridotti gli investimenti lungo le strade, meno inquinamento (soprattutto acustico) e meno collisioni con grandi navi per i mammiferi marini; rospi e altri anfibi hanno potuto raggiungere le acque dove riprodursi senza rischiare di finire schiacciati. Gli uccelli in città, per qualche mese, hanno smesso di sgolarsi per farsi sentire dai propri compagni (Gli scienziati hanno constatato come gli uccelli in città siano costretti a cantare più forte).
Purtroppo, però, su una scala più grande e preoccupante, l’improvvisa frenata delle attività umane ha portato a conseguenze negative sulla conservazione della natura: da una parte si sono seriamente ridotti turismo ambientale e fondi disponibili per la conservazione e la gestione della natura nelle aree protette, dall’altra la crisi economica di molti paesi in via di sviluppo ha di fatto aumentato localmente la pressione sulle risorse naturali.