La Francia alle prese con problemi energetici. Non c’era il nucleare?

La Francia, descritta come piccola oasi della produzione di energia, si trova a dover fare i conti con una situazione di stallo energetico.

La centrale nucleare di Flamanville

Solo lo scorso 4 dicembre la cronaca riporta un episodio all’apparenza banale: il tetto di un edificio annesso alla centrale nucleare di Flamanville (Manica) cede sotto il peso della neve. Tuttavia all’interno della struttura vi era lo stoccaggio di fusti contenenti oggetti contaminati e oggi ci si interroga sulla potenziale contaminazione nell’ambiente circostante provocata dalla neve caduta sulle scorie.

Sortir du nuclèaire, la rete delle associazioni francesi contro il nucleare, ricorda che «un tale avvenimento non è inedito, perché già nel dicembre 1990 il tetto del supergeneratore Superphénix era crollato in seguito a delle precipitazioni di neve.  Inoltre – ammonisce l’associazione -, Questo oggi ci ricorda la vulnerabilità delle installazioni nucleari».

Il sistema energetico francese è spesso citato con vanto poiché totalmente autosufficiente in quanto impiega l’avanguardia del nucleare. Quell’energia a basso prezzo e a portata di mano che l’Italia ha rifiutato con il blocco alla produzione di energia nucleare stabilito dal referendum nel 1987 e che ora deve acquistare dalla Francia.

Infatti quest’ultima, durante i periodi di scarsa richiesta di energia – come le ore notturne – riesce a vendere il surplus di energia verso i paesi confinanti, garantendo un’offerta a basso costo.

Impianti nucleari in Francia

Tuttavia è bastato l’arrivo del freddo a creare intoppi all’intero sistema energetico francese, dimostrando l’incapacità del nucleare di far fronte ai picchi di consumo invernali. In Francia le centrali nucleari forniscono il 78% dell’elettricità ma non hanno capacità di adattamento dinanzi alle variazioni dei consumi. Tutto ciò avviene perchè l’energia dell’atomo riesce ad offrire una produzione costante ma non riesce a rispondere alle emergenze. Questo comporta, in caso di ondate di gelo come quelle degli ultimi giorni, di non riuscire a rispondere alla domanda di elettricità.

Inoltre il basso costo dell’energia pagata in bolletta ha generato un impiego dell’energia sconsiderato, ad esempio diffondendo ad ampio raggio l’uso di sistemi di riscaldamento elettrici. Questo tipo di approvvigionamento fa sì che la Francia passi da esportatore a grande importatore di energia elettrica durante le emergenze.

Nelle giornate più fredde il Paese si è trovato a dover fare arrivare dall’estero 9.600 MW al giorno, sfiorando i suoi limiti d’importazione, con una punta massima di consumo pari a 91.300 MW. Inoltre 10 reattori su 58 risultano ad oggi fermi per manutenzione. E intanto il picco di spesa energetica potrebbe portare, proprio in questi giorni, la Bretagna al black out.

É così smentita la favola dell’energia nucleare francese efficiente che viene esportata: proprio la Francia importa ogni anno più elettricità dai suoi vicini  – Italia compresa – di quanta ne esporti. Sortir du nucléaire sottolinea: «Il sistema nucleare che è stato imposto alla popolazione è sia molto pericoloso che molto fragile. Lontano dal permettere l’indipendenza energetica della Francia, rende il nostro Paese interamente dipendente dall’estero».

I tre impianti della centrale nucleare di Flamanville, il terzo è ancora in costruzione, sono stati visitati dal Ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, nel mese di giugno scorso, per inaugurare il progetto EPR che vede coinvolta anche l’Italia. A questo proposito – ha fatto sapere Greenepace – ciò che la Prestigiacomo ha omesso di dire è quanto riferito lo scorso ottobre dalle tre agenzie di sicurezza nucleare, la francese ASN, la britannica HSE’sND e la finlandese STUK, che hanno bocciato il reattore EPR, perché non completamente sicuro.

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