
Dal Rapporto Istat sul Bes – benessere equo e sostenibile – emerge un Paese nel quale proprio i più giovani possono finalmente liberare l’energia per un cambiamento reale e radicale
“Il Pil – disse Robert Kennedy, in un memorabile ed indimenticabile discorso tenuto il 18 marzo 1968 agli studenti dell’Università del Kansas – misura tutto, in poche parole, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta”. Sono trascorsi quasi 50 anni da quel giorno e molti comportamenti denunciati in quell’intervento non si sono ridotti, anzi. Si pensi, per esempio, alla corsa agli armamenti o alla ricerca di nuovi giacimenti petroliferi o all’indifferenza verso i diversi inquinamenti. Con l’esplosione del fenomeno della globalizzazione, il Pil – emblema di un modello economico lineare corroboratosi della cultura turbo-capitalista – è diventato l’unico misuratore per monitorare l’evoluzione della crescita. Nella consapevolezza che non sia importante, quindi, crescere nel rispetto della dignità umana, ma crescere. A prescindere.

Dal modello lineare a quello circolare. L’economista ed ispiratrice dell’economia circolare Ellen MacArthur, invece, sostenendo il postulato che non possa esistere un’economia senza la previsione di una tutela dell’ecologia, ritiene che le risorse naturali, in quanto limitate, debbano essere riutilizzate il più possibile per una quotidianità caratterizzata dall’essenzialità e sobrietà che sappia valorizzare le relazioni personali e non dalla futilità espressa dal consumismo. Per una sostenibilità etica, prima che ecologica-economica, sottesa alla manifestazione di un benessere sociale diffuso.
Il Benessere Equo e Sostenibile. Questo nuovo modello, pertanto, da alcuni anni è studiato nel nostro Paese dall’Istat che nel dicembre scorso, alimentando il dibattito sugli indici alternativi al Pil, ha pubblicato il suo quarto rapporto sul Benessere Equo e Sostenibile (Bes) attraverso il quale si vuole comprendere e descrivere la fluida complessità sociale esistente. Dall’introduzione del report è possibile leggere che “gli indicatori del Bes, in tutto 130, sono orientati a fotografare il benessere nella sua multidimensionalità e per questo sono articolati in 12 domini: salute, istruzione e formazione, lavoro e conciliazione dei tempi di vita, benessere economico, benessere soggettivo, relazioni sociali, politica e istituzioni, sicurezza, paesaggio e patrimonio culturale, ambiente, ricerca e innovazione, qualità dei servizi. Gli indici tengono conto sia degli aspetti che hanno un impatto diretto sul benessere umano ed ambientale sia di quelli che misurano gli elementi funzionali al miglioramento del benessere della collettività e dell’ambiente che la circonda”.
Per poter diagnosticare più efficacemente i mali del presente e avere gli strumenti per contrastare la patologia senza che si propaghi nel futuro, occorre conoscere il passato. La premessa, quindi, pur essendo iniziato assai lentamente nel 2015 il processo di recupero dagli effetti traumatici della crisi economica-finanziaria, è in un Paese ancora fortemente dilaniato dalle disuguaglianze, economiche e socio-culturali, e nel quale la povertà assoluta raggiunge il valore più elevato dal 2005 coinvolgendo 4 milioni e mezzo di persone. Nonostante il dato non molto confortante, in uno scenario comunque contradditorio e fortemente cangiante, ci sono alcune positività. Vediamo le principali, indagando i risultati di alcuni dei domini analizzati nel dossier.
Istruzione e formazione. Prosegue il miglioramento dei livelli di istruzione della popolazione e della partecipazione al processo formativo. Tra il 2004 e il 2015 sono cresciute sia la quota di persone tra i 25 e i 64 anni in possesso almeno di un diploma superiore (al 59,9%, oltre 11 punti percentuali in più) sia quella delle persone tra i 30 e i 34 anni con un titolo universitario (al 25,3%, quasi 10 punti percentuali in più), mentre è calato di circa 8 punti percentuali il tasso di abbandono del sistema formativo, anche se rimane alto per gli studenti nati all’estero.
Politica e istituzioni. Resta alta nel 2016 la sfiducia dei cittadini nei confronti di partiti (voto medio 2,5), Parlamento (3,7), Consigli regionali, provinciali e comunali (voto medio 3,9), e nel sistema giudiziario (4,3). La valutazione è superiore alla sufficienza solo per Vigili del fuoco e Forze dell’ordine. Migliora la rappresentanza femminile negli organi legislativi ed esecutivi delle istituzioni europee e nazionali. Nel 2016 la rappresentanza italiana femminile nel Parlamento europeo tocca il 37%, nel 2009 era del 35%.

Paesaggio e patrimonio culturale. L’Italia conserva il primato nella lista del patrimonio mondiale dell’Unesco per numero di beni iscritti (51, pari al 4,8% del totale), seguita – ormai a brevissima distanza – dalla Cina (50) e poi da Spagna, Francia e Germania. Per la lunga crisi economica che ha caratterizzato gli ultimi anni si è ridotta sensibilmente la spesa pubblica destinata alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio culturale (dallo 0,3% della spesa complessiva delle Amministrazioni centrali del 2009 allo 0,2% del 2015) e continua a crescere – sia pure nel contesto di una generale contrazione della produzione edilizia – il tasso di abusivismo. Si stima, infatti, che nel 2015 siano state realizzate quasi 20 costruzioni abusive ogni 100 autorizzate, contro le 17,6 dell’anno precedente e le 9,3 del 2008. Coerentemente con questi segnali negativi aumenta – soprattutto fra i giovani – la quota di italiani che si dichiarano insoddisfatti del paesaggio del luogo di vita, ritenendolo “affetto da evidente degrado”: sono il 22,1% nel 2015 contro il 20,1% dell’anno precedente e il 18,3% del 2012.
Ambiente. Le risposte alle problematiche di salvaguardia dell’ambiente, in gran parte guidate dalle normative europee o dall’insorgere di specifiche emergenze, appaiono ancora frammentate. Negli ultimi anni l’estensione della superficie delle aree protette non ha subito modifiche rilevanti. Anche i territori inclusi nella Rete Natura 2000 non registrano variazioni, attestandosi al 19,3%, valore comunque superiore alla media europea (18,4%). Gli indicatori soggettivi relativi alla preoccupazione per la perdita di biodiversità e alla soddisfazione della situazione ambientale della zona in cui si vive mostrano da un lato una maggiore sensibilità sul tema della conservazione delle specie. Dall’altro è in leggera flessione la soddisfazione per la qualità ambientale della zona di residenza.
Qualità dei servizi. Critico il quadro del trasporto pubblico locale dove l’offerta è in forte diminuzione, mentre la domanda è in crescita. Un dato che ha un impatto negativo sulla percezione che gli italiani hanno in relazione al tempo impiegato negli spostamenti necessari allo svolgimento delle attività quotidiane. Lo vivono come tempo sottratto agli altri tempi di vita. In un giorno feriale medio dell’anno il complesso della popolazione di 15 anni e più dedica 76 minuti alla mobilità sul territorio, equivalenti al 5,3% dell’intera giornata.
Anche dallo studio di questo dossier Bes, concludendo, si può dedurre come, pure in presenza di quelle che ad oggi si presentano dolentemente come invarianti strutturali (la crescita delle disuguaglianze e della disoccupazione e la percezione di insicurezza), che potrebbero istigare alla sfiducia o all’egoismo o alla paura, cerchi di emergere un Paese nel quale proprio i più giovani, spesso animati da autentici talenti e solide motivazioni, possano finalmente liberare l’energia per un cambiamento reale e radicale, diffuso e condiviso. Nel segno non solo di una sostenibilità ambientale e relazionale, ma anche nel sogno di comunità sempre più innovative e inclusive. Nelle quali nessuno resti indietro e a tutti sia donata una possibilità.