Xylella fastidiosa: la Storia ci indica la strada

In Salento la Xylella fastidiosa non si arresta. Giorgio Greco porta avanti da un paio di anni una sperimentazione a Nardò e ricorda un’analoga epidemia di due secoli fa

Giorgio Greco torna a parlare della sperimentazione anti Xylella fastidiosa nel suo oliveto a Nardò (LE). Tra specie attaccate e specie resistenti, una epidemia due secoli fa mise in ginocchio l’olivicoltura salentina.

xylella fastidiosa.foto giorgio greco
Una immagine dell’oliveto “La scelta” a Nardò (LE) – Foto Giorgio Greco

Fino a qualche giorno fa non conoscevo neanche le varietà presenti nel mio campo: sono due, Cellina di Nardò e Ogliarola Leccese, e mi sono state indicate da un anziano contadino del paese, uno tra i pochi che le sa distinguere… C’è ancora vita nel mio oliveto, nonostante i ripetuti attacchi con alberi visibilmente più sofferenti rispetto ad altri, per cui la sperimentazione empirica va avanti fino al prossimo aggiornamento previsto ad aprile 2017. Anche le foto delle foglie di 8 dei 34 ulivi presenti nel mio oliveto appartengono ad 8 alberi che, a 3 anni circa dalla sperimentazione empirica, sembrano resistere meglio agli attacchi del disseccamento rapido dal quale non sono immuni. Mantengono, ad oggi, una forma abbastanza regolare non avendo subito importanti perdite di chiome e di rami.” Così scrivevo nel mio precedente contributo pubblicato da Ambient&Ambienti “Xylella, io la combatto con le buone pratiche”

Xylella fastidiosa, notizie non buone

Aggiorno con anticipo la situazione della sperimentazione empirica “La Scelta”, in quanto 26 dei miei ulivi, varietà Ogliarola Leccese, attaccati dalla Xylella fastidiosas, sono tutti visibilmente peggiorati da fine dicembre ad oggi. Gli altri 8, varietà Cellina di Nardò, non immuni alla malattia, continuano a resistere abbastanza bene dopo 1260 giorni circa dai primi sintomi di disseccamento nella zona.

Questa condizione mi fa tornare indietro nel tempo, più di 2 secoli fa, quando una terribile malattia, la Brusca parassitaria, decimò gli oliveti salentini. In particolare fu l’Ogliarola Leccese, varietà più rappresentativa, a subire pesanti perdite mentre la Cellina di Nardò risultò essere più resistente, tanto che i contadini decisero di sopperire con quest’ultima varietà e riuscirono a venirne fuori. All’epoca i cittadini non avevano le mani legate, decidevano in fretta e soprattutto ci tenevano di più alla campagna, fonte di sostentamento generale.

L’UE permetta il reimpianto

Ciò che accadde più di due secoli fa e ciò che accade oggi nel mio oliveto, ci suggerisce che la strada maestra per far fronte ad un’epidemia così grave e terribile come quella della Xylella fastidiosa, oltre alle buone pratiche agricole di un tempo, è quella del reimpianto con varietà più resistenti che sicuramente esistono in natura.  Occorre fare in fretta e battere i pugni sul tavolo dell’Europa per ottenere la possibilità del reimpianto perché il cimitero di alberi nel Salento è ormai una tristissima realtà. Bisogna vincere tutte le resistenze all’abbattimento perchè a cosa equivale un’immensa distesa di piante spettrali se non a milioni di olivi abbattuti? Fa tristezza uscire di casa la mattina per recarsi al lavoro ed incontrare un intero paesaggio grigio che muore, giorno dopo giorno.

Ritengo preziosa lettura le osservazioni dell’agronom, Dott. Antonio Bruno, pubblicate nel 2010 nella nota Duemila anni di Olivi del Salento leccese pubblicata su Cultura Salentina.

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