
L’ArcelorMittal ha confermato e ribadito il suo addio all’ex Ilva.
Una sola condizione, per ora, per restare: 5mila esuberi. Una proposta giudicata irricevibile dal premier Conte, che intanto valuta un piano B per l’acciaieria più grande d’Europa.
Ex Ilva: “È allarme rosso, ma non ci faremo prendere in giro”. L’attesa era tutta per il vertice a Palazzo Chigi. Perché se l’incertezza riguarda Taranto, le decisioni vengono prese (anche) a Roma. E così la questione relativa all’ex Ilva è piombata, nuovamente, al centro dell’agenda politica. “Colpa” della decisione di ArcelorMittal – annunciata e ribadita anche nell’incontro con il governo – di ritirare l’accordo per l’acciaieria di Taranto.
Ex Ilva, “questione drammatica”
Ed è stato proprio il premier italiano a sintetizzare in quella frase l’attuale situazione dell’acciaieria più grande d’Europa. Allarme rosso, dunque. E 48 ore per una controproposta. Per ora, l’esito del tavolo a cui ha partecipato mezzo governo – oltre a Conte, c’erano i ministri Gualtieri, Provenzano, Catalfo, Patuanelli, Speranza e Bellanova – è negativo. Fumata nera, nerissima. Anche perché l’unica alternativa al momento, proposta dal proprietario della ArcelorMittal, Lakshmi Mittal e dal figlio Aditya, è stata giudicata irricevibile: «La questione è drammatica perché ArcelorMittal, per assicurare la continuità aziendale, ci rappresenta l’esubero di 5 mila lavoratori. È una questione che per noi è inaccettabile, per cui abbiamo detto che siamo disponibili a lavorare per mantenere aperto un tavolo negoziale». L’obiettivo è «preservare il progetto industriale che ci è stato presentato a seguito di una gara e questo è inaccettabile e se ci sono delle criticità non giustificano affatto quello che ci è stato prospettato. Lo scudo penale è stato offerto ed è stato rifiutato. Il problema è industriale». (Guarda la conferenza stampa del premier)
Ex Ilva:
I numeri
Ha parlato solo il governo. Bocche cucite dall’azienda al termine del vertice, ma mano veloce nel vergare la comunicazione (datata 5 novembre), per formalizzare ai sindacati e alle Rsu la procedura di riconsegna a Ilva in amministrazione straordinaria di stabilimenti, impianti e personale dell’ex Ilva. I dipendenti, com’è noto,sono 10.777 in totale di cui 8.277 a Taranto. Ma nel complesso, l’indotto coinvolge 15mila lavoratori. Ora senza un futuro. Senza una certezza.
I sindacati

L’annuncio ha fatto partire lo sciopero immediato a Taranto proclamato dalla Fim. Del resto, Biagio Prisciano, segretario aggiunto della Fim Cisl Taranto – Brindisi era stato chiaro: «Consiglio di fabbrica permanente, anche perché le questioni possono andare in aggiornamento. Presidio vicino alla direzione con tutte le Rsu e non escludiamo di mettere in atto ulteriori iniziative di mobilitazione e di lotta». Detto, fatto.
«Il governo è l’interlocutore ora ed è il governo che deve chiarire cosa vuole fare di Taranto. Se c’è un piano B lo tirassero fuori e ci dicessero come si ricollocano quindicimila lavoratori, considerando l’intero indotto». E poi la provocazione: «Taranto ha bisogno di riflettori sempre accesi, ma chissà come mai sempre in concomitanza di campagne elettorali ci troviamo in queste situazioni. Se qualcuno pensa che si può giocare con la pelle e la salute dei lavoratori si sbaglia. Non vogliamo una fabbrica che dia solo lavoro ma che sia rispettosa di salute e ambiente e non ammazzi né chi sta dentro né chi sta fuori».
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Fiom e Uilm, intanto, in una nota congiunta, hanno annunciato uno sciopero di 24 ore a Taranto per il 24 novembre. “L’incontro non ha prodotto alcuna novità se non la conferma della volontà della multinazionale di recedere il contratto di fitto. La multinazionale ha evidenziato, nella nota inviata ad Ilva in AS, che il problema non è solo lo scudo penale ma bensì le problematiche giudiziarie di AFO 2 e soprattutto il riesame dell’Aia”.
L’incontro con Emiliano
In attesa delle 48 ore per aggiornare la trattativa con ArcelorMittal, Conte incontrerà anche il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano e il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci. Proprio il governatore regionale, intervenendo a Buongiorno, su Sky TG24, parlando dell’ex Ilva dopo l’annuncio del ritiro di ArcelorMittal dall’acquisto del polo siderurgico, ha spiegato: «Abbiamo proposto negli anni ai Governi che si sono succeduti un processo di profonda ristrutturazione della fabbrica, che innanzitutto tuteli la salute, l’ambiente e la sicurezza del lavoro. Incontreremo il premier e se ci ascolterà saremo in grado di fare una proposta compiuta che darebbe alla fabbrica una nuova impostazione tecnologica compatibile con la salute e che possa salvaguardare il sistema industriale».
Proposte, trattative, abbandoni e incertezze. Per ora all’Ilva è scattato l’allarme “rosso”. La situazione è in costante aggiornamento e nelle prossime ore si capirà il futuro dell’acciaieria.