Viaggio in bici con BIOcycling, una famiglia in bici alla scoperta del Sud America

Una famiglia in bicicletta: papà, mamma e due bambine. Oltre 17.000 km percorsi in oltre un anno. Dalla Patagonia all’Ecuador. Ambient&Ambienti li ha intervistati

Alberta, Sebastien, Angela e Anna, originari del Veneto, sono partiti il 13 gennaio 2016 da Ushuaia in Argentina,  la città più a sud del mondo. Alla volta di un viaggio incredibile. Un viaggio in bici tutto speciale. Dal Sud America raccontano la loro avventura e lanciano una campagna di crowfunding attraverso la piattaforma Produzioni dal basso dove si definiscono “Happy Family BIOcycling”. (guarda la fotogallery in coda all’articolo)

Li abbiamo raggiunti, non senza difficoltà, su WhatsApp. In questi giorni si trovano in Ecuador, in una immensa distesa di bananeti, una delle più grandi al mondo, vicino Machala, sull’Oceano Pacifico. Ospitati da una piccola comunità di 20 famiglie che cercano di sviluppare un turismo sostenibile nella zona. «E’ impressionante ci sono distese immense di banani. Purtroppo in questo momento ci sono degli aerei sulla mia testa che stanno buttando pesticidi e schifezze varie. Queste banane non sono per niente biologiche!», ci dice il capofamiglia.

viaggio in bici
Una sosta durante il viaggio in bici nel Sudamerica

Lo scopo del viaggio

Si, perché il viaggio in bicicletta della Happy Family ha un obiettivo ben preciso. Conoscere e far conoscere le storie nascoste dei contadini, delle realtà di agricoltura biologica , del commercio equo e solidale. «Uno dei motivi per il quale vorremmo coinvolgere più persone possibile è quello di creare attenzione verso queste tematiche. Evitare gli sprechi, vivere in maniera sostenibile. Ognuno di noi può far qualcosa verso il cambiamento, anche chiudere l’acqua mentre ci laviamo i denti può fare la differenza», continua Sebastien.

Non è un semplice viaggio in bici, è uno stile di vita

Sebastien, come nasce l’idea di questo viaggio?

«Da sempre io e la mia compagna siamo amanti dei viaggi, amiamo conoscere nuove culture. Abbiamo sempre viaggiato, anche dopo la nascita delle bambine. L’idea del viaggio in bici è nata dall’esigenza di voler viaggiare lentamente. Anche per togliersi di dosso la frenesia del nostro mondo in cui tutto scorre velocissimo. Oggi non facciamo più caso a niente.

Siamo sempre stati legati a questi aspetti. Io lavorando nel settore della produzione e distribuzione dei prodotti biologici e la mia compagna, nell’equo solidale. Abbiamo fuso insieme i valori e abbiamo scritto un progetto: BIOcycling, bio come vita e come biologico. Non avevamo soldi né per comprare le biciclette né per i voli.

Il motore è stato l’entusiasmo e la voglia, e anche ora è questo che ci spinge a portare avanti l’obiettivo, oltre a uno stile di vita sostenibile. Per noi questa non è una vacanza, è uno stile di vita, un modo di viaggiare. Carichiamo il cellulare grazie a una dinamo collegata alle ruote delle biciclette. Campeggiamo. Ed è ormai anche  un vero e proprio lavoro, perché stiamo lavorando su mille fronti per cercare di condividere il più possibile i valori di questo progetto».

A scuola con Skype

Un viaggio così lungo e impervio, con delle bambine così piccole. Non deve essere sempre facile.

«Non lo è. Viaggiare con le bambine è stata la preoccupazione maggiore fin dall’inizio. Avevamo già fatto dei viaggi insieme, in Italia, in Austria, brevi tratti anche per abituarle. Non sempre sono contente di essere in viaggio, a volte gli mancano i nonni o i compagni di classe. Ci teniamo sempre in contatto, però.

Le piccole Angela e Anna, in viaggio con mamma e papà

La scuola del nostro comune,  Revine Lago, in provincia di Treviso,  ci segue attraverso collegamenti Skype. Le bimbe fanno i compiti, abbiamo un gruppo WhatsApp con i professori in cui le bambine raccontano ai loro compagni quello che vedono ogni giorno. Siam partititi da casa senza sapere una parola di spagnolo, le bambine oggi parlano lo spagnolo con l’accento dei posti che abbiamo visitato. In California impareranno anche l’inglese. Una modo di imparare le lingue che la scuola non ti darà mai».

Ci sono stati momenti difficili?

«Le difficoltà maggiore è mantenere l’equilibrio tra di noi, stare 24 su 24 ore assieme. Le difficoltà fisiche ci sono state, eccome. Nella Patagonia viaggiavamo con una media di 20, 25 km al giorno. Abbiamo dovuto lottare contro il vento. Salivamo verso Nord, con il vento contrario. Ma tutte le difficoltà e le paranoie che uno si fa seduto sul divano pensando a cosa può capitarti, una volta lì le superi e basta.

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Risalire le montagne impervie del Perù non è stato facile

Abbiamo visto che nel mondo c’è molta più gente buona che mala, come si dice qui. Non ci siamo mai sentititi in pericolo».

Cosa altro avete imparato?

«Che il tempo è la ricchezza più grande che abbiamo. Tutto questo tempo passato con le nostre bambine, anche nelle difficoltà di una famiglia normale, è la ricchezza maggiore di questa esperienza incredibile».

Ecuador, California, poi Italia

Qual è la prossima tappa?

«Siamo pronti ad affrontare le Ande ecuadoriane arriveremo nella selva amazzonica dell Equador, dove ci aspettano delle comunità che fanno homeschoooling (istruzione parentale aldifuori delle istituzioni scolastiche, n.d.r.)e vogliono conoscerci».

E quando tornerete?

«Rientreremo nel 2019. L’idea è quella di pedalare per tutto il centro America, verso la California. E poi, una volta tornati, risaliremo l’Italia dal Sud, dalla Sicilia fino a casa, perché ora ci resta da conoscere meglio il nostro bel Paese. L’Italia sta facendo dei grossi passi avanti nel biologico. Vorremmo mettere in risalto tutti gli sforzi che stanno facendo i nostri agricoltori.  Pedalare su per l’Italia sarà una passeggiata in confronto al sud America».

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