Bassa Risoluzione. Esperimenti spaziali nella città. Una filosofia ecologica e sostenibile che accetta e valorizza i residui dell’esistente e li coltiva nella loro diversità. L’idea d’azione è opera di due trentenni, un progetto di Anna Lovecchio e Valentina Vetturi che nel 2008, grazie a Principi Attivi promosso dalla Regione Puglia, hanno creato il collettivo Radice Quadrata basato su un metodo di azione fatto di collaborazioni trasversali e condivisioni sperimentali. Si ricercano e si promuovono esperienze di arte contemporanea attente ai processi e alle trasformazioni che riguardano la collettività, il territorio, le prassi abitative e la condizione presente.
Prima ufficiale “apparizione” il lancio del Festival della Bassa Risoluzione che ha coinvolto ben venti artisti e quattro quartieri di Bari; il riuscitissimo evento si è trasformato in esperimento di arte pubblica attraverso il quale i partecipanti hanno restituito al contesto urbano i suoi spazi residuali senza alterare le diversità, ma abitandole creativamente. Attivando dinamiche inconsuete, sviluppando forme di affezione nei confronti degli spazi che fanno emergere le criticità sommerse. Ma cos’è? «E’ un percorso di interrogazione degli spazi che attraversiamo tutti i giorni- spiegano le curatrici- spazi che appartengono alla collettività e che abitiamo in maniera inconsapevole. Fondamentali sono stati gli incontri con il pensiero della “architettura lo-fi”, che Mario Lupano e Luca Emanueli stanno elaborando ormai da qualche anno e con le esperienze di attraversamento e di ascolto del territorio praticate da Stalker/Osservatorio Nomade, così come anche l’assimilazione del Manifesto del terzo paesaggio di Gilles Clément dal quale abbiamo appreso le potenzialità di uno sguardo obliquo sul paesaggio. Uno sguardo non irretito dal gusto per l’ordine – spiegano ancora Lovecchio e Vetturi – ma aperto verso la diversità di forme e comportamenti». Per gli “spazi a bassa risoluzione” s’intendono insomma questi spazi indecisi, microaree residuali ed extra-architettoniche presenti nel tessuto urbano che, pur appartenendo al paesaggio quotidiano, rimangono sotto la soglia di visibilità ordinaria o vengono stigmatizzate perché prive di funzione.
Il progetto si è sviluppatodal 2009 in tre fasi: la mappatura, l’archiviazione, la rifunzionalizzazione. La prima ha comportato inviti (via web, newletters, radio, giornali e manifesti) aperti a tutti coloro volessero partecipare, che completi di divise da operatori di strada e dotati di un identi.kit (una carta d’identità concettuale) hanno prima approvato degli spazi dove operare e disegnato sul posto la planimetria assegnando a ciascuno di essi una numerazione civica per creare un sistema di riferimento e metterli in rete fra loro. Questo ha permesso di far circolare interrogativi e considerazioni sulla natura degli spazi pubblici, sulla loro accessibilità e sulle loro possibili destinazioni d’uso. Tutte le esperienze e i materiali raccolti durante la mappatura sono poi passati nell’Archivio della bassa risoluzione, accessibile online, da cui alla fine è partita l’ultima fase del progetto culminata appunto con il Festival della Bassa Risoluzione. Base operativa del laboratorio la sede BluOrg. Risultato: diciannove progetti che hanno reinventato modalità abitative dello spazio pubblico introducendo così valori d’uso alternativi con conclusiva Certificazione della loro abitabilità.