
Ci sono tre luoghi nel mediterraneo da cui ho iniziato a conoscere la Puglia. Il Museo Archeologico ad Atene, il Museo Greco-Romano del Bardo a Tunisi e il Museo Archeologico a Taranto, il MARTA.
La piana della Sirtide e Taranto sono state, e lo saranno per sempre, i luoghi dove la cultura greca, nelle sue colonie oltre il mare Egeo, hanno avuto modo di esprimersi nella più alta esperienza creativa del loro tempo. L’uomo contemporaneo oggi può far tesoro di questo dono e la Puglia, già Magna Grecia, con la Sicilia, raccolto in sè tutti i segni, le sculture, i mosaici, e gli ori di un periodo storico unico. Oggi, gran parte di quel patrimonio storico/archeologico è visibile, ad occhio nudo, in uno dei più bei musei d’Italia, il MARTA, e l’occasione dell’estate che mi obbliga, con piacere, ad accompagnare amici venuti d’oltralpe, mi ha portato nel centro storico di Taranto, in un bellissimo edificio restaurato di fresco e con gran dettaglio architettonico, in cui sono custoditi, pezzi unici dell’Antica Grecia in Italia e del periodo Romano, quando fu Provincia di Roma.
I frammenti nel MARTA sono esposti con tale eleganza da sospenderli nel tempo. Un frammento, come sosteneva Pablo Picasso, contiene in sé tutta la storia della scultura, del vaso, del mosaico a cui appartiene, e da esso è possibile immaginare l’opera integra all’origine e nel tempo in cui è stata scolpita, modellata, dipinta. Tutte le sculture presenti sono “frammenti” grandi di opere arrivate a noi, dopo duemila anni, sotto uno spessa coltre di terra. A volte, il tempo non solo è grande scultore come sosteneva Marguerite Youcenar, ma anche grande custode dell’arte e dell’opera dell’uomo. Ed è in questa “custodia”, sotto terra, al buio, nelle tombe, sotto strade lastricate di pietra che si sono conservati nel tempo, per noi. Forme, segni e colori appartenenti alla nostra cultura, alla nostra tradizione. Ma, “…avere una tradizione è meno che nulla, è soltanto cercandola che si può viverla…(Cesare Pavese)”, per percepire la loro grande sensibilità artistica e comprendere la nostra cultura.
Mi fermo davanti alle sculture, le guardo nei dettagli, rimango attonito. Mi siedo davanti a loro. Il tempo è conoscenza. Io sono il tempo che concedo alla mia conoscenza per vivere la tradizione e, restando immobile davanti a loro per un tempo indefinito, vedo forme, volumi, segni scolpiti nel bianco Thassos Greco. Segni tracciati con tale sensibilità artistica da sospendermi il respiro, nel momento che li scopro.
Il tempo, e il vedere con attenzione queste sculture, mi hanno sospeso, ritrovando il mio tempo storico, le mie origini, la mia cultura, le mie tradizioni. Girargli intorno, lentamente, comporta un atto di fede assoluta, un’attesa, che, se percepita, appaga.
Ogni frammento sussurra, racconta, incide nella mia memoria elementi strutturali, dettagli della mia conoscenza. Un vocabolario formale che racconta un mondo. Quello Greco, in particolare, mi ha suggerito emozioni che sfiorano l’immateriale. Raccontano un mondo in movimento: le azioni dell’uomo, i gesti, i sentimenti, le passioni. Raccontano di un erotismo assoluto, un amore assoluto, fatto di sguardi, corpi, nudità percepibili in modo idilliaco, muscoli Spartani, dolcezze femminili, morbidità tessile, vento, scaltrezza nei gesti, sguardo, anima, amore, gelosia, passione.
I frammenti raccontano per frammenti, ed io, fermo, immobile davanti a tanta arte, cerco, con la mia immaginazione, di comporre, ricomporre atti, gesti, luoghi, incontri, colori e profumi di un tempo. Un tempo che sembra essersi sospeso riaffiorando ai miei occhi come un tempo fresco, giovane, contemporaneo. Mi fa sentire Greco. Greco in Magna Grecia; mi ricollega alla storia del mondo, attraverso la scultura, un racconto scritto nelle pietre, nei mosaici, nei vasi.
Il MARTA è un libro aperto, composto di sculture, visibili ad occhio nudo, che attendono il mio, il vostro sguardo, il nostro tempo, per informarci sul nostro passato, sul nostro futuro.
(foto Domenico Tangaro)
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