Ulivi secolari resi immortali

Dai rami potati di ulivi secolari nascono elementi di design. L’idea di quattro giovani calabresi

 

Che fine fanno i rami degli ulivi che vengono potati? Il più delle volte diventano legna da ardere. La vita di quei rami finisce in cenere. La potatura è una delle operazioni che, se ben fatta, serve ad aiutare l’albero a crescere meglio, ma la parti recise di questi “monumenti” il più delle volte finiscono per diventare legna da ardere. Eppure spesso si tratta di ulivi secolari, i cui rami di per sé sono delle sculture naturali, potrebbero essere quindi usati in altro modo. Come? Ci hanno pensato quattro ragazzi calabresi, Antonio Centorrino, Gabriel Gabriele, Marco Macrì, Vincenzo Fratea. Li abbiamo sentiti per farci spiegare il loro progetto.

L’ulivo, un simbolo

«Una genesi complessa. Inizialmente abbiamo identificato la materia prima ed essendo tutti e quattro calabresi e volendo fare qualcosa legato al green non potevamo che scegliere il simbolo della nostra calabresità, meridionalità, italianità direi, l’ulivo».
L’ulivo è anche simbolo di pugliesità.
«Assolutamente sì. La Puglia gioca un ruolo fondamentale. Poi individuata la materia prima, anche perché Vincenzo è falegname da oltre 15 anni, dovevamo trovare la missione sociale e ambientale e differenziare la materia prima, che è già ampiamente utilizzata. Per puro caso – racconta Antonio Centorrino – vedendo mio suocero bruciare un ramo di un ulivo secolare del suo uliveto ho avuto un piccolo sussulto e ho proposto il tutto ai miei soci. Abbiamo segmentato la materia prima in legno di ulivo ma proveniente solo dalla potatura di alberi secolari. Questo anche per legare una possibile visione rispetto al tramandare delle storie».

Aliva nasce il 1° gennaio e sta già raccogliendo numerosi consensi. Filiera corta, sostenibile ed etica

Nasce così Aliva, una società davvero particolare con una mission variegata: far conoscere storie dimenticate o sconosciute della nostra terra, formare gli agricoltori per renderli più consapevoli dei rischi che corrono gli ulivi e contribuire a ripopolare di ulivi il Salento, colpito dalla piaga della xylella.
Ulivi secolari che non muoiono perché i rami potati continuano a vivere sotto altra forma e diventano lampade, portachiavi, orologi, vasi. Una filiera corta, sostenibile.
«Beh più corta di così non si potrebbe. Noi – riprende Antonio – potiamo gli alberi ma solo con dei potatori certificati dalla Scuola potatori olivi e una volta potato l’albero, lavoriamo i rami e diventano prodotti e se non è chilometro zero, data la distanza dai campi alla falegnameria, poco ci manca. Comunque dall’albero alla falegnameria e quindi al cliente».
Parlate anche di filiera etica perché?
«Perché al legno diamo ulteriore vita e non solo per fini di profitto ma perché vogliamo raccontare delle storie dimenticate o sconosciute legate al territorio, perché quell’albero non è solo produttore di olive, ma testimone della storia e infine perché aiuta un luogo lontano da lui che è il Salento dove andremo a piantare un albero per ogni vendita».

 

Un filo diretto con il Salento per l’impianto di nuovi ulivi

Il ricavato andrà ai corsi per agricoltori proprietari di uliveti e in parte per l’impianto di ulivi nel Salento, colpito dalla Xylella, in pratica come avverrà?
«Il profitto è d’obbligo perché siamo un’impresa, ma parte di quello, anche sostanziale, viene utilizzato per piantare un albero per ogni acquisto di un prodotto e in parte per finanziare corsi gratuiti che erogheremo sul territorio. Per ogni vendita faremo una donazione all’associazione “Olivami” che si trova in Puglia e loro si faranno carico di comprare l’ulivo e donarlo ai contadini per piantarlo».
I quattro soci sono di quattro distinte province della Calabria, ma il loro hub è a Dinami in provincia di Vibo Valentia. Lì si trova la falegnameria, gli uffici per la logistica, le spedizioni. Sono operativi dal 1 gennaio. La prima apparizione l’hanno fatta alla Fiera dell’Artigiano a Milano il 4 gennaio. Il lancio online dal 1° gennaio. Diverse le pubblicazioni locali e extraregionali a loro dedicate, tantissime condivisioni, mail e hanno ricevuto vari attestati diretti e indiretti di fiducia e di stima, cosa che li ha convinti ancora di più a proseguire su questa strada. Rispetto alla data programmata del 1° febbraio, hanno anticipato in questi giorni la vendita dei loro particolari complementi di arredo e anche il packaging è ecologico. Usano scatoli riciclabili e anche lo scotch è di carta e le foglie di ulivo all’interno sono reali.
In genere la comprate la legna da cui poi nascono gli oggetti?
«Nel business plan c’era la voce di spesa relativa all’acquisto della legna e al costo del potatore. Nei primissimi giorni di divulgazione del nostro progetto abbiamo ricevuto decina di mail di donatori che sposano il nostro progetto e ci regalano legna, aziende che condividono la nostra iniziativa o contadini e cittadini che vogliono dare un contributo con il supporto della materia prima».

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Firmato accordo per rigenerare i territori 

“Il bene dell’albero e della natura innanzitutto e massima tracciabilità”

Esiste un mercato della legna da ardere?
«Sì. So che esiste un sub mercato che è quello della potatura. Il potatore si reca dal proprietario terriero e offre il servizio e parte del pagamento viene effettuato in legna. Questo spesso spinge il potatore a fare ben oltre quello che è necessario fare all’albero. Quindi si tende a tagliare di più perché quella legna si può poi rivendere o utilizzare privatamente».
La vostra azione non potrebbe dare fastidio a qualcuno?
«Ci importa poco. Noi perseguiamo il corretto processo per il benessere dell’albero. Se qualcuno pensa che operare a favore della natura, dell’albero, sia una cosa sbagliata, lo pensa già a priori e non sarà il nostro operato a distoglierlo. E poi anche volendo i nostri volumi saranno sempre poco sostenuti. Siamo una piccola azienda non vogliamo fare vendita di massa. Quello che è successo in Puglia, potrebbe succedere ovunque in Italia. La prevenzione rispetto a questi monumenti vivi, gli uliveti, è fondamentale. Li dobbiamo preservare e il nostro patrimonio ambientale è prevalentemente composto da ulivi che non sono solo produttori di olio e legna. Chi compra i nostri prodotti artigianali porta a casa un pezzo di ulivo ancora vivo. Diamo tracciabilità millimetrica, indicando l’albero da cui proviene il legno. Una signora residente in provincia di Frosinone mi ha detto che verrà a trovare l’albero da cui è stato fatto l’oggetto che ha comprato».

 

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