
Analisi a tutto tondo dell’economista Alessandro Giraudo delle conseguenze che la recente firma del Trattato del Quirinale tra Italia e Francia potrebbe avere sugli equilibri dell’Unione Europea, in vista del dopo-Merkel e delle imminenti elezioni per il nuovo presidente francese
E’ strano, ma in Francia la stampa e le reti televisive hanno dedicato molto poco spazio al “Trattato per una cooperazione bilaterale rafforzata” fra Francia ed Italia, firmato a Roma dal presidente Macron e dal capo del governo italiano Draghi.
Eppure il trattato è importante e conferma l’impegno dei due paesi nel rilanciare l’idea di un’Europa che invece politicamene sta perdendo colpi sulla scena internazionale a causa di egoismi di vari paesi che vogliono beneficiare dei vantaggi dell’Europa senza rispettarne le regole generali per delle ragioni essenzialmente politiche nazionali. Macron ha deciso di ripetere l’esperienza quasi simile dell’accordo franco-tedesco di Aix-la-Chapelle del gennaio 2019, firmato da Frau Merkel ed il presidente Macron.
Cosa è il Trattato del Quirinale
Dopo Frau Merkel, alla ricerca di un partner solido
A Parigi il mondo politico vede questo accordo con Roma come un trampolino politico supplementare per Macron che ha, in un angolino del suo visore, le elezioni per la presidenza dell’aprile prossimo. Il successo del suo quinquennio è stato duramente penalizzato dalla crisi sanitaria. Numerosi uomini politici, vari osservatori ed anche molti elettori ammettono che la Francia ha tenuto bene di fronte alla crisi, ma il costo è molto elevato: il debito ormai è salito all’11% del PIL ed il deficit del budget rappresenta l’8,1% del PIL. Tutti affermano che Macron è riuscito a fare passare la Francia “fra le gocce della tempesta e fra i microbi del Covid” con delle enormi spese pubbliche; le critiche sono molto forti e razionali.
Macron si presenta alle elezioni su un piedistallo indebolito da questa realtà; ma davanti a lui c’è una opposizione molto debole e il duello Le Pen-Zemmour che forse lo favorisce. Macron ha bisogno di salire ancora un gradino nella classifica degli uomini politici europei, tenendo conto che Frau Merkel abbandona la scena politica e che i nuovi responsabili dell’esecutivo tedesco devono consolidare la loro immagine rapidamente; quasi nessuno li conosce! Quindi Macron gioca grosso sul piano politico europeo. Sa che i nuovi politici tedeschi devono farsi le ossa e che Draghi ha un carisma incredibile sul piano europeo ed internazionale…quindi è, in pratica, un uomo che può fare ombra ma anche aiutare Macron sulla scena europea, sapendo che il presidente francese voleva approfittare della partenza della sua amica Merkel per salire sul primo gradino del podio degli uomini europei più importanti.
L’acquisto del paracadute
Chiaramene Macron ha una forte vocazione europea e vuole assolutamente rilanciare l’idea dell’Europa che nella sua opinione sta perdendo colpi. Per il momento, non può contare (ancora!) sui nuovi attori arrivati sulla scena politica berlinese e quindi deve appoggiarsi su un alleato di grosso calibro: Draghi ed anche l’Italia la cui immagine, sbiadita nell’ultimo decennio da una compagine politica di serie C, sta ritornando sulla scena con abiti nuovi e soprattutto con facce nuove e molto carismatiche, anche se questi visi non sono totalmente nuovi ma possiedono un’immagine estremamente valorizzata e valorizzante.
Macron sta comprando un paracadute nel caso di un dialogo difficile con i nuovi politici tedeschi. Con Merkel, come in una coppia, le relazioni hanno avuto degli alti e dei bassi; ma l’l’intesa è sempre stata molto solida e cordiale, con una complicità reciproca di buona qualità. Macron, si dice a Parigi, teme i nuovi inquilini della Cancelleria tedesca. Ed il presidente francese sa anche che i rapporti con Boris Johnson sono, in questo momento, particolarmente difficili e che i contatti fra i due sono un dialogo di sordomuti che si guardano con gli occhi chiusi e dove ognuno pensa ai suoi interessi.
Giocare la “carta Draghi”
Macron ha deciso di puntare sul “cavallo Draghi” perché sa che è una carta vincente; non è un jolly che si può buttare sul tavolo ad ogni istante, ma è una carta pesante che può aiutarlo nella sua campagna elettorale. Macron, sovente consigliato da Jacques Attali (il vero presidente-ombra della Francia dal 1981), vuole sinceramente rilanciare l’Europa e non trova molti appoggi ”granitici” nella compagine europea; anzi si scontra con degli uomini politici che basano il loro successo su un nazionalismo e populismo molto consolidati…
D’altro canto, l’Italia ha un chiaro interesse ad approfittare dall’ondata positiva del momento che si manifesta con risultati incoraggianti sul piano economico ed una forte simpatia del mondo finanziario internazionale (vedasi l’evoluzione dello spread con tassi tedeschi ed i successi importanti delle aste dei buoni del tesoro italiani). Draghi sa che si è aperta una finestra con l’auf viedersehen di Frau Merkel. In Germania c’è un vuoto politico, tecnicamente temporaneo, che – però – potrebbe durare un certo tempo. La sedia non si è liberata, ma è possibile aggiungere un’altra sedia intorno al tavolo del potere in Europa… non uno sgabello, ma una vera poltrona!
Quindi l’interesse per i due firmatari del trattato è molto importante ed abbastanza simmetrico, anche se per delle ragioni differenti. Il più contento di tutti dovrebbe essere l’Europa che arranca nel confronto economico, politico e strategico con due grandi potenze (USA e Cina) e con un terzo contendente: la Russia di Putin è fortemente confortata dai prezzi delle materie prime, di cui il paese è un grande esportatore, e da una politica lungimirante (anche se con delle forti venature imperialiste e zariste, ma illuminate), del presidente Putin.
Un trattato che dipende dalle elezioni francesi

Il futuro di questo trattato dipende molto dai risultati delle prossime elezioni per la presidenza francese e dalle elezioni successive della Camera dei Deputati (giugno 2022). Macron dovrebbe essere rieletto, ma c’è il serio rischio che perda la maggioranza alla Camera. Se ne esce indebolito, del trattato rimarranno solo le scie di fumi tricolori delle due pattuglie acrobatiche che hanno sfrecciato nei cieli di Roma. Se Macron ritrova una grande conferma con il consenso popolare, l’accordo potrà dare dei risultati molto importanti e contro-bilanciare i primi annunci del prossimo esecutivo tedesco: questo ha già fatto saper che die Strenghe (il rigore del budget e della gestione finanziaria) sarà la parola-chiave della gestione e delle scelte politiche che l’Europa deve auto-imporsi. I primi messaggi tra le righe lanciati dai nuovi responsabili di Berlino sono orientati e chiedere con insistenza il rispetto del trattato di Maastricht…idea che, a Parigi, attira poche simpatie. Anzi, alcuni commentatori segnalano che il governo francese vorrebbe ridiscutere certi principi contenuti nel trattato, introducendo un concetto di flessibilità congiunturale; il nein di Berlino che era pallido, tenendo conto della crisi sanitaria, sta colorandosi di nero e la sua scrittura potrebbe passare da un tipo italico, fine e discreto, al grassetto…e magari dal corpo 12 al corpo 16…
*Alessandro Giraudo vive a Parigi da vari anni, economista, insegna Finanza Internazionale e Storia della Finanza in una Grande Ecole di Parigi ed è autore di vari libri di storia economica