Transizione ecologica: in Francia un ministro Verde dal bilancio in rosso

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Il 10 aprile 2022 si vota in Francia. Cosa sta succedendo in questi giorni? (foto CSprotte da Pixabay)

Il Ministero della transizione ecologica in Francia sembra non essere mai decollato: perchè? Nostra intervista all’economista Alessandro Giraudo: “Un ministero con molte funzioni ma che non sa esprimersi su questioni importanti”

La recente istituzione in Italia del Ministero della transizione ecologica ha rappresentato nel Governo quella tanto attesa ventata di novità e innovazione, e ora che il Consiglio dei Ministri ha approvato il Decreto Legge “Ministeri” è più chiaro quali sono le deleghe che il neonato dicastero assomma, come ha appena dichiarato il ministro Roberto Cingolani: «Quella energetica, delle emissioni, lo sviluppo sostenibile, la mobilità green, le politiche di contrasto ai cambiamenti climatici. Senza dimenticare la mission storica del ministero: la valorizzazione dell’ambiente, del territorio e dell’ecosistema, la conservazione delle aree naturali protette e della biodiversità, l’economia circolare, le bonifiche, la difesa del territorio e la lotta ai danni ambientali».

Cingolani dovrà coordinare verosimilmente alcune delle funzioni di ben 4 ministeri (Sviluppo economico per tutto quanto attiene all’energia, Infrastrutture e trasporti per la mobilità, Agricoltura per i biocombustibili e Ambiente, che di suo assomma le competenze in materia di clima, sviluppo sostenibile, economia circolare, energia, qualità dell’aria), senza dire del controllo su organismi significativi come il CIPESS, ex CIPE, il comitato interministeriale che alla programmazione economica ha aggiunto a inizio anno lo sviluppo sostenibile.

In Francia un ministero da 50 anni

A prima vista il nostro Ministero della transizione ecologica somiglia parecchio, per la mole di competenze, e non solo per il nome, al suo omonimo e omologo francese, il Ministère de la Transition écologique . Un ministero, quello francese, che ha compiuto da poche settimane 50 anni ma che ha avuto una vita travagliata passando dall’originario Ministero della protezione della natura e dell’ambiente al più agile Ministero della qualità della vita, per poi trasformarsi in Ministero “dell’ambiente e del modo di vivere”, “dello sviluppo sostenibile” e (abbiamo omesso un bel po’ di diciture del ministero) arrivare nel 2017  a essere il dicastero della transizione ecologica e inclusiva e infine, Ministero della Transizione ecologica.

Il cambio vorticoso di nomi rappresenta un cambio di impostazione politica? Ci sono più somiglianze o più differenze tra il giovanissimo ministero italiano e il navigato fratello francese?   Lo abbiamo chiesto all’economista Alessandro Giraudo, italiano di nascita ma stabilmente da anni a Parigi dove insegna Finanza internazionale e Storia Economica della Finanza in una delle Grandes Ecoles di Parigi. *

L’intervista

Professor Giraudo, partiamo da una considerazione: in Francia il Ministero per la transizione ecologica non ha mai avuto vita facile, a cominciare dal nome. E’ così?

Alessandro Giraudo@LaVanguardia-Web-
Alessandro Giraudo (@LaVanguardia-Web)

R.: Certo. Nei suoi 50 anni di vita si sono succeduti 32 ministri, tutti del partito dei Verdi o ecologisti, molti dei quali hanno dato le dimissioni sbattendo la porta. Addirittura dal 2013 sono stati 7 i ministri che si sono dimessi. E’ stato sempre così, sin da quando nel 1971 il Presidente Pompidou istituì questo Ministero affidandolo a Robert Poujade. Con una precisazione non da poco: il ministero era sotto il controllo del Primo Ministro Chaban Delmas, quindi non del tutto autonomo. E forse per questo Poujade in suo libro del 1975 aveva qualificato il suo ministero “il ministero dell’impossibile”.

 Perché ministero dell’impossibile ?

R.: Perché ha molte responsabilità ma è schiacciato dai vincoli imposti da lobby industriali come quelle delle case automobilistiche. E’ un ministero corposo, con oltre 41mila addetti, e con molte competenze: la transizione energetica (in particolare in termini di tariffe), l’energia, il clima, le tecnologie verdi, le infrastrutture, i trasporti marittimi e aerei, la pianificazione, l’edilizia abitativa, la biodiversità e la natura, la prevenzione dei rischi e la sicurezza stradale. Il tutto attraverso numerosi dipartimenti e una rete tecnico-scientifica di 16mila esperti che intervengono su questioni come l’urbanistica, la gestione del patrimonio e delle infrastrutture, la sicurezza stradale, la prevenzione dei rischi. Ma il dialogo tra i veri Verdi che vogliono una reale transizione ecologica e il mondo economico è molto difficile e contraddittorio. Le lobby industriali si fanno pagare molto care le compensazioni delle perdite o gli investimenti in nuove linee produttive.

“Dialogo difficile tra ministri e lobby industriali”

In che senso?

R.: Alcune misure prese dal Governo francese non vanno nella direzione ecologica: penso al  rilancio della produzione nucleare, alla promozione dei veicoli diesel (che adesso il governo cerca di correggere), alla preferenza per i trasporti su gomma a scapito di quelli su rotaia. L’ecologia è ufficialmente nei programmi del presidente Macron e dei partiti, ma nei fatti significa sacrifici, costi di produzione, che non tutti sono disposti a pagare. Pensiamo alle auto elettriche, diffuse ma ancora molto costose. Per non parlare della ricerca nel settore delle auto a idrogeno: ci sono mezzi pubblici a idrogeno ma non auto private. E il Ministero non premerà per la loro diffusione o se lo farà lo farà con molta lentezza, anche perché non c’è ancora una grossa rete di distribuzione. Faccio un altro esempio. Il programma eolico gode di uno strano finanziamento: se non c’è vento il produttore è autorizzato a produrre energia eolica con energia elettrica. Non è strano?

Lei l’ha definita un’operazione di marketing…

R.: Esatto. Il ministero ha molte funzioni ma non si esprime su questioni importanti, per esempio sugli sviluppi di COP 21. Insomma non tutto ma di tutto….  Il ministero ora include la politica abitativa, ma perde l’economia sociale e solidale, che ora spetta al Ministero dell’Economia e delle Finanze. E anche questa è una scelta politica.

 “La ministra Pompili, un personaggio poco incisivo” 

Voi avete una ministra che proviene dalle file dei verdi, quindi quella di Macron è stata una scelta politica, mentre in Italia è stata fatta una scelta tecnica con Roberto Cingolani. Le promesse fatte in periodo elettorale sono state mantenute o disattese?

R.: La ministra Barbara Pompili è una verde, passata al partito socialista e poi al partito di Macron. Non è un personaggio molto incisivo, si può dire che assecondi le scelte del Presidente. Con lei la voce “ambiente” non ha fatto grandi passi in avanti. Ad esempio, non è stata affrontata con decisione la questione nucleare. Attualmente ci sono 62 centrali che però hanno in media 50 anni. Sono da ristrutturare o da distruggere e si pone il problema di dove mettere i rifiuti. Il deposito di superficie di La Manche è stato riempito e quello di L’Aube è stato progettato per ospitare 1 milione di metri cubi di rifiuti a bassa densità. Ma sono sicuro che una parte finirà in Africa, il più grande “cassonetto delle immondizie” del mondo insieme ai paesi asiatici.

Può fare un bilancio dell’attività del ministro per la transizione ecologica?

R.: Più che un bilancio “verde” lo definirei un bilancio “in rosso”. Giorni fa il ministero ha pubblicato un bilancio della situazione dell’ecologia in Francia. Anche se ci sono progressi, ad esempio nella qualità dell’aria e nella manutenzione dei corsi d’acqua, per ammissione del ministero stesso la Francia è ben lungi dall’aver raggiunto i suoi obiettivi, in particolare per quanto riguarda il cambiamento climatico e la riduzione delle specie animali.

“Un bilancio in rosso”

La ministra francese della transizione ecologica Barbara Pompili (Foto Pmau-Wikipedia)
La ministra francese della transizione ecologica Barbara Pompili (Foto Pmau-Wikipedia)

Ecco il bilancio del ministero: fra 1990 e  2018 la riduzione del consumo di CO2 è stata solo del 18% e sempre del 18% la riduzione delle specie di animali (su un totale di 10mila in Francia e nei territori di oltremare); 48mila i  decessi /anno a causa dell’inquinam.atmosferico;18mila comuni e 6800 siti sono a rischio inquinamento; non si registra alcun miglioramento nella qualità delle falde acquifere. In definitiva non si registrano miglioramenti significativi nella protezione dall’inquinamento. Investire “verde” costa, per questo parlo di un bilancio in rosso.

L’ultima domanda: in Francia si parla del nostro Ministero della transizione ecologica?

R.: Molto poco, perché attualmente la stampa francese è concentrata sul contrasto al covid (su cui Macron ha avuto una comunicazione molto infelice) e sulla figura del nuovo premier Mario Draghi. Questo perchè si vuole rinvigorire quell’asse Italia/Francia/ Germania, che rischia di indebolirsi con la prossima uscita di scena di Angela Merkel senza che ci sia un successore con lo stesso carisma, e con  Macron  alle prese con le elezioni in programma tra due anni. Per ora la fiducia francese e internazionale verso Draghi  è alle stelle, speriamo che non finisca nelle stalle…

 

*Alessandro Giraudo, piemontese, 72 anni, è un economista. Ha studiato a Torino, Genova, Berkeley (con lo storico Carlo Maria Cipolla) e Salisburgo; tra i suoi maestri anche Umberto Eco e Romano Prodi. Ha lavorato a Torino, Milano, New York, Ginevra, Zurigo, Amsterdam e Parigi, dove è Chief Economist del gruppo internazionale Tradition.
E’ autore di una ventina di libri tra saggi di storia economica e romanzi tradotti in diverse lingue.

 

 

 

 

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