
Il progetto “Mare caldo” monitorerà la temperatura del mare. Obiettivo, capire quanto gli ecosistemi marini vengono modificati dall’innalzamento della temperatura
Torre Guaceto sarà una stazione per il misuramento della temperatura del mare. Il Consorzio di Gestione dell’Area Marina Protetta e Riserva Naturale dello Stato ha aderito al progetto “Mare caldo” dell’associazione ambientalista Greenpeace. La decisione di partecipare all’iniziativa si aggiunge ad altre azioni per la tutela e la promozione della riserva che prenderanno forma a breve.
“Mare caldo”, che vede partner Greenpeace e il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Ambiente e della Vita dell’Università degli Studi di Genova, si propone di raccogliere quanti più dati possibili circa lo stato di salute del polmone blu.
Il punto di partenza è la constatazione del fatto che sono ancora pochi gli studi realizzati sull’effetto dei cambiamenti climatici che considerino grandi scale spaziali e lunghe serie temporali di dati. Per questo motivo, proprio per migliorare la capacità di valutazione dell’impatto dei cambiamenti climatici sugli ecosistemi marini, si è resa necessaria la raccolta continuativa di dati rappresentativi delle variabili ambientali, come la temperatura.
Comprendere come l’innalzamento della temperatura dell’acqua influisca sulla struttura e sul funzionamento degli ecosistemi marini è fondamentale anche per indirizzare le politiche e le strategie di gestione e conservazione del mare. La temperatura dell’acqua può essere misurata con diversi sensori che non hanno alcun impatto sugli habitat. Nei prossimi mesi diversi sensori saranno posizionati nelle zone A e C dell’Area Marina Protetta ed inizierà la raccolta dei dati.
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A maggio 2021 un processo per danneggiamento dell’ecosistema
Tra le attività di tutela della zona c’è anche la costituzione parte civile del consorzio di tutela Torre Guaceto nell’ambito di un processo che partirà il prossimo maggio a carico di un privato che gestisce un lido nell’Area Marina Protetta. L’ipotesi di reato è il danneggiamento dell’ecosistema protetto provocato con l’asportazione di sabbia dall’arenile della riserva e relativo spostamento all’interno dell’area demaniale in sua concessione. Il procedimento in questione ha avuto origine dagli accertamenti svolti sul campo dagli uomini della capitaneria di porto a seguito di una denuncia fatta dal Consorzio nell’estate 2019.