
Il devastante terremoto che quarant’anni fa provocò nel 1980 quasi 3mila morti ha lasciato molte ferite non ancora guarite, prima fra tutte il mancato investimento in figure tecniche professionali negli enti pubblici. Il parere di Salvatore Valletta, presidente dell’Ordine Geologi Puglia
Un’ importante conseguenza del terremoto del 23 novembre 1980 in Irpinia, che provocò 2.914 morti (secondo le fonti più accreditate), 8.848 feriti e circa 280.000 sfollati, è stata la nascita del Dipartimento della Protezione civile. Lo slancio dei mesi immediatamente successivi a quell’evento è andato perso? Lo abbiamo chiesto a Salvatore Valletta, presidente dell’Ordine dei Geologi della Puglia.
“Nell’ ’80 mancava una rete di monitoraggio”
Valletta, perché ricordare un evento tragico come quello del terremoto dell’Irpinia? A cosa deve servire il ricordo dopo 40 anni?
«Il terremoto del 23 novembre 1980 ha lasciato una traccia indelebile in quanti l’hanno vissuto direttamente o anche solo come occasione di studio. Io ero studente delle superiori e l’anno seguente decisi di iscrivermi al Corso di laurea in Scienze Geologiche.
«A distanza di quarant’anni possiamo senz’altro ricordare questo terremoto come uno degli eventi più indicativi della storia sismica del nostro Paese, non solo per le sue conseguenze, ma anche perché ha rappresentato un punto di svolta scientifico e normativo per la difesa dai terremoti e per l’organizzazione della Protezione Civile. Infatti, dopo il terremoto dell’Irpinia la comunità scientifica elabora la prima proposta di riclassificazione sismica del territorio basata su criteri tecnico-scientifici».
Quindi si comincia a guardare a questi eventi in una maniera meno approssimativa?
«Certo. Il 1980 sancisce anche la nascita in Italia della rete sismometrica di sorveglianza del territorio. Infatti, l’assenza di una rete di monitoraggio era stata tra i motivi dei ritardi nei soccorsi e nella definizione del quadro degli effetti e sull’effettiva entità della popolazione coinvolta.
Il 1980 segna anche la nascita della Protezione Civile in Italia e nel 1982 il Dipartimento della Protezione Civile, e Zamberletti è nominato Ministro per il Coordinamento della PC. Si svilupperanno le attività di previsione e prevenzione che porteranno nel 1992 alla legge n. 225 istitutiva del Servizio Nazionale della Protezione Civile, aprendo la strada all’assetto attuale del sistema. Ricordare quegli eventi vuol dire tenere viva l’attenzione non solo per ciò che è accaduto ma ancor di più per ciò che potrebbe accadere di nuovo non solo nei luoghi già noti per eventi simili ma anche in territori in cui la memoria si è affievolita».
Quali strategie?
Quali sono le strategie da attuarsi per ridurre i rischi di danni in caso di eventi tellurici, del tutto imprevedibili?
«L’impegno di tutti, amministratori, tecnici, ricercatori è quello di operare in maniera sinergica per migliorare il quadro delle conoscenze scientifiche e destinare strumenti normativi e finanziari alla protezione sismica del territorio. Bisogna recuperare un nuovo approccio alla cultura del territorio che ponga al centro la cultura del rischio e la consapevolezza della vulnerabilità del nostro costruito. Basti pensare che circa il 60% delle nostre scuole risale a prima del 1976 e cioè prima di una vera e propria normativa antisismica, e che più del 40% degli uffici comunali risale a prima del 1945».
Il sisma bonus può rappresentare una strategia statale per la ricostruzione di idonee condizioni sicurezza?
«Incentivi finalizzati alla riduzione del rischio sismico come il sisma bonus, non prevedendo particolari requisiti prestazionali post intervento, non risultano del tutto efficaci in questo campo. Bisognerebbe individuare misure più snelle ed efficaci per favorire gli interventi sugli edifici esistenti a valle del completamento degli studi di microzonazione sismica, stabilendo delle priorità di intervento.
«E’ comunque necessario intervenire sulla domanda di sicurezza del costruito partendo dalla formazione e informazione nelle scuole e nelle università, ambiti dove si fa ancora molto poco per l’affermazione della cultura del rischio».
“Un deficit di prevenzione e di preparazione”
È nota la criticità geomorfologica del nostro paese: l’Italia sta sempre rincorrendo il territorio per fermarlo. È giusto intervenire dopo per riparare, o sarebbe più giusto aiutare la cultura della prevenzione “liberando” il territorio occupato impropriamente e male, per ripristinare le situazioni ex ante e lasciare così alla natura la riconquista dei suoi spazi?

«E’ urgente far affermare la cultura della prevenzione. I terremoti nel nostro Paese confermano, purtroppo, un sistematico deficit di prevenzione e di preparazione all’emergenza. Bisogna ancora lavorare tanto per favorire lo sviluppo dell’azione di monitoraggio, della ricerca scientifica nel campo sismologico e della capacità di intervenire dopo gli eventi.
«In Italia la normativa sismica e la classificazione sismica del territorio è andata avanti e si è perfezionata inseguendo gli eventi. E’ necessario investire nella ricerca e nel consolidamento degli Uffici tecnici a tutti i livelli della Pubblica amministrazione con l’assunzione significativa di personale tecnico qualificato (geologi, ingegneri ed altre figure professionali) nell’ambito di un riassetto di alcune funzioni istituzionali. Si tratta in sostanza di costruire o consolidare strutture attive nel settore degli sudi e prevenzione dei rischi geologici.»
Qual è la situazione in Puglia?
« In Puglia si avverte l’assenza di una Sezione Geologica Regionale capace di gestire tutti i diversi aspetti della prevenzione sismica, idraulica e geo-idrologica in una ottica di protezione reale delle popolazioni e del patrimonio. In questo percorso di approfondimenti tecnici potrebbero anche rendersi necessarie alcune delocalizzazioni del costruito per consentire il regolare riequilibrio idro-geo-morfologico. I geologi, per lo specifico profilo professionale, possono contribuire significativamente a qualificare le strutture tecniche».
* SALVATORE VALLETTA, geologo, è Presidente in carica dell’Ordine dei Geologi della Puglia. Direttore editoriale e componente del Coordinamento scientifico del periodico “Geologi e Territorio” e di altre riviste di settore, curatore di numerosi volumi, è stato responsabile per la Puglia dello Sportello europeo di informazione per le aree rurali e coordinatore di progetti comunitari di sensibilizzazione ambientale. Già Presidente della SIGEA – Società Italiana di Geologia Ambientale – Sezione Puglia, ha ricoperto numerosi incarichi regionali nel campo della geologia, partecipando anche al primo censimento dei geositi e delle emergenze geologiche della Regione Puglia.