Tecnologia vs materie prime. Chi vincerà?

(foto Pixabay)

Il braccio di ferro fra paesi con materie prime e paesi che dispongono di capitali e della tecnologia

 

di Alessandro Giraudo*

Attualmente è in corso un grosso duello fra i paesi che dispongono della tecnologia e dei capitali e quelli che possiedono le materie prime. È un vecchio conflitto che da sempre ha costellato la storia.

Duelli di tutti e tempi e latitudini

Basti pensare alle conquiste dei Romani spesso orientate dalla ricerca di materiali strategici, all’espansione del mondo arabo verso la Spagna e l’est degli Urali, alle Crociate che erano una formula per controllare meglio il mondo delle spezie, all’oro ed all’argento che hanno finanziato el siglo de oro della penisola iberica, per non parlare delle grandi Compagnie delle Indie orientali che negoziavano materie prime e appoggiavano il potere olandese ed inglese. La Grand Bretagna ha avuto a disposizione le materie prime dei paesi del Commonwealth, oltre alla Royal Navy, e l’Europa continentale ha beneficiato di uno sviluppo largamente favorito dalla tecnologia, dai capitali e dall’abbondante disponibilità di materie prime trovate nei paesi colonizzati.

Chi sta vincendo il braccio di ferro?

Gli attuali vincitori di questo conflitto sono essenzialmente i paesi che dispongono dei tre jolly: capitale, tecnologia e materie prime. In pratica, si tratta degli USA ed in parte della Cina.

Classifica dei paesi tecnologicamente più avanzati del mondo (Fonte: Global finance – Sept. 2022)

Gli Stati Uniti hanno a loro disposizione una tecnologia di alto livello e dei capitali, anche se sono finanziati dagli investitori stranieri: Wall Street attira masse enormi di capitali ed ancora i capitali stranieri finanziano il colossale deficit del budget…è il prezzo da pagare per comprare la protezione dell’ombrello nucleare americano!

Nelle riserve delle banche centrali del mondo intero figurano i buoni del tesoro americani per più di 4 000 miliardi di dollari, sapendo che a fine giugno (ultime statistiche pubblicate dal Ministero del Tesoro americano) gli investitori stranieri detenevano 7 202 miliardi di dollari di buoni del tesoro americani (Reuters, 16.0.2022). E gli USA dispongono anche di cerali, di numerosi metalli e di energia; erano un paese netto importatore di energia che dipendeva essenzialmente dal Medio-Oriente; ora, il paese è un netto esportatore e la politica estera degli USA riflette un minore interesse ed una implicazione ridotta nel mondo medio-orientale.

La Cina rappresenta il 15% del PIL mondiale, ancora il 15% della popolazione, ma il 35% della produzione globale di beni industriali ed il 21.5% del commercio mondiale. Dispone di una massa importante di capitali e, inoltre, riesce ad attirarli; il paese può contare sulle più grandi riserve mondiali (3055 miliardi di dollari a fine agosto, secondo le statistiche delle PBoC, la Banca centrale della Cina. Inizialmente il paese importava la tecnologia; ora continua ad importarla ma ha saputo acquisire una capacità di svilupparla… e possiede una tecnologia relativamente sofisticata.

Il paese è un grosso produttore di materie prime ma ne è anche il più grande importatore: la fame pantagruelica della Cina fissa gli equilibri dei prezzi di varie materie prime sui mercati internazionali e le tre borse delle materie prime esistenti in Cina rivaleggiano con le borse mondiali localizzate essenzialmente a Londra ed a New York-Chicago. Bisogna inoltre ricordare che Hong Kong ha comprato il LME, la borsa dei metalli di Londra.  E la Cina è cosciente di questa debolezza nell’approvvigionamento delle commodities: ecco perché ha invaso commercialmente l’Africa e sta sviluppano le regioni all’ovest del paese con il progetto della via della seta.

L’Europa orfana di energia

L’Europa dispone del tandem capitali-tecnologia, anche se ha delocalizzato una larga fetta della produzione all’esterno; attualmente, sta cercando di rimpatriare la produzione ad alta tecnologia e cerca di trattenere localmente la tecnologia del futuro. Ma manca drammaticamente di energia e di materie prime che, nel passato, controllava con le colonie. Il continente europeo sta subendo il contraccolpo del braccio di ferro…vedasi la debolezza dell’euro!

Al capezzale del Medio Oriente

Il Medio-Oriente e l’Africa del Nord dispongono di molta energia ed anche di metalli ma entrambi sono affetti dalla grave malattia olandese: la Dutch disease mina tutti i paesi che dispongono di una rendita da materie prime che spesso è male distribuita, male utilizzata e molto ben sprecata. Negli ultimi anni, il Medio-Oriente ha perso, in parte, il suo ruolo di chiave di volta sul mercato dell’energia e dipende in larga misura dalle importazioni di cerali. Per esempio l’Egitto, che era il grande granaio della Roma imperiale, è ora il secondo importatore mondiale di grano ed il governo deve sovvenzionare le importazioni per calmierare i prezzi del pane al fine di evitare delle rivolte della popolazione.

 L’Africa, la vera cornucopia delle materie prime

Il continente africano è un forziere delle materie prime, anche se manca di cereali. Ma, purtroppo, non dispone di capitali e di tecnologia ed il suo sviluppo è minato dalla corruzione e dal malgoverno. Attualmente, è destinato ad essere una vittima del mondo attuale e rimane un terreno di conquista. Basta vedere la strategia commerciale e politica di due paesi come la Russia e la Cina, che approfittano largamene del progressivo abbandono dell’Africa dei capitali e degli interessi europei ed americani. Le ultime decisioni ufficiali francesi (la società Bolloré, il gruppo di credito BNP Paribas ed anche, su un piano militare, il ritiro del governo francese dall’operazione Barkhane) sono una conferma di questo orientamento. Il continente è un grande produttore di numerosi metalli e di prodotti coloniali (caffè, cacao).

Cosa succede in Asia?

L’Asia è una tradizionale regione produttrice di materie prime, soprattutto di metalli (il croissant malese-indonesiano), di carbone (India, Indonesia, Cina e Vietnam), di gomma naturale (Tailandia, Indonesia, Malesia), di caffè (Vietnam), di zucchero (India e Tailandia), di cacao (Indonesia, terzo produttore mondiale). Ma non dispone di capitali e di tecnologia, escludendo i paesi come il Giappone, la Corea e Taiwan.

I grandi centri finanziari nel mondo (dati 2018 ) fonte: https://web.archive.org/web/20111008222617/http://zyen.com/PDF/GFCI%2010.pdf

Intanto l’Asia centrale sta diventando un grande centro di interesse. È molto ricca di materie prime: è sufficiente pensare, per esempio, al Kazakhistan che produce il 40% dell’uranio mondiale ed ai grandi bacini dell’energia nella Siberia occidentale (petrolio all’est degli Urali, i bacini metaniferi Nadyn-Pur-Taz e di Yamal) ed orientale (il famoso petrolio ESPO e quello prodotto nell’isola di Sakhalin). La regione era, nell’anno Mille, il grande bacino minerario dell’Europa. La Russia e la Cina stanno «invadendo» questa regione e, ancora una volta, bisogna pensare al progetto cinese della strada della seta che rappresenta il « go west » del presidente Xi.

Due continenti in crisi

Infine, l’America Latina e l’Australia: si tratta di due continenti ricchi in materie prime, ma poveri di capitali e di tecnologia ed essenzialmente dipendenti dalle strategie di investimento delle grandi imprese minerarie internazionali.

Cosa accadrà?

Bisogna ricordare, guardando oltre la guerra attuale, che la rivoluzione energetica in atto potrà, se tutto andrà bene, ridurre il fabbisogno di energie fossili ma ha un enorme bisogno di capitali, di tecnologia (sovente totalmente nuova ed ancora da inventare) e di certe materie prime (dal rame per creare una grande rete di distribuzione di elettricità destinata ai mezzi di trasporto ed ai metalli rari che sono essenziali per la produzione di rotori per le eoliche e per i grandi pannelli solari).

 

(*Alessandro Giraudo, insegna Finanza Internazionale e Geopolitica delle materie prime in due Grandes Ecoles di Parigi; è l’autore di “Storie straordinarie delle materie prime” (vol 1-2 – ADD editore).

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