Sequestrata la cala di Porto Miggiano nel comune di Santa Cesarea Terme nel Salento. Gli uomini del Nucleo Investigativo per la Protezione dell’Ambiente (NIPAF) del Corpo Forestale dello Stato di Lecce (nella foto al lato) hanno eseguito il sequestro penale d’urgenza disposto dai Sostituti Procuratori Elsa Valeria Mignone e Antonio Negro e apposto i sigilli a tutta l’area che sovrasta la baia e il costone roccioso di cui si stavano effettuando i lavori di consolidamento, costati 3milioni di euro di fondi CIPE, (Fondo Sviluppo e Coesione per il Sud).
Con le accuse di concorso formale in reato edilizio, nella circostanza di lottizzazione abusiva di terreni in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, in variazione essenziale, in totale difformità o in assenza di permesso e distruzione o deturpamento di bellezze naturali, sono stati iscritti sul registro degli indagati Salvatore Bleve, dirigente responsabile dei lavori pubblici del Comune di Santa Cesarea Terme e responsabile unico del procedimento, Daniele Serio, direttore dei lavori incaricato dalla società di progettazione Politecnica S.c.a.r.l. e Maria Grazia Doriana, amministratore unico della C.E.M. S.p.a, ditta esecutrice.
Il sospetto degli inquirenti è che le opere realizzate non fossero finalizzate al consolidamento roccioso del litorale ma bensì a realizzare piattaforme che potessero favorire insediamenti di tipo turistico-balneare. Proprio sulle piattaforme, inoltre, si precisa che hanno dimensioni “assai maggiori di quelle in progetto la cui funzione dichiarata era di accesso al piede per interventi di manutenzione” e, inoltre, “l’artificializzazione del terreno costiero è capace di modificare sensibilmente il regime idrogeologico” di superficie e della falda.
Il sequestro si è reso, quindi, necessario per evitare la prosecuzione dei lavori (vedi foto a fianco) che avrebbero potuto eventualmente “pregiudicare irreversibilmente lo svolgimento degli accertamenti tecnici in corso”.
Ulteriori accertamenti sono in corso per verificare la conformità dei lavori già portati a termine, iniziati ad aprile 2011. Infatti, secondo i periti nominati dalla Procura di Lecce, Dino Borri e Giuseppe Roberto Tommasicchio, i lavori di consolidamento sarebbero serviti alla successiva edificazione di altre opere.
Secondo i magistrati, lo sbancamento dell’ampia zona verde, già sopravvissuta alla costruzione di un resort con piscine progettato negli anni ’80 e lo sversamento in mare di decine di tonnellate di detriti, avrebbero creato un grande impatto ambientale in una delle zone più belle del Salento, con la sua discesa a mare, la “cala dei 100 scalini”.
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