Mortalità più alta del 15% nei siti inquinati della Penisola, rispetto alla media regionale, per le cause di morte correlate al rischio ambientale. A stabilirlo è lo studio Sentieri (Studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio da inquinamento), presentato in occasione del 35° Congresso annuale dell’Associazione italiana di epidemiologia. Il lavoro, coordinato dall’Istituto superiore di sanità, in collaborazione con l’Università di Roma Sapienza, il Centro europeo ambiente e salute Oms, il Dipartimento di epidemiologia del Servizio sanitario regionale del Lazio e l’Istituto di fisiologia clinica del Cnr, è durato cinque anni e ha analizzato il rischio per la salute della popolazione residente in 44 siti contaminati per i quali sono state avviate, e in alcuni casi concluse, le bonifiche ambientali. Le analisi hanno mostrato un eccesso di mortalità complessivo di circa 1.200 casi l’anno, particolarmente evidente nei siti inquinati dell’Italia meridionale. Decessi imputabili a diossina e amianto, ma anche petrolio, piombo, Pcb e mercurio.