Gli oltre due milioni di sostenitori della campagna Greenpeace Save the Arctic hanno ottenuto una parziale vittoria: oggi, 28 febbraio, il colosso petrolifero Shell ha annunciato di voler abbandonare per il 2013 i propri piani di estrazione del petrolio al largo delle coste dell’Alaska, nell’Artico.
La decisione è stata presa in seguito al naufragio, avvenuto due mesi fa, della piattaforma petrolifera Kulluk vicino all’isola di Kodiak in Alaska (documentato dalla foto), paradiso di biodiversità: «una disavventura che ha messo in dubbio la reputazione di Shell come migliore azienda del settore, segno che anche chi si crede il migliore ha difficoltà nelle trivellazioni nell’Artico», puntualizza Giorgia Monti, responsabile campagna mare di Greenpeace.
… E in Italia? Qual è la situazione? Shell mira a trivellare il Mediterraneo, dal Canale di Sicilia al Mar Ionio: sono in via di autorizzazione proprio in questi mesi due progetti di ricerca della Shell nel Golfo di Taranto, nonostante la forte opposizione delle comunità locali.
Nei mari italiani si sta attuando una corsa al petrolio: la settimana scorsa è arrivata l’autorizzazione della piattaforma Ombrina Mare al largo delle coste abruzzesi; l’Eni ha ottenuto l’esclusione dalla VIA per i suoi progetti nel Golfo di Taranto. Chi salirà adesso al Governo – fa notare Greenpeace – avrà anche la responsabilità di dover scegliere come intende gestire le risorse del nostro mare: tutelarle a beneficio dell’economia locale (pesca e turismo), o svenderle ai petrolieri ipotecando il futuro di chi vive sulle coste.