Salviamo le collezioni di germoplasma

La ricerca in Puglia e a Bari in particolare, nonostante la nota carenza di fondi ha raggiunto in alcuni settori livelli di eccellenza che tutto il mondo ci invidia. Abbiamo parlato in precedenza dello sviluppo di una nuova tecnologia di trattamento delle acque di scarico, nota con l’acronimo SBBGR (Sequencing Batch Biofilter Granular Reactor) condotto dall’IRSA, Istituto di Ricerca sulle Acque del CNR, il Consiglio Nazionale delle Ricerche; l’applicazione della plasmonica al fotovoltaico, del laboratorio di Plasmochimica dell’IMIP, Istituto di Metodologia Inorganica e dei Plasmi, del CNR e, sempre del CNR, è l’IGV, l’Istituto di Genetica Vegetale, dove si studia la diversità vegetale, la conservazione e, soprattutto, l’agrobiodiversità. Questo istituto è importante perché possiede una banca molto particolare. La banca del Germoplasma.

<p>la targa all'ingresso delle camere di conservazione dell'istituto di genetica vegetale</p>
la targa all'ingresso delle camere di conservazione dell'istituto di genetica vegetale

Lì sono conservati 84.000 campioni di semi rari appartenenti a oltre 50 generi e 600 specie diverse di piante agrarie, che costituiscono l’80% delle Risorse Genetiche Italiane (soprattutto di cereali, leguminose, piante da orto, piante foraggere, piante medicinali ecc.). La banca del Germoplasma di Bari è unica in Italia, seconda in Europa e tra le prime dieci nel mondo per dimensioni delle collezioni e per gli standard tecnologici internazionali della conservazione. Il materiale biologico raccolto e conservato negli ultimi 40 anni di attività della banca del seme di Bari è ormai estinto sia nei campi coltivati (per le specie coltivate), sia in natura (per le specie selvatiche e affini alle piante coltivate) e non è più reperibile in nessun Paese di origine del Mediterraneo, dell’Africa e dell’Asia.

<p>il materiale per la lunga conservazione, quello che teoricamente dovrebbe durare più a lungo è conservato in barattolo nella cella a -20°C </p>
il materiale per la lunga conservazione, quello che teoricamente dovrebbe durare più a lungo è conservato in barattolo nella cella a -20°C

Grazie ad Andrea Filippetti, professore associato diRisorse Genetiche Agrarie” alla Facoltà di Agraria dell’Università degli studi di Bari, abbiamo ricostruito la storia dell’attuale IGV. Nel 1969, dietro la spinta del CNR che riconosce l’urgente necessità di preservare il patrimonio di risorse genetiche vegetali nasce a Bari il Laboratorio del Germoplasma, interamente dedicato alla raccolta, acquisizione e conservazione delle risorse genetiche delle piante coltivate nei Paesi del Mediterraneo, in Medio Oriente e in Asia. Nel 1979 il Laboratorio del Germoplasma è elevato a Istituto del Germoplasma. Nonostante l’enorme e proficuo lavoro svolto negli anni dall’Istituto, in particolare dal 1971 al 1996 ha organizzato ottantuno missioni di esplorazione e raccolta di germoplasma, condotte non solo nell’area mediterranea Italia compresa ma anche in Somalia e Sud Africa, un piano di riordino del CNR penalizza l’IGV.

<p>cella a 0°C dove viene conservato il materiale attivo, quello che viene utilizzato per le attività di laboratorio</p>
cella a 0°C dove viene conservato il materiale attivo, quello che viene utilizzato per le attività di laboratorio

Il Governo, nonostante obbligato dal Trattato Internazionale FAO sulle Risorse Fitogeniche per l’Alimentazione e l’Agricoltura del 6 giugno 2002 non interviene. E succede che il germoplasma conservato nella Banca del seme di Bari, «patrimonio di inestimabile valore scientifico ed economico, corre un grave rischio di deterioramento, essendo fuori uso (per più di un anno) i due impianti del freddo che ne consentivano la conservazione alle basse temperature previste dai protocolli internazionali della FAO in materia di salvaguardia delle Risorse Fitogenetiche per l’Alimentazione e l’Agricoltura». Il 1° ottobre del 2004, in seguito a un esposto, l’allora Procuratore della Repubblica Aggiunto dott. Marco Dinapoli, pone sotto sequestro giudiziario le camere di conservazione e degli impianti del freddo con tutto il materiale biologico in esse conservato e affida l’attività di Consulente Tecnico sul monitoraggio della vitalità dei semi rari conservati e sul danno biologico dei semi monitorati al professor Filippetti. Quindi ordina che vengano eseguiti i lavori per il ripristino delle condizioni ottimali di temperatura e di umidità relativa, secondo i protocolli internazionali di conservazione del germoplasma.

<p>dettaglio della bustina di un campione di semi</p>
dettaglio della bustina di un campione di semi

Il professore universitario esegue le indagini del caso, la relazione è messa agli atti e il 26 ottobre del 2009 il Procuratore Dinapoli emette il provvedimento di dissequestro degli impianti e dei materiali in essi conservati. Poi il Dottor Dinapoli lascia la Procura di Bari e il fascicolo passa nelle mani del Dottor Drago. Il nuovo Procuratore Aggiunto ha bisogno di tempo per studiare le carte e chiudere l’inchiesta però «i dati sul monitoraggio della vitalità e dell’integrità genetica dei semi conservati a Bari, indicano che c’è uno stato di gravissima emergenza per la banca del Germoplasma di Bari e il rischio di estinzione per moltissimi campioni conservati da 40 anni e che vi è l’urgentissima necessità, prescritta dal P.R.A. Marco Dinapoli, di procedere alla rigenerazione di tutte le collezioni di semi rari custodite a Bari, ancora in vita», è autorizzato a dire il professor Filippetti, dallo stesso P.R.A. Marco Dinapoli nel Provvedimento di Dissequestro del 26 ottobre 2009.

<p>il dottor Pignone direttore della banca del germoplasma nella camera di conservazione a -20°C</p>
il dottor Pignone direttore della banca del germoplasma nella camera di conservazione a -20°C

Ma la situazione è davvero tanto grave? Lo abbiamo chiesto al Dottor Domenico Pignone, Direttore dell’Istituto di Genetica Vegetale del CNR di Bari. «Io non ho visto la perizia che lui ha consegnato al procuratore. Ci sono degli stralci dei verbali di sequestro che io ho potuto leggere che mi lasciano in qualche maniera un po’ perplesso». Il professor Filippetti parla di grave danno biologico irreversibile, in particolare per il 70% dei campioni di frumento e per l’80% dei campioni di orzo, per esempio. «Ancora una volta è un fatto statistico. Perché è stato analizzato un numero piccolo di campioni, duemila circa in totale, appartenenti soltanto a tre specie e da questi si cerca di capire qual è la situazione di tutta la banca. Secondo i protocolli internazionali, presso altre banche dovrebbe essere fatta la duplicazione di sicurezza. Credo che grossi segmenti siano stati duplicati presso altre banche – il dottor Pignone dirige l’IGV di Bari solo dal 1° luglio del 2008 – . Quanto in realtà di preciso non glielo so dire». Ma lo spegnimento delle celle frigorifere può aver comunque causato danni ai semi conservati? «Faccio un esempio: controllando nelle camere di conservazione, ho verificato che ci sono campioni notificati l’ultima volta nel 1985, che sono conservati. Ammesso pure che il danno sia stato causato da mancanza di corrente nel 2004, venti anni dopo, come faccio a dire sei anni dopo quell’evento che il danno se c’è stato, è stato provocato esattamente dalla mancanza di corrente? Se non ho un riferimento su quant’era la capacità di germinazione del campione quando è stato messo, perché non è stato rimoltiplicato nei vent’anni fra quando è stato rimoltiplicato l’ultima volta e, diciamo, fra virgolette l’evento catastrofico, non avendo un dato di riferimento, come faccio a dire che è stato proprio quella mancanza di corrente a determinare la perdita di germinabilità o non sono stati piuttosto i vent’anni di conservazione precedenti?». Dottor Pignone, come viene conservato il materiale? «C’è una cella a -20°C, dove viene conservato il materiale per la lunga conservazione, quello che teoricamente dovrebbe durare più a lungo, conservato in barattolo. Nell’altra cella, quella a 0°C viene conservato il materiale attivo, quello che viene utilizzato per le attività di laboratorio, per le indagini, per la rigenerazione del materiale e per la distribuzione ad altri enti che ne facciano richiesta». Questi 80mila campioni sono conteggiati singolarmente oppure per una certa quantità omogenea? «Sono 87.000 campioni. Ciascun campione è normalmente costituito da una specie, e da un certo numero di individui che rappresentano la popolazione da cui è stato estratto.

<p>campo di girasoli e lavanda</p>
campo di girasoli e lavanda

Che… Che teoricamente cambia da specie a specie, perché dipende dal sistema riproduttivo ecc.. Per  darci un’idea, diciamo che probabilmente per ciascun campione di frumento noi conserviamo qualcosa come trecento grammi di seme. In diverse condizioni di conservazione. Trecento grammi corrispondono a duemila semi circa». Qui c’è scritto lenticchie – siamo nell’anticella delle due camere frigorifere – a cosa sono destinate? «Alle celle a 0°C, dopo essere state catalogate». Dottor Pignone, per concludere, di quanti fondi disponete? «I fondi che abbiamo a disposizione provengono soltanto da progetti esterni, e quindi sono dedicati a specifiche attività. Non ci sono finanziamenti ad hoc per la banca del germoplasma. Il problema è stato posto sia al CNR sia ad altri partner che potrebbero essere disponibili ad aiutarci a finanziare questa attività. Certo che per fare un’attività di questo genere servono parecchi soldini».  Comunque stiano i fatti, ci sentiamo in dovere di rilanciare l’appello del professor Filippetti alle istituzioni e in particolare alla Regione Puglia, perché «non può perdere anche la Banca del Germoplasma di Bari. È chiamata ad assumersi la responsabilità della leadership e a guidare il processo di recupero e gestione del germoplasma vegetale ancora vivo.  Dobbiamo difendere e salvare i semi che sono conservati a Bari perché sono rari e unici al mondo e perché non abbiamo una Banca di riserva».

24 febbraio 2010

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