
E’ ancora una volta emergenza coste nel Salento. Soprattutto dopo le mareggiate che nel mese di gennaio hanno aggiunto danni a quelli già accumulati nel corso degli anni passati. Emergenza sì perché purtroppo, dicono i diretti interessati, non si riesce a trovare una soluzione che sia più vicina possibile a quella definitiva.
E intanto si contano i danni su tutto il litorale salentino, sia sulla costa jonica che su quella adriatica dove spiagge, dune e natura si leccano le ferite.


Sull’Adriatico nei pressi delle Cesine, l’oasi del WWF, e nelle marine leccesi di San Cataldo, Frigole e Spiaggiabella, i danni sono sotto gli occhi di tutti: l’arenile è scomparso, le dune sono state inghiottite dal mare lasciando spazio alle rocce che sono venute allo scoperto, e qualche volta, anche a vecchie costruzioni in cemento. Alcuni lidi balneari sono stati completamente cancellati. A Spiaggiabella, da anni ormai, gli imprenditori hanno dovuto ridurre il numero di file di ombrelloni perché l’arenile si è ristretto e qualcuno ha anche cercato una soluzione “fai da te” utilizzando sacchi di sabbia per cercare di arginare il flusso delle correnti marine in modo tale che la sabbia resti sull’arenile e non ritorni indietro con le onde del mare. A rischio crollo c’è anche Otranto: la falesia, costa rocciosa su cui sorge la splendida Porta d’Oriente, è visibilmente danneggiata tanto da portare il sindaco, Luciano Cariddi, ad alzare la voce e convocare tavoli tecnici che potessero portare a soluzioni preventive. Qualcuno sostiene comunque di lasciare la falesia al suo “movimento”, impedendo invece gli interventi negativi che si stanno attuando a terra, che sono fattori di rischio elevati. Sabbia scarsa anche su tutta la zona dei laghi Alimini, sempre nei pressi di Otranto, dove sorgono numerosi stabilimenti balneari e villaggi turistici.
Nulla di diverso se ci si sposta sul litorale jonico dove le zone più colpite sono quella di Rivabella nei pressi di Gallipoli, la Perla dello Jonio, e Porto Cesareo dove è scomparso il cordone dunale nella zona di Primo Ponte e Punta Grossa e sono stati danneggiati gli stabilimenti tra Torre Chianca e Lido bacino Grande. Nel tratto compreso tra la penisola La Strea e Punta Prosciutto, invece, sugli arenili sono comparsi detriti e materiali di risulta.


Insomma una vera e propria catastrofe con la quale ogni anno gli imprenditori balneari devono fare i conti con la speranza di salvare la stagione balneare. Un’emergenza che, dicono gli imprenditori, deve trasformarsi in programmazione attraverso l’intervento congiunto delle istituzioni e degli stessi imprenditori che vivono quotidianamente il territorio e scommettono sul turismo e sulle bellezze dell‘ambiente.
Un’emergenza che ha portato il sindaco del comune di Porto Cesareo, Vito Foscarini, a chiedere alla Regione Puglia lo stato di calamità naturale: “è necessario – ha sottolineato il sindaco nella richiesta – intervenire al fine di scongiurare l’ulteriore aggravio dei danni ed il rischio di pericolo per la pubblica e privata incolumità”. Sull’argomento è intervenuto anche il presidente dell’Associazione Club Turismo Salento, Mauro Della Valle, che invita alla creazione «di una cabina di regia provinciale per fronteggiare il problema», invitando anche a prendere esempio dalle altre Regioni italiane che hanno vinto la guerra contro l’erosione delle coste puntando ad interventi a basso impatto ambientale. Le barriere soffolte ne sono un esempio al quale ci si potrebbe rifare, spiegano da tempo gli addetti ai lavori: si tratta di una barriera composta da elementi naturali come massi di grandi dimensioni poggiati sul sottosuolo marino, o anche da moduli brevettati da aziende quali ad es. dalla Tecnoreef; questi ultimi sono moduli simili a delle ruote che, sistemati ad una certa distanza dalla costa e sotto il pelo dell’acqua, permetterebbero, oltre al ripascimento, anche il ripopolamento del fondale. Il materiale con il quale sono composti i moduli è ovviamente a basso impatto ambientale.
L’appello sembra essere stato recepito dalla Regione Puglia, che dopo l’istituzione di una commissione ad hoc e un sopralluogo lungo le coste, ha annunciato uno studio scientifico che individui cause e soluzioni al problema.

Sull’argomento si continua dunque a discutere tanto e numerosi sono stati anche i tavoli tecnici organizzati, durante i quali si sono affrontati differenti aspetti come quello della possibilità di potenziare le azioni di salvaguardia e il ripascimento della poseidonia marina eliminando i fattori inquinanti del mare: la poseidonia oceanis è un’alga che comunemente si trova spiaggiata sugli arenili; qualcuno sostiene che potrebbe addirittura aiutare a rinforzare il cordone dunale, ma la sua azione più efficace è di assorbire, in mare, l’energia dello stesso. Come a dire: un aiuto per l’ambiente arriva dalla natura stessa.
«Speriamo che si riesca – dichiara Luca Mangialardo, presidente del Sindacato Imprenditori Balneari – ad individuare la via da percorrere per salvare la prossima stagione, e che si riesca a fare una seria programmazione che negli ultimi 5 anni è mancata per risolvere la questione erosione. E’ un problema che negli anni si è sottovalutato; si è perso – conclude Mangialardo – già troppo tempo e c’è bisogno di più programmazione e meno passerella».
Non dimentichiamo che alla questione erosione è strettamente legata anche quella ormai meglio conosciuta come la “guerra della sabbia” promessa per il ripascimento degli arenili della provincia di Lecce e mai arrivata sul territorio. Da anni si combatte per identificare, infatti, siti che possano fornire sabbia che abbia le stesse caratteristiche di quella salentina, individuata qualche tempo fa prima in Albania, poi a Brindisi e poi in una cava marina. Troppe le parole spese sull’argomento che però non hanno portato a nulla mentre a pagarne le spese sono sempre più gli imprenditori e l’ambiente.