
Ultime lettere dell’alfabeto. Le più impegnative, ma anche quelle che davvero dicono se si è maturata una nuova identità ambientale.
P come politica: non indica soltanto la capacità di chi governa un paese di includere nei propri programmi qualche forma di attenzione verso i temi ecologici. Per i giovani, significa disponibilità di partecipazione attiva nell’elaborare progetti e protagonismo nella gestione di iniziative che vadano a favore della sostenibilità ambientale.
Q come quotidianità: l’ecologia non è identificabile con il vestito della festa; assomiglia più al grembiule della casalinga o alla tuta dell’operaio, segni di un’ordinaria laboriosità e di una concreta responsabilità.
R come ricerca: dove si diffonde il fatalismo e la rassegnazione verso modelli di sviluppo poco rispettosi dell’ambiente, la creatività giovanile deve essere sostenuta e investita perché possano essere elaborate risposte nuove ai problemi che gravano sul pianeta e che compromettono la sua vivibilità. E se la società si mostra poco attenta a questa risorsa, le nuove generazioni hanno diritto di rivendicare spazi e occasioni in cui esprimere le proprie competenze.
S come sobrietà: valore ormai estraneo nelle proposte educative rivolte ai giovani e nel richiamo mediatico all’eccesso e alla spettacolarizzazione, ha bisogno di essere rimesso al centro nelle scelte della vita quotidiana, non soltanto perché le generazioni sono continuamente sollecitate dalla cultura della crisi, ma perché è lo stile portante di una prassi sociale improntata sulla solidarietà e disponibile a misurare ogni esperienza nel confronto con chi è escluso dalla fruizione dei beni ambientali.
T come terra: È un termine che i ragazzi d’oggi non usano più comunemente, ma che ancora suggerisce il bisogno di una responsabilizzazione ecologica e sociale, partendo dalla consapevolezza che tutti sono coinvolti nell’obiettivo di assicurare la qualità della vita su questo pianeta e che possono riuscire in tale impresa attraverso il gioco di squadra. Se la storia della terra è, in fondo, fatta di positività e non solo di negatività, è proprio perché tanta gente ha accettato di collaborare per raggiungere mete comuni; perché ha letto nell’interdipendenza e nella complessità una risorsa e non un problema; perché non ha avuto paura di tradurre l’espressione “possedere la terra” come capacità di servizio nell’impegno di condividere e rigenerare le ricchezze ambientali.
V come vita: se è vero che non si può costruire una definizione della vita a senso unico, i giovani devono diffidare dell’idea che essa sia un consumo di lusso e apprendere come valorizzarla perché possa rappresentare un bene per tutti. Rispettare la vita in ogni forma è il primo passo di una educazione che chiede alle nuove generazioni di abilitarsi a proteggerla e promuoverla in ogni campo. Se non viene maturata un’etica della vita e un’etica per la vita, che coerentemente riguardi sia il mondo naturale che quello umano, sarà sempre più difficile per le nuove generazioni usare una bussola che possa orientare efficacemente il loro rapporto con l’ambiente.