
Il Dipartimento di Protezione Civile sta monitorando il rientro incontrollato del lanciatore spaziale cinese che potrebbe cadere nell’Italia centromeridionale
Una nota del Dipartimento della Protezione Civile comunica che “Si è tenuto questa mattina il primo incontro del tavolo tecnico che seguirà le operazioni di rientro incontrollato in atmosfera del secondo stadio del lanciatore cinese PRC-CZ5B. Nonostante la bassa possibilità che uno o più frammenti del lanciatore possano colpire il nostro Paese, il Capo del Dipartimento, Fabrizio Curcio, ha presieduto il Comitato operativo della Protezione Civile per informare sull’evoluzione dello scenario atteso le componenti e le strutture operative del Servizio nazionale, nonché le Regioni interessate.
Sulla base degli ultimi dati forniti dall’Agenzia Spaziale Italiana, al momento la previsione di rientro sulla terra è fissata in un’ampia finestra di incertezza tra la sera del 30 luglio e la sera del 31 luglio. In questo periodo sono previste, sul nostro Paese, 3 differenti orbite che andranno ad interessare, per alcuni secondi, 5 porzioni di territorio delle regioni centro-meridionali e insulari. Non è quindi ancora completamente possibile escludere la remota possibilità che uno o più frammenti del satellite possano cadere sul nostro territorio.”.

Questa nota apre nuovamente il dibattito sui rifiuti spaziali. Intorno alla Terra, a varie altitudini, ci sono numerosi satelliti che sono diventati indispensabili per le attività umane. È previsto anche l’invio di altri satelliti, alcuni che sostituiscono quelli più vecchi o mal funzionanti, altri che servono per potenziare i servizi e la rete.
Ma questo affollamento inizia a creare danni: innanzitutto, intorno al pianeta gravitano troppi elementi che inevitabilmente sono entrati in collisione provocando detriti che, seppur monitorati, finiscono a circolare nelle orbite fino a scontrarsi, prima o poi, con altri satelliti, aumentando così la spazzatura spaziale. Ma in questi scontri, le dimensioni di detriti variano, spostandosi anche in altre orbite, creando così altri danni: infatti, se i detriti sono grandi, sono facilmente monitorabili e, in alcuni casi, potrebbero essere raccolti o distrutti con relativa semplicità, ma se sono molto piccoli, possono provocare danni notevoli agli altri satelliti, fino a distruggerli completamente, aumentando così la mole di rifiuti che circolano sulle orbite.

I satelliti in disuso di solito sono richiamati sulla Terra. In questo modo, l’impatto violento con l’atmosfera dovrebbe distruggere la maggior parte dei componenti, mentre quelli più grandi, non bruciati nella discesa sul suolo terrestre, vengono lasciati cadere calcolando di volta in volta i possibili punti di impatto. Finché il satellite o alcune sue parti finiscono in un luogo non antropizzato o in mare, non ci sono problemi, ma se le traiettorie portano verso luoghi abitati, i pericoli e le preoccupazioni per i danni provocati dall’impatto aumentano in maniera esponenziale.
Per recuperare i rifiuti spaziali sono state proposte diverse soluzioni, tra le quali anche il coinvolgimento della Stazione Spaziale Internazionale e accordi e progetti con altri governi e privati, ma al momento non ci sono soluzioni valide per i detriti più piccoli.

Lo spazio intorno alla nostra Terra è diventato quindi una sorta di discarica spaziale, che cresce e si moltiplica ad ogni lancio di satellite o ad ogni impatto con i detriti o altri corpi celesti.
Bisogna intervenire ora. Necessario un accordo e una serie di programmi operativi tra governi, privati e agenzie spaziali per risolvere subito il problema, anche perché un detrito di diametro inferiore al millimetro potrebbe colpire adesso uno o più satelliti che stiamo utilizzando in questo momento, tagliandoci fuori dal mondo e mettendoci in serio pericolo.