Si è conclusa nei giorni scorsi “Notti Sacre”. La rassegna di arte, musica, preghiera, riflessione e spettacolo organizzata dall’Arcidiocesi di Bari-Bitonto in collaborazione con Enti pubblici e privati ha avuto luogo presso il Palazzo della Provincia sul Lungomare Nazario Sauro a Bari. Tema dell’incontro promosso dalla Fondazione Giovanni Paolo II con la collaborazione di un gruppo di giovani ricercatori del Politecnico di Bari: “L’anima dei luoghi. Pratiche e riflessioni per un nuovo umanesimo urbano“. «Riflessione sul rapporto uomo-città, alla ricerca di una spiritualità compiuta, autentica e propositiva», ha sintetizza perfettamente l’Arcivescovo di Bari-Bitonto, Mons. Francesco Cacucci. Il punto focale del convegno, che – in maniera forse inconsueta – ha preferito dare voce e spazio a esperienze tangibili sul territorio pugliese non solo con persone note e di spicco del panorama ambientale e sociale ma anche con giovani ricercatori (anzi ricercatrici, essendo significativamente tutte donne le urbaniste che in questo momento si stanno occupando nella realtà locale di connettere la progettazione dei tecnici e la partecipazione sociale della gente).
Perché “anima dei luoghi” – Il titolo indica come si voglia partire dal presupposto che anche i luoghi, cioè i palazzi, le strade, i quartieri, le città, hanno un’anima. Gli abitanti che vi abitano, che vi lavorano, sono parte della storia degli stessi luoghi; perché, per riprendere le parole di Francesca Calace, docente della Facoltà di Architettura a Bari, «bisogna passare da una città dei piani a una città delle persone», ossia iniziare – o per certi versi ritornare – a progettare gli spazi urbani in modo tale da meglio aderire ai cittadini, di modo che, per dirla con Lidia De Candia – urbanista dell’Università di Cagliari – «la città non sia solo funzionale a dei bisogni ma anche espressione e racconto di rapporti e relazioni che hanno una propria profondità e memoria».
Il minimo comune denominatore tra tutti gli interventi – riportati in breve nella guida al programma di tutto l’evento delle Notti Sacre – risiede nel fatto che il primo passo per poter intervenire efficacemente nel territorio e in particolare nelle realtà più difficili e marginali, è quello di conoscere gli spazi vivendoli, attraversandoli concretamente, “incontrando i luoghi”.
“Riappropriarsi” degli spazi urbani – Recuperare un rapporto armonioso con la propria città o il proprio quartiere significa riconquistare un’identità e acquisire un senso di consapevolezza e responsabilità del ruolo attivo di ogni individuo all’interno del proprio contesto e, affinché tale ruolo non porti a un’azione isolata ed infruttuosa, con conseguente dispersione di energia, è necessario anche ri-stabilire un dialogo con gli abitanti e con le istituzioni, un rapporto dialettico concorde sull’idea che “la città è un bene comune” che ha come fine quello di uno spazio urbano integrato.
Il contesto attuale, sia tecnico sia sociale, lancia dei chiari segnali, in quanto ci si accorge che ad un rinnovamento teorico dal punto di vista urbanistico negli ultimi 20 anni non è corrisposto un adeguato progresso che coinvolgesse anche il versante umano; va altresì riconosciuta una certa difficoltà relazionale con alcune frange della popolazione, unitamente alle difficoltà burocratiche con le istituzioni (permessi, autorizzazioni).
Riappropriarsi degli spazi urbani, dunque, vuol dire – utilizzando un’immagine di Luca Diotallevi, sociologo dell’Università di Roma – aprire le città al nuovo, alle etnie, a forme sociali che non si chiudano e si autolegittimino, ma che si lascino guidare da uno spirito alimentato dalla speranza. Solo così ogni città potrà esprimere compiutamente la propria specifica identità, caratterizzandosi allo stesso tempo come luogo della memoria e protagonista di profezia sociale.