Ricci di mare tra divieti, impugnative e diritto a difendere il mare

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Ricci di mare? Per il Governo lo stop alla pesca della Puglia è incostituzionale

 

Il Paracentrotus lividus è comunemente conosciuto come “riccio viola”. Caratterizzato da una forma globosa, ha colori vivaci che vanno dal verde al marrone, dal viola al nero per la presenza di un pigmento detto spinocromo. Il corpo è completamente rivestito da una serie di piastre calcaree, che formano una corazza rigida, su cui sono inseriti gli aculei.

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Si muove grazie a pedicelli di forma tubolare e terminanti con delle ventose (riempendosi di acqua, si allungano e si induriscono, consentendo il movimento dell’animale) e a spine mobili, disposte più o meno simmetricamente. Le spine sono una caratteristica peculiare dei ricci di mare e la loro forma è specie specifica. Sono composte da calcite e sostanza organica. La loro rigenerazione avviene in tempi rapidi: se una spina viene persa, un’altra viene rigenerata nello stesso punto anche se più piccola e sottile. Anche le spaccature del dermascheletro possono essere riparate con la formazione di una membrana di celomociti e cellule dermiche, successivamente si rideposita materiale calcareo per ripristinare lo scheletro calcareo.

E’ un invertebrato che popola le coste di tutto il Mar Mediterraneo e un’ampia parte delle coste atlantiche. In molti Paesi, tra cui Italia, Francia e Spagna, è molto apprezzato come alimento consumato generalmente crudo. Grazie al crescente valore commerciale delle gonadi, il suo apparato riproduttore dalla vivace colorazione rosso corallo e arancio nelle femmine e giallognola nei maschi, è diventato una risorsa economica in molte regioni del Mar Mediterraneo ma a causa del prelievo massiccio perpetrato negli anni senza nemmeno badare alle dimensioni minime consentite per legge, ossia 7 centimetri di diametro compresi gli aculei, oggi è una specie a rischio estinzione.

E’ considerato una specie chiave perchè questo un erbivoro estremamente attivo, mantiene un controllo diretto sulla comunità di macrofite e indiretto su altri organismi che le popolano. Con la bocca, composta da denti molto aguzzi e robusti di sostanza calcarea, si nutre prevalentemente di alghe, che raschia dalle rocce, e di foglie di Poseidonia oceanica. Il riccio fa parte della fauna di scogliera, dove vive nei bassi fondali, fra le coste, fino a 80 metri di profondità.

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Impugnata la moratoria triennale della Puglia

“Favorire il ripopolamento del riccio di mare nei mari regionali, garantendo un periodo di riposo della specie, preservando la risorsa ittica e scongiurando il rischio di estinzione dovuto ai massicci prelievi”.  L’articolo 1 indica le finalità della legge regionale della Puglia, la numero 6 del 18/04/2023, entrata in vigore poco più di un mese fa, stabiliva nelle acque del territorio regionale pugliese un periodo di fermo di tre anni per l’attività di pesca, anche di tipo sportivo, per consentire il recupero degli stock e la ricostituzione della risorsa nel mare territoriale, messa a rischio dal massiccio prelievo effettuato negli ultimi anni, imponendo  il divieto di prelievo, raccolta, detenzione, trasporto, sbarco e commercializzazione degli esemplari di riccio di mare e dei relativi prodotti derivati freschi.

Unica eccezione alla normativa riguarda il prodotto non pugliese: non è vietata la commercializzazione del riccio di mare per gli esemplari provenienti da mari territorialmente non appartenenti alla regione Puglia.

Il Consiglio regionale (qui  le dichiarazioni dell’aula relative all’approvazione della normativa) aveva approvato a maggioranza, con 41 voti favorevoli e uno contrario, la proposta di legge contenente le misure di salvaguardia per la tutela del riccio di mare.

Primo firmatario era stato il consigliere regionale Paolo Pagliaro che subito dopo aveva chiesto di “stanziare le risorse necessarie per ristorare i pescatori pugliesi e salentini durante il periodo del fermo pesca stabilito dalla legge regionale approvata lo scorso 28 marzo” con  un avviso pubblico. A disposizione, diceva il consigliere (qui le dichiarazioni del primo firmatario della leggee), risorse del Fondo europeo per la politica marittima, la pesca e l’acquacoltura.

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Sarà impugnata l’incostituzionalità?

Il Consiglio dei ministri, su proposta del ministro per gli Affari regionali e le autonomie Roberto Calderoli, ha deliberato di impugnare la legge della Regione Puglia intitolata “Misure di salvaguardia per la tutela del riccio di mare” perché alcune disposizioni, ponendosi in contrasto con la normativa statale, internazionale ed europea in materia di ambiente e mare, “violano l’articolo 117, secondo comma, lettere a) e s), della Costituzione” norma che affida al Governo centrale la tutela dell’ecosistema e dell’ambiente. 

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Mi aspetto che la Regione Puglia difenda una legge approvata dal Consiglio regionale, opponendosi all’impugnativa del Consiglio dei ministri della nostra legge sul fermo pesca dei ricci di mare per tre anni, in vigore dal 5 maggio scorso. La proposta di impugnativa viene dal ministro Calderoli, che parla di violazione del comma 2 dell’articolo 117 della Costituzione, sostenendo che la nostra legge regionale si ponga in contrasto con la normativa statale, internazionale ed europea in materia di ambiente e mare. Noi sosteniamo da sempre il diritto a difendere il nostro mare, il cui ecosistema è minacciato dall’incombente estinzione di una specie essenziale per il suo equilibrio. “La mia proposta di legge – ricorda il consigliere regionale  Pagliaro – è stata condivisa e sottoscritta dal presidente Emiliano e da 49 consiglieri regionali. È stata accolta con entusiasmo dai cittadini pugliesi e da tutti quelli che amano il mare, dalla Guardia Costiera, dagli ambientalisti, dal mondo della scienza, dai ristoratori e dagli stessi pescatori autorizzati che ormai trovano ben poco sui fondali desertificati”.

“Non è un capriccio ma nasce da evidenze scientifiche: sui nostri fondali i ricci di mare sono pressoché estinti, e questo determina la proliferazione incontrollata delle alghe e la scomparsa di altre specie ittiche. Perciò ribadiamo la necessità di fermare la pesca dei ricci di mare per i prossimi tre anni, come la nostra legge stabilisce disponendo il divieto di prelievo, raccolta, detenzione, trasporto, sbarco e commercializzazione degli esemplari di riccio di mare e dei relativi prodotti derivati freschi fino al 2026. Ci siamo mossi nel solco del settore della pesca, che è di competenza regionale come più volte affermato dalla stessa Corte costituzionale. A fine maggio ho anche incontrato il ministro Pichetto Fratin per sensibilizzarlo sulla difesa di una specie che non possiamo lasciar estinguere e che anzi dobbiamo impegnarci a ripopolare, e per chiedergli che il fermo pesca dei ricci di mare possa essere esteso all’intero territorio nazionale come già è avvenuto per le oloturie.

“I controlli stanno dando frutto con le sanzioni nei confronti dei trasgressori, ma dalla Guardia Costiera registrano una diminuzione dei sequestri rispetto agli anni passati quando era in vigore il fermo pesca dei ricci nei mesi di maggio e giugno. Segno che l’attenzione mediatica attorno alla nostra legge ha funzionato come campagna di sensibilizzazione per far comprendere il danno prodotto dai pescatori di frodo e della domenica. Intanto, la nostra legge resta in piedi finché la Corte non la dichiarerà eventualmente incostituzionale”.

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L’ambizioso equilibrio tra conservazione della specie e sfruttamento della risorsa

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Sono numerosi gli studi in corso per cercare di tutelare la specie a rischio. Fra questi c’è “Tugeplal” acronimo del piano finanziato dal Fondo Europeo per gli affari marittimi e la pesca 2014 – 2020 – Misura 1.40 “Protezione e ripristino delle biodiversità e degli ecosistemi marini e dei regimi di compensazione nell’ambito di attività di pesca sostenibili” e sviluppato da Università degli studi di Bari e di Sassari, Wwf Levante Adriatico, il Parco delle Dune Costiere e i due Gal Sud-Est Barese e Valle d’Itria.

Promuovere lo sviluppo di un sistema di tutela, gestione e valorizzazione dello stock dei Paracentrotus lividus (un riccio della famiglia Parechinidae) e Arbacia lixula (famiglia Arbaciidae) nella zona d’interesse del Parco Regionale delle Dune Costiere da Savelletri a Torre San Leonardo, aumentando e massimizzando al contempo la competitività e redditività nel settore ittico regionale di riferimento.

L’approfondita ricerca scientifica puntava a rilanciare buone pratiche di pesca sostenibile da adottare e replicare in altri territori: “La vera sfida – spiegava il professor Francesco Bozzo del Dipartimento di Scienze Agro-Ambientali e Territoriali dell’Università degli studi Bari, capofila del progetto – sta nella ricerca di una sintesi tra due obiettivi: la conservazione e lo sfruttamento economico della risorsa. Solo una corretta gestione del patrimonio marino, supportata da adeguate politiche di regolamentazione e di marketing, potrebbe consentire il raggiungimento di buone performance aziendali nel rispetto degli equilibri complessi degli ecosistemi a cui fanno riferimento i ricci nei mari della Puglia”.

Serve un quadro normativo e di governance di respiro internazionale

A cura dell’avv. Antonella Florio era stato anche svolto uno studio sull’evoluzione delle disposizioni legislative in materia di tutela e conservazione del riccio di mare. Obiettivo? “Disegnare un quadro normativo, ma anche di governance, a livello internazionale, europeo, nazionale e regionale, sullo status quo al fine di ottenere una visione d’insieme sulle attuali possibilità di tutela e gestione della pesca delle due specie di riccio di mare (Paracentrotus lividus e Arbacia lixula) presenti nel litorale adriatico pugliese”.

Nella ricerca sono state esaminate le normative internazionali, mediante un’analisi di diverse esperienze comparate tra cui quelle della Francia, Spagna, Norvegia, California e Nuova Zelanda. In collaborazione con gli esperti del Wwf si è poi delineata una dettagliata panoramica normativa multilivello in materia di pesca a carattere europeo, nazionale e regionale, particolare attenzione è stata data anche alla disciplina della pesca illegale e delle aree marine protette europee e nazionali a partire dalla direttiva Habitat che ha dato vita alla rete Natura 2000 per arrivare al network italiano che è stato istituito con la l.979/82 e poi con la l. 394/91. In queste aree, che consentono una regolamentazione più stringente, possono essere realizzate in tempi rapidi misure di tutela “locali” .

Infine si è fatta una panoramica giurisprudenziale, soprattutto in materia penale, per capire l’effettività delle norme e l’efficacia e interpretazione nel “diritto vivente”.

Il graduale, ma costante declino della popolazione di ricci di mare registrata negli ultimi anni, associato ad una diminuzione sensibile della taglia dei ricci adulti di taglia commerciale, si deve alla costante attività di pesca illegale. Il problema riguarda anche altre regioni come Sicilia, Campania, Calabria e Sardegna, ma in Puglia negli ultimi anni l’attività dei pescatori di frodo si è intensificata particolarmente.
I dati dei sequestri lungo il litorale pugliese sono allarmanti e riguardano anche le aree protette come si evince nelle tabelle che seguono, basti pensare che in tre anni, fra il 2020 e il 2022, sono stati sequestrati ben 90 mila esemplari per un valore di 220 mila euro e gli interventi si susseguono.

‘Subito moratoria e ripopolamento’

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Le evidenze scientifiche sia su larga scala, che in zone di litorale limitate, come dimostrato anche nel monitoraggio del progetto Tugeplal, evidenziano il decremento sensibile della specie Paracentrotus lividus dovuto al prelievo indiscriminato (pesca illegale), al cambiamento climatico e all’inquinamento ambientale.

Anzi, in particolare in alcune zone, dice lo studio giuridico legato al progetto Tugeplal, “non si tratta più di intervenire con politiche di gestione dell’attività di pesca ma di realizzare (soprattutto in regioni come la Puglia) una vera e propria moratoria relativa alla pesca, alla detenzione ed al consumo del Paracentrotus lividus, come quella già adottata per le specie Holothuroidea”.

Inoltre, tra le varie cose, occorre provvedere a :

  • inserire il Paracentrotus lividus nella lista rossa dell’IUCN 
  • creare dei polmoni per il ripopolamento (effetto spillover);
  • approvare un nuovo decreto ministeriale che preveda la moratoria e allo stesso tempo l’obbligatorietà per le regioni di realizzare un’attività di monitoraggio della risorsa e attività di ripopolamento mirate.
  • introdurre fermi biologici più o meno prolungati, così come adottati per l’holothuria  e/o divieti come per i datteri di mare, e contestuale previsione di indennizzi in favore dei pescatori per il mancato guadagno,
  •  attuare un ripopolamento attivo in zone di grave depauperamento e programmare una turnazione dell’attività di pesca, stabilendo una mappa di zone destinate al prelievo del riccio di mare
  • stabilire incentivi per realizzare impianti di acquacoltura.

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