

Arrivano a bordo di tre Fiat “500” rispettivamente verde, bianca e rossa, in perfetto italian style, materializzandosi sul ponte sotto un cielo plumbeo che concede una tregua di una decina di minuti dalla pioggia. Una vettura la guida il Presidente del Consiglio Matteo Renzi, al lato passeggero il Sindaco di Bari Antonio Decaro. Nell’altra (o perchè la “500” è troppo piccolina per la sua corporatura o perchè col premier non corre buon sangue?) c’è il Governatore della Puglia Michele Emiliano. Intorno polizia, politici, amministratori locali, rappresentanti delle istituzioni e tecnici della ditta che ha eseguito i lavori. Tutto è pronto, con due mesi e passa di anticipo sul previsto e, con un coup de théatre che fa effetto, vista la coincidenza con l’inaugurazione della 80^ Fiera del Levante . E così, poco prima delle ore 11 il presidente del Consiglio inaugura a Bari il Ponte strallato dell’Asse Nord-Sud, l’opera che collega, nell’interezza dell’intervento, la Statale 16 (cioè la provincia di Bari) con il Porto e, più in generale, il mare, anzi con la città tutta. Alla cerimonia di inaugurazione sono presenti, oltre al Sindaco Decaro (che all’epoca dell’ideazione del progetto era assessore alla mobilità), ed al Governatore Emiliano, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Claudio de Vincenti, l’attuale assessore ai LL-PP. Giuseppe Galasso e la sua omologa di dieci anni fa Simonetta Lorusso.
Una cerimonia essenziale, quella di questo sabato 10 settembre (data anche la pioggia), ma che nulla toglie al valore dell’opera, che vuole essere l’icona della Bari degli anni a venire e, ha detto Renzi, significativa di una mentalità che non vuole alzare muri ma unire culture diverse.

Il ponte strallato, questo sconosciuto – Anzitutto cosa vuol dire “strallato“? Vuol dire sospeso a dei cavi (gli stralli, appunto), ancorati a grandi torri ( o piloni) di sostegno. E in effetti quello dell’asse nord-Sud è un viadotto di 626 metri con la parte centrale interamente sospesa per consentire il superamento dei fabbricati presenti nell’area ferroviaria sottostante di RFI e della Ferrotramviaria e due viadotti di approccio da sud e da nord di tipo tradizionale. Un po’ di numeri fanno capire la complessità dell’opera: l’intera strada, da via Sangiorgi fino a via Nazariantz è lunga 1.200 mt; di questi, 625 sono i metri del tratto in viadotto e 225 quelli della porzione strallata sorretta da 30 stralli lunghi tra 38 e 55 metri. La torre sghemba a Y rovesciata che si staglia ormai sullo skyline della città è alta 78 metri. Per realizzarla e realizzare gli impalcati ci sono voluti 4850 tn. di acciaio. Complessivamente l’opera (comprensiva di viabilità di servizio, 3 rotatorie, pista ciclopedonale, illuminazione, telecontrollo, fognatura pluviale) è venuta a costare 33mln di € di cui 32 della Regione Puglia e poco più di 1 milione del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti. I lavori sono stati realizzati dall’azienda di costruzioni metalliche Cimolai di Pordenone, vero fiore all’occhiello dell’Italia nel mondo.
La storia – Il Piano regolatore della città di Bari (il “Piano Quaroni” avviato nel 1965 e ultimato dopo 12 anni) prevedeva una grande arteria di scorrimento, l’Asse nord-sud, appunto, che rappresenta un’asta di penetrazione urbana e di interconnessione interzonale, destinata ad assorbire il traffico delle zone produttive e dell’hinterland del nord barese mettendoli in diretta comunicazione con il porto e il quartiere fieristico. Nel 2007 venne redatto uno studio di Fattibilità dal Comune di Bari per ottenere il finanziamento dell’opera. Le soluzioni previste per superare il fascio di binari della Ferrotramviaria e delle Ferrovie dello Stato erano ben 6 e tutte molto costose (da 30 a 80 milioni di euro).La sfida del finanziamento fu subito vinta quando l’allora assessore alla mobilità Decaro ottenne dalla Regione Puglia un finanziamento di 31 milioni di euro e, in sinergia con l’assessore ai LL.PP. dell’epoca, Simonetta Lorusso, e il sindaco Emiliano, riuscirono a utilizzare i fondi entro il termine di scadenza del dicembre 2008.
Venne poi la gara di progettazione, vinta dal raggruppamento capeggiato dalla RPA srl di Perugia con lo Studio Casado SA di Madrid, la Net Engeenering SpA di Monselice (PD), la Uning srl e la GA&M srl, entrambe di Bari; ma la proposta originaria (un ponte sospeso che abbracciasse tutti i 626 m necessari a superare i binari dalle forme simili a quello attuale e con una torre alta oltre 100 m.)venne accantonata perchè troppo costosa. Comunque l’idea della torre a forma di Y rovesciata piacque e venne mantenuta con gli opportuni aggiustamenti. Così il ponte, da completamente sospeso, venne trasformato in quello che oggi noi percorriamo, innalzandolo solo dive più problematiche erano le interferenze con la ferrovia. E la modifica non è per niente brutta, anzi.
Le sfide tecniche – Le sfide tecniche progettuali affrontate sono state molteplici, a cominciare dalla necessità di “incastrare” nei pochi spazi disponibili tra i binari le pile del viadotto, a finire con la necessità di realizzare il ponte senza interrompere il traffico ferroviario. Tutte brillantemente superate.
È proprio da queste difficoltà tecniche che nasce la unicità del ponte: la torre di 78 m che porta gli stralli (cioè le funi che reggono dall’alto il ponte sospeso) si regge su due gambe che non sono, come di solito avviene, ortogonali all’asse viario ma sono state ruotate per consentirne “l’incastro” tra i binari. Per far questo i progettisti sono dovuti ricorrere ad una insolita configurazione degli stralli che non si presentano totalmente simmetrici essendone stati aggiunti due (quelli più vicini alle gambe) che servono a bilanciare la obliquità delle gambe. Il ponte ha un’altra particolarità: le pavimentazioni drenanti e fonoassorbenti costituiscono il sito sperimentale di una ricerca a cura del Politecnico di Bari e coordinata dal prof. Vittorio Ranieri (che è anche consulente scientifico dell’intera opera) sulle pavimentazioni drenanti e fonoassorbenti.