Archeologia e paesaggio si compenetrano e trovano un habitat naturale nei parchi archeologici, previsti dal Codice dei Beni Culturali e Paesaggistici e che la Puglia deve essere presto pronta a definire. Ci sono già tanti siti che di fatto si configurano come parchi archeologici, ma il Direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici della Puglia, Isabella Lapi, confida ad Ambient&ambienti che necessitano, come altri in Italia, di una più chiara definizione legislativa, cui sta lavorando una apposita commissione ministeriale.
Facciamo una panoramica dei beni culturali e paesaggistici della Puglia. Cosa offre questa regione?
«L’offerta della Puglia è ormai nota. Offre valori che sono preminenti nel panorama nazionale, fra i quali ci sono sicuramente quelli archeologici. Possiede un’archeologia eccellente, distribuita in tre aree fondamentali: Daunia, Peucezia e Messapia. Basta citare, a titolo di esempio, le stele daunie del Museo Nazionale di Manfredonia, poste all’attenzione di tutti con la mostra tenutasi nel marzo scorso a Montecitorio. E’ un panorama straordinario, al quale si antepongono situazioni preistoriche, paleolitiche e neolitiche anch’esse uniche nel quadro nazionale. Si va dalle orme dei dinosauri o dall’uomo di Lamalunga di Altamura alle Grotte di Paglicci nel Gargano o dei Cervi a Porto Badisco. Queste sono alcune eccellenze archeologiche che a loro volta si compenetrano con i valori del paesaggio. L’archeologia s’insedia in situazioni paesaggistiche ottimali, che tutt’oggi è possibile rileggere in gran parte dei loro valori costitutivi, a tal punto che la Puglia merita di vedere presto istituiti i parchi archeologici».
Prima parlava dei parchi archeologici. Può fare qualche esempio?
«Beh sì, citiamo, oltre Altamura, Monte Sannace a Gioia del Colle, Egnazia, Leporano».
Se ne possono individuare anche altri?
«Se ne dovranno creare altri. Penso, per esempio, ad Herdonia, (un fiorente centro romano nel Tavoliere, che conobbe il suo succeso con la realizzazione della Via Traiana, n.d.r.), un luogo intatto che ancora può offrire le stesse emozioni che avrebbe provato un viaggiatore del Grand Tour».
Il patrimonio paesaggistico è sufficientemente tutelato?
«Rispetto ad altre regioni, in percentuale, i vincoli paesaggistici pugliesi sono fra i minori in Italia, e certo meno estesi di quello che dovrebbero essere. E’ in corso, e siamo in una fase avanzata, la redazione del Piano paesaggistico territoriale. Stiamo lavorando alla sua implementazione e alla definizione delle linee guida, in pieno accordo con la Regione e con la convergenza delle strutture sia periferiche che centrali del nostro Ministero in un unico lavoro».
Occorre fare di più?
«Come ho detto, stiamo lavorando per implementare, in maniera rigorosamente analitica, la situazione vincolistica del Piano paesaggistico territoriale».
Secondo lei com’è possibile conciliare l’attività agricola con i vincoli paesaggistici?
“Si deve conciliare soprattutto nell’ottica di un’attività agricola sostenibile, perché si entra anche in un problema di tutela ambientale. In linea generale, comunque, l’attività agricola non dovrebbe trovare ostacoli significativi nei vincoli archeologici».
Si sta parlando del federalismo demaniale. Come vede il passaggio dei beni culturali e paesaggistici dallo Stato agli enti locali?
«Abbiamo attivato questo processo e siamo pronti ed allineati. Sono stati istituiti i tavoli tecnici, secondo la norma di legge, in stretta collaborazione con l’Agenzia del Demanio. Siamo in attesa di recepire le linee strategiche generali da parte degli enti locali relativamente ai beni di cui hanno fatto richiesta».