
Secondo i dati raccolti dalla Coldiretti e dalla FederBio, il biologico è sempre più presente sulle tavole italiane ed europee, anche grazie al Covid
Aumento dell’11% dei consumi dei prodotti agroalimentari biologici, mentre la Puglia ha il 20,5% delle superfici coltivate a bio.
È quanto emerge dai dati raccolti da Coldiretti Puglia, che ha analizzato i consumi durante il lockdown.
«In Puglia si sta assistendo ad un processo di stabilizzazione e normalizzazione rispetto alla diffusione del metodo biologico registrato negli ultimi anni, mentre contestualmente continua l’aumento tendenziale dei consumi, delle ditte di trasformazione e dei servizi connessi alla filiera dell’agricoltura biologica come agriturismi, mense bio, ristoranti e operatori certificati», spiega Savino Muraglia, presidente di Coldiretti Puglia.
Con questi risultati è evidente che la Puglia ricopra il secondo posto nella classifica delle regioni bio in Italia, con 264mila ettari coltivati e 9275 operatori.
Questa nuova richiesta ha spinto la Coldiretti a realizzare spazi dedicati al biologico nei Mercati di Campagna Amica, che si vanno a sommare agli spazi bio in tutti i Comuni d’italia, alle botteghe, ai ristoranti e agli agriturismi che per definizione sono aziende biologiche.
Il bio, oggi, sta diventando un modello strategico, funzionale e fondamentale di garanzia di sicurezza e qualità certificata dei prodotti. Per questi motivi, le leggi e i controlli sono più selettivi e stringenti.
Infatti, la Ministra Teresa Bellanova ha firmato un decreto che aggiorna i limiti delle contaminazioni accidentali e tecnicamente inevitabili da fosfiti nella frutticoltura e viticoltura biologica, ponendo fine ad una situazione di ambiguità normativa che danneggiava i produttori biologici onesti costretti a decertificare i loro prodotti pur non avendo impiegato sostanze attive non ammesse.
A darne notizia è la FederBio che da tempo segue la problematica. Il nuovo Decreto prevede una deroga fino al 31 dicembre 2022 per i residui di acido fosfonico con il limite di 1 mg/kg per le colture arboree. Per le produzioni vinicole, invece, si applica per l’acido etilfosfonico il limite di 0,05 mg/kg, tenuto conto della possibile trasformazione dell’acido fosfonico in acido etilfosfonico a causa della presenza di etanolo nei trasformati enologici. La pubblicazione del Decreto è attesa a giorni, dopo le verifiche di competenza della Corte Conti.
Intanto c’è soddisfazione per l’incremento delle coltivazioni bio in Italia. «Il documento presentato dalla Presidente della commissione UE Ursula Von Der Leyen punta su una strategia di crescita verde che dovrà portare l’Europa a essere il primo continente neutrale dal punto di vista climatico entro il 2050. L’incremento dei terreni coltivati ad agricoltura biologica – spiega FederBio – è tra le 50 proposte della roadmap del Green Deal europeo. Il piano prevede iniziative volte a favorire l’economia circolare, gli investimenti verdi in Europa e la strategia “Dal produttore al consumatore” per progettare un sistema alimentare giusto, sano e rispettoso dell’ambiente attraverso la diffusione di pratiche sostenibili come l’agricoltura e l’allevamento biologici. Estremamente positivi anche i piani strategici finalizzati a ridurre significativamente l’uso di pesticidi chimici, fertilizzanti e antibiotici la cui attuazione non può prescindere dalla conversione al biologico». «In linea con le Strategie europee sulla Biodiversità e Farm to Fork, che puntano sulla tutela ambientale con l’obiettivo di incrementare del 25% le superfici coltivate a biologico e di ridurre del 50% l’uso dei pesticidi entro il 2030, l’agroecologia è in grado di conciliare sostenibilità ambientale, economica e sociale. Il Green Deal europeo – conclude la presidente di FederBio Maria Grazia Mammuccini – pone la tutela ambientale e della biodiversità al centro delle priorità dell’agenda comunitaria per i prossimi 10 anni, in quanto metà del PIL mondiale, 40.000 miliardi di euro, dipende dalla natura».
Insomma, alla fine siamo arrivati alla lapalissiana conclusione: l’agricoltura e gli allevamenti intensivi non sono più economici, produttivi e sostenibili. I pesticidi, le sostanze e i mangimi artificiali e i prodotti chimici utilizzati nel corso degli anni hanno avvelenato la terra, gli animali e noi stessi; hanno portato più danni che benefici.
Per evitare che sia troppo tardi, è necessario, è doveroso, è fondamentale ritornare immediatamente a coltivare, ad allevare e a vivere secondo i ritmi naturali. Solo in questo modo potremo avere risorse rinnovabili e illimitate per tutti.