
La situazione del mare relativa all’inquinamento causato dalla plastica. Dati, bilanci, propositi, iniziative e prospettive di una questione che incide sul futuro del pianeta
Dagli anni Cinquanta a oggi la produzione totale di plastica ammonta a 8,3 miliardi di tonnellate. L’equivalente di 158.670 Titanic di plastica.

Il dato più interessante è che 6,3 miliardi di tonnellate sono diventati spazzatura. Solo il 9% della plastica giunta al termine del suo utilizzo è stata riciclata, il 12% incenerita e il 79% accumulata nelle discariche o dispersa nell’ambiente, con grave danno per gli ecosistemi. Qualche numero – frutto del saggio Production, use and fate of all plastics ever made, pubblicato su Science Advances nel 2017 – per fare luce su una questione. Quella di un vero e proprio mare di plastica.
Non la plastica, ma le plastiche
Alcune ricerche hanno stimato il peso dell’inquinamento plastico globale: comprende il 75% di macroplastica, l’11% di mesoplastica e il 14% di microplastiche. «Non parliamo allora di plastica, ma piuttosto di plastiche: non c’è una plastica sola» suggerisce Silvio Greco, presidente del comitato scientifico di Slow Fish e autore insieme a Raffaella Bullo di Un’onda di plastica (Manifestolibri).
La minaccia della plastica per i mari
Negli ultimi decenni si è osservata una diminuzione delle dimensioni medie dei rifiuti di plastica, così come una distribuzione globale delle microplastiche in costante aumento.
È questa la minaccia invisibile che percorre i nostri mari, arrivando a noi attraverso la carne dei pesci e dei molluschi. Ma anche nell’acqua delle bottigliette, nel sale marino, perfino nella birra e nel miele. In più di 220 specie della fauna selvatica gli scienziati di tutto il mondo hanno ritrovato i detriti microplastici sparsi in natura. Escludendo uccelli, tartarughe e mammiferi, il 55% di queste sono invertebrati da pesca di importanza commerciale: cozze, ostriche, vongole, gamberetti comuni, scampi, acciughe, sardine, aringhe atlantiche, merluzzi bianchi e carpe comuni figurano nell’elenco.
I rifiuti marini
Vendendo nel dettaglio, in Italia ogni anno vengono individuate tra 40 e 50mila le tonnellate di rifiuti plastici marini. Secondo l’indagine Plastic free sea promossa dalla Goletta Verde di Legambiente, il 95% dei rifiuti galleggianti nel mar Tirreno è composto da plastica, per il 41% buste e frammenti. Nel Mediterraneo, stando alle stime del Cnr, galleggiano 1,25 milioni di tonnellate di microplastiche e soltanto nel tratto di mare tra la Toscana e la Corsica ne è stata rilevata la presenza in quantità di 10 kg per km2.
Italia nella lotta all’usa e getta
C’è però una buona notizia: il nostro Paese è uno dei più avanzati per quanto riguarda la lotta all’usa e getta e il recupero delle plastiche. Mentre negli Usa si ricicla appena il 10% delle plastiche e nell’Unione Europea il 30%, l’Italia fa decisamente meglio della media continentale arrivando al 45% di riciclo.
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Dall’ 1 gennaio 2019, inoltre, entrerà in vigore la legge che consente di commercializzare soltanto bastoncini per le orecchie biodegradabili, oggetti che oggi costituiscono il 7,8 % della spazzatura nei mari. A partire dal 2020, invece, sarà vietata la vendita di cosmetici da risciacquo e detergenti contenenti microplastiche.
Re-immaginare la plastica
In realtà sono diversi i Paesi che stanno lavorando per l’introduzione di policy per vietare prodotti monouso entro il 2021. Ma come reinventare la plastica? Ripensandone la produzione e gli usi e lavorando a processi di riciclo più sofisticati.
Il Global Opportunity Report – che annualmente prende in esame i rischi più pressanti di oggi con l’obiettivo di evidenziarne le opportunità di business correlate, nel rispetto degli obiettivi di sviluppo sostenibile fissati dalle Nazioni Unite – passa in rassegna alcuni eccellenti esempi di innovazione. La plastica può essere prodotta a partire da qualsiasi elemento che contenga idrogeno e carbonio. I combustibili fossili sono stati la materia prima principale fino ad ora, ma non è detto che debbano continuare a esserlo. Gli scienziati di Econic, ad esempio, hanno lavorato a una tecnologia che oggi permette di sostituire il 50% di combustibili fossili con componenti derivanti dalla catalizzazione dei gas di scarico.
La plastica monouso inquina il pianeta.
Ma c’è anche da fare pressione sulle grandi aziende. Appartengono a Coca-Cola, PepsiCo e Nestlé, infatti, la maggior parte dei contenitori e imballaggi usa e getta identificati nel corso di 239 attività di pulizia e catalogazione dei rifiuti – brand audit – condotti in 42 Paesi e sei continenti da Break Free From Plastic, la coalizione internazionale di cui fanno parte più di mille organizzazioni, tra cui Greenpeace.
Dalla catalogazione di oltre 187 mila rifiuti in plastica, sono stati identificati migliaia di marchi i cui imballaggi sono principalmente monouso.
«I brand audit offrono una prova innegabile del massiccio contributo delle grandi multinazionali alla grave crisi globale dell’inquinamento da plastica», denuncia Von Hernandez, coordinatore globale della coalizione Break Free From Plastic. «Continuando ad inondare il mercato con enormi quantità di imballaggi in plastica usa e getta, queste aziende sono responsabili dello stato di contaminazione del Pianeta».
Nei mesi scorsi Greenpeace ha lanciato una petizione (no-plastica.greenpeace.it), sottoscritta da quasi due milioni di persone in tutto il mondo, con cui chiede ai grandi marchi come Coca-Cola, Pepsi, Nestlé, Ferrero, Unilever, San Benedetto, Procter & Gamble e McDonald’s di assumersi le proprie responsabilità, partendo dalla riduzione di contenitori e imballaggi in plastica monouso immessi sul mercato.
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Niente plastica a bordo.
Trasformare la cultura dell’utilizzo singolo è pertanto fondamentale. Ci sono aziende che ci stanno già lavorando. Unilever si è assunta l’impegno affinché il 100% del proprio packaging possa arrivare ad essere in plastica riutilizzabile o riciclabile entro il 2025.
La MSC Crociere ha invece annunciato l’impegno a eliminare la plastica monouso dall’intera flotta a livello globale e ad introdurre, ove disponibili, alternative sostenibili.
Nell’ambito del Plastics Reduction Programme, MSC Crociere eliminerà, entro la fine di marzo 2019, un elevato numero di articoli in plastica, sia a bordo delle navi sia a terra, sostituendoli con soluzioni ecocompatibili. Saranno banditi quindi tutti i sacchetti di plastica monouso, cucchiai, bicchieri, palettine da caffè e gli altri articoli monouso che saranno sostituiti da prodotti eco-friendly. La compagnia, riorganizzerà anche le cucine di bordo e i processi di preparazione del cibo per eliminare la plastica anche dalle monoporzioni (pirottini, confezioni di marmellata o yogurt). Per solcare il mare in maniera più sostenibile.