
Piante mangia smog sempre più sotto la lente di ingrandimento degli esperti. L’opinione del dott. Vincenzo Rizzi (Centro Studi naturalistici Onlus)
Piante mangia smog. Ormai è scientificamente dimostrato: le piante, non solo regalano refrigerio, assorbendo anidride carbonica in cambio di ossigeno, ma sono anche in grado di tenere a bada i livelli di inquinamento, immobilizzando metalli pesanti e polveri sottili. Oltre a fornire un riparo naturale dai rumori molesti e proteggere da un altro tipo di inquinamento, altrettanto insidioso, quello acustico.

Secondo le ricerche, alcune specie sono ancora più forti di altre nell’aiutarci a tenere sotto determinati livelli limite, lo smog delle nostre città. L’Ibimet, istituto di biometeorologia del Cnr di Bologna, ha compiuto approfonditi studi sulla mitigazione del clima urbano attraverso l’utilizzo delle alberature in città.
La hit parade delle piante mangia smog
Abbiamo analizzato questi dati con il dottor Vincenzo Rizzi, del Centro Studi Naturalistici Onlus che opera in Puglia per la salvaguardia degli ecosistemi.
Secondo questa classifica è il bagolaro (Celtis australis) ad avere le migliori capacità di immobilizzare le polveri sottili. I migliori nell’assorbire CO2 sono il tiglio selvatico (Tilia cordata), il biancospino (Crataegus monogyna) e il frassino (Fraxinus ornus). Hanno dalla loro anche altre preziose virtù: una grande chioma ombrosa per il tiglio, le belle bacche rosse per il biancospino, la resistenza a condizioni avverse per il frassino o orniello.
In generale, le specie migliori che possono resistere al forte inquinamento urbano sono quelle mediterranee. Ad esempio, frassino maggiore, orniello, biancospino, acero campestre, acero platanoide, acero di monte (Acer pseudoplatanus), bagolaro, albero di giuda (Cercis siliquastrum), gelso, ontano nero, carpino bianco, tiglio e olmo.
I vantaggi sono significativi. Basti pensare che cinquemila piante in un anno assorbono 228 chili di PM10: pari alle emissioni di oltre mille macchine che percorrono 20 mila chilometri in 12 mesi. Le piantagioni antismog risultano particolarmente efficaci perché, oltre alla riduzione diretta dell’anidride carbonica, sono in grado di migliorare il microclima e ridurre l’uso dei combustibili fossili di circa 18 chili all’anno per ciascun albero.
Gli arbusti mediterranei mangiametalli
Ciascuna pianta messa a dimora in ambiente urbano svolge un’azione di riduzione della CO2 equivalente a quella di 3 – 5 alberi forestali di pari dimensioni. Per quanto riguarda il piombo dall’analisi microscopica sulle foglie è emerso che l’eleagno è il miglior accumulatore, con lo 0,60 per cento dell’area fogliare “coperta”, mentre il ligustro, con lo 0,27 per cento, ha registrato il valore più basso.
Il Crea, Consiglio per la Ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, già da diversi anni, ha selezionato otto arbusti mediterranei che mangiano metalli pesanti e particolato. Il progetto fu finanziato dal ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (Mipaaf) per valutare la prestanza antismog di otto gruppi di piante di habitat mediterraneo, ottime per creare siepi o più alte barriere arbustive contro lo smog: l’agrifoglio, il viburno, il corbezzolo, la fotinia, l’alloro, l’eleagno, il ligustro.

Ancora, Rizzi, evidenzia come la predisposizione delle barriere, all’interno di un abitato, dovrà tener conto delle zone cittadine in cui si concentrano maggiormente traffico, impianti termici e combustioni di tipo industriale, al fine di attenuare le esalazioni di sostanze nocive come polveri sottili e metalli pesanti.
Inoltre, come dicevamo, le siepi, specie quelle ad alta densità di fogliame, sono utilizzate come barriere acustiche totalmente green. Il suono viene attutito dalla struttura stessa dell’arbusto, che si fa automaticamente scudo. Vi sarà capitato, passeggiando in una grande e trafficata città, di entrare in un giardino e sentirvi in un attimo magicamente lontano da tutto. Ecco la funzione e la magia di una fitta siepe, prezioso isolante acustico naturale.