Che fosse in corso, da parte di una serie di compagnie petrolifere, il tentativo di petrolizzare il Mare Adriatico è cosa nota. Così come è noto l’interesse relativo alla zona del Mare Adriatico antistante le coste pugliesi, che vede come emblematica la situazione delle Tremiti ma che, in realtà, riguarda quasi tutta la Regione.
Per quanto riguarda la zona che va dal sud-est barese fino a Leuca protagonista assoluta è la Northern Petroleum, balzata agli onori della cronaca per l’istanza d149 D.R.-.NP, che suscitò la reazione delle popolazioni dei Comuni interessati (5500 persone scesero in Piazza a Monopoli il 23.01.2010) e delle stesse istituzioni, fino all’annullamento ottenuto dal Comune di Ostuni al TAR di Lecce. Vittoria importante ma drammaticamente parziale.
Il percorso iniziato dalla Northern Petroleum è decisamente più complesso e, infatti, sin da allora il Comitato “No Petrolio, Sì Energie Rinnovabili” aveva invitato a non abbassare la guardia e a cominciare un percorso più ampio e generale che portasse l’intera Regione Puglia (e non solo) a rifiutare l’idea energetica legata allo sfruttamento del petrolio. Il progetto della Northern Petroleum prevede la presentazione di ben nove istanze di permesso di ricerca idrocarburi attraverso il metodo degli air-gun ( esplosioni di aria compressa in direzione del fondo marino, attraverso le quali poter ottenere una stima dei giacimenti petroliferi ivi presenti), tutte localizzate, a diverse distanze dal mare, nel tratto di costa che va dal sud-est barese a Leuca. Per alcune il procedimento è ancora in corso e per altre i Comuni, il Comitato con le Associazioni e i singoli cittadini hanno presentato osservazioni (è il caso, ad esempio, delle d60 F.R. -.NP e d61 F.R.-.NP) per altre la situazione è ben più delicata. La Northern Petroleum ha, infatti, comunicato di aver ottenuto l’autorizzazione ad effettuare attività di ricerca petrolifera tramite air-gun in ben due aree (F.R39.NP e F.R40.NP), nelle quali potrebbe svolgere attività di ricerca idrocarburi sin da questo autunno.

Sul suo blog, la scienziata italo-americana Maria Rita D’Orsogna riporta le dichiarazioni del direttore responsabile della Northern Petroleum Derek Musgrove, che afferma che “l’esplorazione dell’Adriatico Meridionale e’ una priorita’ per la Northern Petroleum” e che “la ditta intende procedere velocemente con l’air-gun in modo da identificare i siti da trivellare già all’inizio del 2012”.
La battaglia contro queste attività è, tuttavia, resa più complicata dalla non puntuale divulgazione delle comunicazioni che le compagnie petrolifere devono per legge effettuare alla Regione e ai Comuni interessati. Non sempre (o forse sarebbe meglio dire quasi mai) questi incartamenti vengono affrontati tempestivamente o con l’attenzione che richiederebbero; i tempi ristretti (ma non ristrettissimi) per presentare osservazioni e la frequenza di tali istanze richiedono un continuo lavoro di monitoraggio che, se fosse affrontato con più lungimiranza dalle istituzioni, sarebbe più semplice e snello. Aggiungetevi che tale parere è solo consultivo e non vincolante… e traetene i risultati. Giova ricordare che la sentenza di annullamento del TAR di Ostuni, relativo all’istanza presentata per l’area d149 D.R.-.NP, fu ottenuto per un difetto di forma dell’istanza e non per i potenziali danni ambientali.
E’ proprio per non restare ingabbiati nella singola lotta istanza per istanza che presenta rischi, come abbiamo visto, che alcune di esse vadano a buon fine, il Comitato “No Petrolio” ha presentato, da circa un anno, un documento che prevede il rifiuto dell’idea petrolifera e una sorta di moratoria contro le trivellazioni nel Mare Adriatico. In tale documento viene richiesto al Ministero competente di bloccare l’iter autorizzativo per tutte le istanze e di modificare la legislazione vigente prevedendo il divieto assoluto di ogni ulteriore installazione in tutta l’estensione del mare Adriatico di competenza nazionale; soprattutto, viene richiesto al Governo di farsi promotore, verso la Comunità Europea, di una nuova normativa che preveda che non vengano installate piattaforme petrolifere in mare a una distanza dalla costa inferiore a 160 km, distanza applicata in altri Paesi e ritenuta misura fondamentale di sicurezza.
L’obiettivo è, da un lato, quello di ottenere il sostegno, anche animato, rumoroso e manifestante, da parte della popolazione e dei cittadini, dall’altro quello di ottenere un sostegno chiaro e deciso da parte delle istituzioni e della classe politica che, con chiarezza, deve far capire la propria posizione sottoscrivendo e (ancora più importante) promuovendo atti ufficiali in questa direzione. Molti sono stati i parlamentari che sulla base di tale documento hanno presentato interrogazioni e risoluzioni parlamentari.

Il documento del Comitato, dunque, si propone un obiettivo ambizioso che, invece di affrontare la singola questione, cerca di affrontare la problematica in maniera più ampia, interessando e unificando tutte le popolazioni interessate.
Per le singole istanze già autorizzate, infine, è ancora perseguibile la possibilità di inviare osservazioni di contrarietà, come previsto dalle norme europee, secondo le quali l’opinione degli enti locali è vincolante qualora questi progetti prevedano un elevato impatto ambientale.
La mobilitazione sociale è sempre la più importante in queste problematiche, ma è fondamentale che trovi una cassa di risonanza unica, invece di disperdersi unicamente nelle singole questioni. Questioni che, per ora, vanno affrontate con la massima rapidità.
Silvia Russo – Portavoce Comitato “No Petrolio, Sì Energie Rinnovabili”