
Tutte e sette le specie di tartaruga marina che vivono nel Mediterraneo sono considerate a rischio estinzione e la causa principale è l’impatto con le attività umane, a partire dalla pesca accidentale. Nel Mare Nostrum si stima che ogni anno più di 130mila Caretta caretta siano catturate accidentalmente nelle reti. Di queste oltre 40mila non sopravvivono.
In Italia la pesca accidentale colpisce più di 20mila esemplari l’anno. Un risultato positivo, però, viene dal Centro Recupero Tartarughe Marine WWF di Molfetta (BA), dove proprio in queste ore, infatti, è arrivata la tartaruga n. 100 dall’inizio del 2016: si tratta di “Eritrea” recuperata a strascico dal motopeschereccio “Nuova Giovanna” della marineria di Bisceglie(BA). Si allarga sempre più, infatti, il numero dei pescherecci “turtle friendly” che collaborano con il Centro: sono oggi 12, in maggioranza di Bisceglie ma anche di Molfetta e Monopoli.
«Si tratta di numeri da record – sottolinea la presidente del WWF Italia Donatella Bianchi – che confermano l’importanza della collaborazione con le marinerie e i pescatori, ma anche il buon funzionamento della rete di soccorso a terra. L’esperienza di Molfetta e del lavoro decennale del nostro centro di eccellenza è un esempio straordinario di sinergia tra istituzioni, operatori della pesca, della ricerca e del soccorso. Ma il nostro grazie va soprattutto ai pescatori che rendono possibile questo risultato. Solo pochi anni fa catturare una tartaruga marina era sinonimo di cattiva pesca, oggi, grazie alla crescente sensibilità dei pescatori che rispettano il mare e operano nella piena legalità nonostante le difficoltà che il settore attraversa, è un’occasione per proteggere il mare».
La collaborazione tra il Centro Recupero Tartarughe Marine del WWF di Molfetta e il gruppodi ricerca del Dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università di Bari, coordinato dal prof. Antonio Di Bello, ha consentito di diagnosticare su un numero ingente di tartarughe marine della specie Caretta caretta, pescate a strascico, una patologia grave, spesso letale, individuata di recente come embolia gassosa associata a Malattia da Decompressione (MDD o Decompression Sickness DCS).
«Questa patologia nelle tartarughe marine – spiega il prof. Di Bello – è dovuta al fatto che gli animali catturati dalle reti vengono trascinati troppo velocemente verso la superficie marina, esponendoli ad una decompressione repentina che può essere letale. Gli studi sono ancora all’inizio e molto scarsi. Quello che è certo è che il suo impatto sulla popolazione di tartarughe del Mediterraneo è probabilmente drammatico poiché quando gli animali pescati a strascico vengono rilasciati in mare e accade ancora spesso, non mostrano, appena liberati dalle reti, sintomi evidenti, ma si manifestano nell’arco di poche ore dal rilascio, condannando gli animali a morte certa».
Gli animali pescati a strascico, però, vanno spesso incontro anche ad annegamento, «è essenziale – quindi – una diagnosi differenziale considerando che possono essere colpiti contemporaneamente da entrambe le affezioni».
Per salvare il numero più alto di animali possibile bisognerebbe, perciò, agire non soltanto sulle modalità di pesca, soprattutto in certi periodi dell’anno, ma anche attraverso una capillare informazione dei pescatori (soprattutto quelli che effettuano la pesca a strascico). «Le tartarughe marine – conclude Di Bello – non vanno mai liberate immediatamente in mare ma conferite ad un centro di recupero, con esperti in grado di stabilire diagnosi e cura».
Secondo il prof. Di Bello, la terapia più idonea per salvare le tartarughe dall’embolia gassosa da MDD, probabilmente, come nell’uomo potrebbe essere la terapia iperbarica.
Per Pasquale Salvemini, responsabile del Centro Recupero Tartarughe Marine del WWF di Molfetta , «si tratta di un ottimo risultato quello ottenuto nei primi due mesi dell’anno e sicuramente la nuova struttura di Bisceglie sarà ottimale per proseguire sia sulla sensibilizzazione delle marinerie del medio e basso Adriatico ma anche per promuovere una più accurata ricerca scientifica, essenziale per chi opera nella conservazione di una specie minacciata».
Anche per l’estate 2016 sono previsti diversi campi di volontariato WWF per le tartarughe marine.