
Pendolaria 2023 è il rapporto annuale di Legambiente sul trasporto ferroviario in Italia
Un Paese che ha bisogno di accelerare il processo di riconversione dei trasporti per rispettare gli obiettivi del Green Deal europeo ma soprattutto di efficientare infrastrutture che potrebbero essere strategiche e invece segnano il passo: troppo lenta la transizione ecologica del trasporto su ferro.

Il ritardo infrastrutturale italiano rispetto ad altri Paesi europei è evidente con le linee metropolitane del nostro Paese che si fermano a 254 km totali: ben poco rispetto a Regno Unito (679 km), Germania (656) e Spagna (614). I km di metropolitane in tutta Italia sono paragonabili a quelli di città come Madrid (291,3) o Parigi (225,2). Inoltre in Italia ci sono 397 km di tranvie rispetto agli 835 km della Francia e ai 2.039 km della Germania. E ci sono 740 km di ferrovie suburbane, ben poco rispetto ai 2.038 in Germania, 1.817 km nel Regno Unito e 1.443 in Spagna.
Un ritardo che sconta anche il Mezzogiorno: “Il sud rischia di rimanere a lungo con una qualità del servizio non paragonabile con il resto del Paese. I dati sono chiari: qui circolano meno treni, sono più vecchi e su linee in larga parte a binario unico e non elettrificate. E’ un problema di offerta di treni nazionali – gli Intercity si sono ridotti, sono pochissime le Frecce che viaggiano oltre Salerno per arrivare a Reggio Calabria, Taranto, Bari – e di offerta del servizio regionale, senza alcun coordinamento che permetta di mettere a sistema l’offerta”. Il rapporto dice che “Quello che serve è una regia degli interventi previsti tra infrastrutture e nuovi treni, che permetta di indirizzarli in modo da ridurre i tempi di percorrenza sulle linee in maggiore difficoltà e di definire un orario coordinato dell’offerta nei nodi fondamentali tra treni nazionali, regionali, autobus locali. Un intervento di questo tipo è indispensabile per dare subito un segnale di cambiamento, in modo che, mentre vanno avanti gli interventi infrastrutturali ed il potenziamento tecnologico sulle linee, si cominci a vedere un miglioramento nella qualità dell’offerta con treni nuovi e confortevoli”.
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Cosa serve davvero al Mezzogiorno?
Una buona notizia è che il Pnrr prevede il finanziamento di 200 milioni di euro per l’acquisto di nuovi treni Intercity, in particolare per le regioni del sud. Verranno acquistati 7 treni bimodali per i collegamenti intercity Reggio Calabria-Taranto, sulla linea Jonica, che saranno in funzione entro fine 2024 e 70 nuove carrozze notte per i treni in Sicilia, che verranno immessi sulla rete entro il 2026. Va segnalato, inoltre, il completamento del revamping delle carrozze dei treni Intercity in circolazione, con maggiori comfort come la configurazione salone, ampie e comode poltrone, prese elettriche al posto.

Il Pnrr prevede risorse anche per la riqualificazione delle stazioni ferroviarie e dei terminali marittimi, e destina 60 milioni a Rete Ferroviaria Italiana Spa per l’acquisto di tre nuove navi passeggeri per l’attraversamento dello Stretto e 20 milioni per le navi che traghetteranno i treni con alimentazione ibrida. Per le flotte private sono, inoltre, disponibili 35 milioni per rinnovare i mezzi. Inoltre, per i collegamenti di lunga distanza è previsto l’acquisto di 12 treni Frecciarossa da 4 vagoni ciascuno capaci di traghettare direttamente dalla Sicilia risparmiando nei tempi.
Il Pnrr prevede, inoltre, investimenti importanti per l’elettrificazione delle linee al sud e il potenziamento di alcune direttrici che permetteranno di rendere più veloci e sicuri i viaggi. Per le merci quello che serve è garantire che le linee tirrenica, jonica e adriatica al sud possano essere utilizzate da treni lunghi 750 metri. Molti interventi sono già in corso e altri saranno completati nel corso dei prossimi anni e a quel punto diventerebbe possibile organizzare dal porto di Gioia Tauro connessioni dirette con gli interporti del nord ma anche con il porto di Bari e di Taranto.
“Gli investimenti pianificati sono importanti, ma – dice Pendolaria (qui trovi il rapporto 2023) – spesso a condannare le persone a viaggi estenuanti è la totale assenza di una regia di quanto avviene lungo alcune direttrici importanti: ancora in Basilicata per muoversi tra i due capoluoghi di Provincia, Potenza e Matera, con Trenitalia non esistono collegamenti se non in autobus e con le Ferrovie Appulo Lucane servono almeno 2 cambi e ci si mette 3 ore e 25 minuti”.
Solo un esempio delle inefficienze che paga il Mezzogiorno, dove circolano meno treni, i convogli hanno un’età media di 18,5 anni, in calo rispetto a 19,2 del 2020 ma molto più elevata degli 11,9 anni di quelli del nord – e viaggiano su linee in larga parte a binario unico e non elettrificate. Le corse dei treni regionali in Sicilia, ad esempio, sono ogni giorno 506 contro le 2.173 della Lombardia.
Qual è la situazione della Puglia?
La Puglia conta un totale di 1.542 km di rete ferroviaria di cui 929 km a binario doppio e 613 km a binario semplice (il 39,7%). Sono invece 881 i km elettrificati e 661 km non elettrificati (il 42,8%). Sui sistemi di sicurezza sono 699,5 i km con sistema SCMT e 133,7 con sistema SSC.
Stando ai dati raccolti da Legambiente, in Puglia crolla il numero di viaggiatori rispetto al periodo pre-pandemico, con un -65,1% passati da più di 150mila viaggiatori al giorno nel 2019 a poco più di 50mila nel 2021. Altro indicatore è il basso numero di corse che in Puglia si attesta a 889, posizionandosi a metà classifica in Italia tra la prima, la Lombardia, con 2173 corse e il Molise con sole 28 corse. Per quanto riguarda invece l’età media del parco treni circolante, in Italia la media è di 15,3 anni e la Puglia si attesta su quel dato con una flotta di 15,5 anni di anzianità, su un totale di 170 treni e il 43,4% dei treni con più di 15 anni.
Legambiente ha poi raccolto un elenco delle linee peggiori, ossia quelle situazioni che evidenziano da dove si dovrebbe partire per rilanciare l’offerta di trasporto pubblico su ferro, con beneficio in termini di meno inquinamento e meno congestione nelle nostre città, ma anche di qualità della vita e ridotta spesa per le persone:
- la tratta Bari-Napoli considerato che ancora manca un collegamento diretto tra i due capoluoghi.
- la tratta Bari-Bitritto che dovrebbe collegare in 20 minuti i due Comuni passando per Carbonara e Loseto, con una connessione alla linea Bari-Taranto. La linea è però ancora ferma, con il progetto che risale al 1986 e l’inizio dei lavori al 1989. Ora l’inaugurazione è prevista per il 2023 e si è in attesa dell’affidamento del servizio ferroviario e soprattutto un adeguato e moderno servizio con caratteristiche di ferrovia metropolitana e treni nuovi ed efficienti. (LEGGI ANCHE: Linea ferroviaria Bari-Bitritto affidata a Trenitalia)
- la tratta Corato-Andria, chiusa dal disastro ferroviario del 12 luglio 2016, nel tratto Ruvo di Puglia-Andria. Nel frattempo ci sono stati i lavori di raddoppio della tratta ma nessuna certezza sui tempi di riapertura. La riattivazione per il servizio passeggeri dovrebbe avvenire nei prossimi mesi, entro la primavera 2023, ma anche in questo caso è d’obbligo monitorare e puntare i riflettori su quella che rimane una delle linee nevralgiche della regione.

Le Regioni hanno un ruolo chiave nei finanziamenti per il servizio ferroviario poiché dal 2000 sono stati loro trasferiti poteri e risorse sul servizio ferroviario locale. In particolare, hanno la responsabilità di definire il Contratto di Servizio con i gestori dei treni. Mediamente, per il 2021, gli stanziamenti sono stati pari allo 0,57% dei bilanci regionali, in miglioramento rispetto allo 0,34% registrato nel 2020, ma in diminuzione rispetto allo 0,65% del 2019. E la Regione Puglia finanzia con lo 0,55% rispetto al bilancio i 5 gestori presenti, sia per servizi aggiuntivi sia per il materiale rotabile, per un totale di circa 71 milioni di euro (60,93 mln per il servizio; 10,713 mln per il materiale rotabile).
“Il processo di riconversione dei trasporti in Italia è fondamentale. Lo è se vogliamo rispettare gli obiettivi del Green Deal europeo, del taglio delle emissioni del 55% entro il 2030 e del loro azzeramento entro il 2050, visto che il settore è responsabile di oltre un quarto delle emissioni climalteranti italiane che, in valore assoluto, sono addirittura cresciute rispetto al 1990. In questo scenario – dice Ruggero Ronzulli, presidente di Legambiente Puglia – la Puglia deve fare passi coraggiosi per trasformare radicalmente la mobilità nella regione, ma soprattutto risolvere criticità che da troppi anni hanno in ostaggio pendolari e cittadini, come la lentezza dei lavori della tratta Corato-Andria, ancora inattiva dopo 6 anni e mezzo dal tragico incidente del 12 luglio 2016 che causò 23 morti. Importante sarà aumentare il numero di corse per rendere sempre più appetibile, fruibile e accessibile il sistema ferroviario”.
Gli investimenti in cantiere in Puglia
Tra le buone notizie vanno sottolineati i nuovi finanziamenti per l’acquisto di treni regionali e l’ammodernamento delle linee locali, e in Puglia si sottolinea a Bari l’estensione della rete di busvie con un costo di 159.171.170 € per 16,1 km di percorsi.
La missione “Infrastrutture per una mobilità sostenibile” prevede 26 miliardi di euro per il trasporto ferroviario, con interventi da realizzare entro il 2026. Complessivamente sono in cantiere o finanziati 797 chilometri di nuove linee ad alta velocità, interventi di potenziamento di collegamenti trasversali, senza dimenticare l’elettrificazione della rete e l’installazione di sistemi di controllo della sicurezza su 1.635 km di rete, che porterà la percentuale di elettrificazione in Italia dal 69,5 al 77,8%.
Per la Puglia possiamo trovare ben 70,77 milioni a Ferrovie Appulo Lucane (di cui 12 milioni per il prolungamento della Bari-Matera verso l’Ospedale Santa Maria delle Grazie) e 58,45 milioni per Ferrotramviaria (tra cui 45 milioni per il raddoppio della tratta Andria Barletta e 12 milioni per il rinnovo del binario esistente della Corato-Andria); 382 milioni di euro, già finanziati da tempo ma ora inseriti all’interno del PNRR, riguardano le tre direttrici principali delle Ferrovie del Sud Est: il potenziamento della Bari-Taranto (per 86,5 milioni), il completamento dell’attrezzaggio Scmt/Ertms su tutta la rete (per 130,8 milioni) e la realizzazione di hub intermodali e la riqualificazione di 20 stazioni, per un valore di 165 milioni di euro.
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La cura del ferro è lenta

Dal 2018 al 2022, dice Legambiente, le inaugurazioni di nuovi binari in città sono state inadeguate, parliamo di un ritmo di un chilometro e mezzo all’anno di nuove metropolitane. Nel 2018 sono stati inaugurati 0,6 km, nel 2019 e 2020 neanche un tratto di nuove linee, nel 2021 1,7 km, mentre nel 2022 il dato sale a 5,3 km grazie all’apertura della prima tratta della M4 a Milano. Anche sulle nuove tranvie il dato medio dell’ultimo quinquennio è da dimenticare, ossia 2,1 km all’anno: 5,5 km inaugurati nel 2018, 5km nel 2019, nessun chilometro aperto negli ultimi tre anni.
Sul fronte investimenti, negli undici anni dal 2010 al 2020, sono stati fatti più investimenti sulle infrastrutture per il trasporto su gomma che su ferro. Stando ai dati del Conto nazionale trasporti, dal 2010 al 2020 sono stati realizzati 310 km di autostrade, a cui si aggiungono migliaia di chilometri di strade nazionali, a fronte di 91 chilometri di metropolitane e 63 km di tranvie.
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