Obblighi e precauzioni cui ottemperare in fatto di elettrosmog (prima parte)

Quando si parla di “elettrosmog” si pensa all’inquinamento elettromagnetico da radiazioni prodotte da emittenti radiofoniche, cavi elettrici percorsi da correnti alternate di forte intensità (come gli elettrodotti della rete di distribuzione), reti per telefonia cellulare, emettitori a bassa potenza e dagli stessi telefoni cellulari.

Gli elettrodotti costituiscono uno dei maggiori pericoli di elettrosmog

L’attenzione su questo tema è dovuta alle numerose campagne di sensibilizzazione promosse da chi ha espresso preoccupazione per la salute dei cittadini e dei lavoratori. Alcuni studi medico-scientifici hanno anche esaminato le possibili interazioni tra i campi elettromagnetici ed il cancro, con particolare attenzione agli effetti dovuti ad esposizioni prolungate a campi EM a frequenza di rete (50 Hz in Europa, 60 Hz in America), indicati come campi a ELF (Extremely Low Frequency) in luoghi costantemente frequentati come case, scuole, posti di lavoro.

A questo proposito sono state definite due categorie generiche di esposizione: quella “residenziale”(determinata dai cavi che portano l’elettricità alla casa stessa e dall’utilizzo di apparecchiature elettriche, in particolare quelle usate a distanza ravvicinata dalle persone e per estesi periodi di tempo) e quella “occupazionale” (i livelli rilevati sul luogo di lavoro dovuti alla vicinanza di apparecchi elettrici, come trasformatori, fotocopiatrici, grossi motori elettrici etc.). 

Organizzazione Mondiale della Sanità

Nella dichiarazione firmata a Londra durante la Terza Conferenza Ministeriale su Ambiente e Salute nel 1999, l’Organizzazione Mondiale della Sanità è stata incoraggiata a tenere in considerazione “la necessità di applicare rigorosamente il principio di precauzione nella valutazione dei rischi e di adottare maggiori iniziative ed un approccio più preventivo nei confronti di potenziali danni alla salute”. Sulla scia di tale raccomandazione, il legislatore europeo ha approvato, il 2 febbraio 2000, un importante comunicato sul principio di precauzione, fornendo linee guida per la sua applicazione.

A livello nazionale, portavoce di questa nuova corrente normativa è stata la legge n. 36 del 22 febbraio 2001 “legge quadro sull’elettrosmog”. In attuazione della legge quadro sono stati emanati due DPCM, entrambi datati 8 luglio 2003 (negli anni successivi sono stati adeguati all’evoluzione della normativa europea), che hanno fissato i limiti di campo elettromagnetico emesso dagli elettrodotti e dagli impianti ad alta frequenza (stazioni di telefonia mobile, radio e televisive). Per gli elettrodotti il valore di attenzione è stato fissato a 10 microtesla, un limite dieci volte inferiore di quello adottato dai paesi UE. I decreti hanno inoltre fissato gli “obiettivi di qualità” che per gli elettrodotti è di 3 microtesla. Questo obiettivo deve essere rispettato (entro l’anno 2012) nella progettazione di nuovi elettrodotti. Per quelli già esistenti tale limite deve essere raggiunto nei tempi e nei modi stabiliti nei piani di risanamento, prevedendo tra le priorità le aree gioco per l’infanzia e cominciando a intervenire nelle situazioni caratterizzate dai maggiori livelli di esposizione.

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