Nicolai Lilin: “La Siberia sta morendo”

Dopo lo sversamento nel fiume Ambarnaya di 20mila tonnellate di diesel, l’habitat naturale della Siberia rischia ancora di più il tracollo a causa dello sfruttamento delle sue risorse naturali, da parte dell’industria petrolifera e del legname

«Il problema più grave della Siberia? Gli incendi appiccati dai trafficanti di legname per cancellare le tracce del disboscamento illecito e selvaggio che, da venti anni, colpisce una delle più importanti zone naturalistiche del pianeta». Le parole di Nicolai Lilin sono come un diretto sferrato da un pugile al suo avversario. Lo scrittore e artista di origini russe autore di Educazione siberiana  e che dal 2010 vive e lavora a Milano, è da anni impegnato nel sensibilizzare l’opinione pubblica su ciò che accade in quella che i russi chiamano “la terra che dorme”.

Cartoline dalla Siberia

Fuoco e fiamme: lande devastate da incendi. Gasolio e petrolio: sversamenti nei bacini idrografici e inquinamento delle acque. L’inferno dantesco è servito. «Cina e India sono i maggiori acquirenti di legname siberiano: il volume di affari si aggira attorno ai 45/50 miliardi di dollari l’annoÐ, dice Nicolai Lilin, che evidenzia con forza  «il disboscamento è favorito da funzionari corrotti delle autorità locali che, non essendo in grado di contrastare il fenomeno illecito, preferiscono trarne profitto». Gli incendi dolosi sono lo strumento per nascondere le prove del disboscamento. Secondo Greenpeace Russia, nel 2019 sono andati in fumo oltre 15 milioni di ettari di foreste (dati del Remote Monitoring Information System dell’Agenzia Forestale Federale Russa): gli esperti stimano che l’abbattimento illegale di alberi in Russia è pari al 15-30% del volume totale. «Quest’anno, tra marzo e aprile, 2,5 milioni di ettari di foresta nel Territorio della Transbajkalia, una regione che si trova a destra della riva del lago Baikal, sono andati in cenere – dice con rabbia Nicolai Lilin, che incalza – in quella bellissima zona vive la tigre del’Amur (tigre siberiana, ndr), esemplare in via di estinzione: quando parliamo di incendi non dobbiamo dimenticare la strage degli animali che compongono la fauna locale».

L’oligarca Potanin

Nicolai Lilin
Nicolai Lilin

Vladimir Olegovich Potanin è il presidente della Norilsk Nickel, principale produttore mondiale di nichel e palladio. La sua azienda è responsabile dello sversamento nel fiume Ambarnaya di 20.000 tonnellate di diesel, causato dal cedimento strutturale di un serbatoio. «Secondo me, Potanin è un criminale – afferma con decisione Nicolai Lilin, che sottolinea – Putin ha difeso il suo amico-oligarca dimostrando di non essere dalla parte dei cittadini siberiani: non è un politico, ma un manager che usa la Russia per il tornaconto suo e dei suoi amici».

In effetti, Vladimir Putin non ha acconsentito a silurare Potanin, accettando di buon grado la disponibilità della Norilsk di finanziare completamente l’operazione di bonifica. «La Russia ha un grande problema: ha ereditato dall’URSS impianti industriali vecchi e malandati – rivela Nicolai Lilin, che continua – la mancanza di manutenzione è la principale causa degli incidenti che causano disastri ambientali: oligarchi come Potanin sono al di sopra della legge, non hanno a cuore l’ambiente ma esclusivamente il loro profitto, non investono in sicurezza». Il serbatoio da cui sono fuoriuscite le migliaia di tonnellate di carburante era compromesso nella sua integrità. «Già nel 2014, attivisti ambientali locali hanno più volte segnalato alla magistratura la pericolosità di quei serbatoi, vecchi e pieni di ruggine» dice Nicolai Lilin, che amareggiato rivela: «nel 2017, gli attivisti sono stati denunciati dalla Norilsk per diffamazione e condannati dalla magistratura a pagare una sanzione: solo tre anni dopo i risultati sono sotto gli occhi di tutti». Un disastro ambientale previsto e annunciato, ma non ascoltato. Allo stato attuale, l’intero bacino idrico, fatto di fiumi, affluenti e laghi nati dallo scioglimento del permafrost (altro grande problema ambientale) sono irrimediabilmente inquinati. Lo sversamento sta raggiungendo il mare di Kara, porzione meridionale del mar Glaciale Artico. Le conseguenze, come è immaginabile, saranno catastrofiche per tutta l’umanità.

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La Siberia è di tutti

«C’è bisogno di un meccanismo internazionale imparziale, condiviso da tutti i paesi del mondo, in grado di intervenire tempestivamente là dove accadono disastri ambientali – aggiunge Lilin – la Russia è pericolosa perché non è in grado di gestire e tutelare il suo patrimonio naturale, inoltre ha ereditato dall’Unione Sovietica una pericolosissima industria nucleare e un’obsoleta industria dell’estrazione del petrolio». Nicolai fa un esempio per meglio far comprendere il suo pensiero: «Estrarre petrolio in Texas è diverso dal farlo in Siberia per due motivi: innanzitutto, c’è un’enorme differenza di tecnologia e sicurezza, poi c’è molto più controllo da parte degli enti governativi e le associazioni ambientaliste hanno voce in capitolo: tutto ciò, non accade in Russia».

Nelle foreste della Siberia ci sono interi laghi contaminati dal petrolio fuoriuscito da pozzi limitrofi.  «Non abbiamo bisogno di istituzioni mezze morte come quella dell’ONU, piene di burocrati inutili che non sanno cosa succede nel mondo: servono persone attive, pronte a partire e verificare concretamente i danni causati dall’uomo – dice senza mezzi termini Nicolai Lilin, che aggiunge – bisogna sanzionare quel paese che crea un danno ambientale, perché non lo fa solo a se stesso ma a tutta l’umanità». Assieme alle foreste amazzoniche, quelle siberiane sono un altro importante polmone verde che contribuisce a produrre ossigeno necessario per la vita.

Una rivoluzione politica verde

Le elezioni politiche del 2019 per il rinnovo del Parlamento Europeo hanno portato nell’emiciclo 67 deputati del gruppo Verdi Europei. Un risultato importante. E l’Italia? Non ha conquistato neanche un seggio. Per fare un paragone: Germania e Francia hanno eletto rispettivamente 25 e 13 rappresentanti.  «Peccato che un paese come l’Italia non abbia neanche un deputato dei Verdi nel Parlamento Europeo – afferma Nicolai Lilin, che continua – citando Marx, possiamo dire che la politica italiana è un ambiente pieno di “strutture e sovrastrutture”, dove singoli cittadini coscienziosi subiscono meccanismi politici che favoriscono solo alcune cerchie».

Gli anni a venire saranno decisivi per la lotta ai cambiamenti climatici, ma c’è bisogno di un’azione politica comune. «Le questioni ambientali diventeranno primarie nell’agenda politica:  non avere rappresentanti politici, a qualsiasi livello, preparati in tematiche green è grave, non possiamo ancora essere rappresentati in Europa da gente rimasta ai livelli di pensiero degli anni ’70». L’autore del bestseller “Educazione siberiana” conclude: «C’è bisogno di una rivoluzione politica verde che coinvolga movimenti politici e cittadini: l’Italia non può essere esclusa, deve diventare protagonista di questo cambiamento epocale».

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