
L’addio ad Alessandro Leogrande. Filosofo, giornalista e scrittore tarantino, stroncato da un malore a 40 anni
Non rientrava nella categoria di quelli ‘pallosi’ con cui dovevi parlare solo di temi seri e impegnati. E magari anche con lo sguardo triste d’ordinanza, perché fa più ‘radical chic’. No, assolutamente. Alessandro Leogrande dietro quella scorza di serietà sapeva ridere e sorridere. E aveva tante passioni, a cominciare dal calcio. Un’altra delle tematiche su cui ha lasciato uno scritto. Anzi una antologia di racconti: ‘Ogni maledetta domenica’. La sua peculiarità, però, era quella – al di là della reale fede calcistica -, di fare il tifo, sempre, per chi partiva sconfitto in partenza. Che fossero migranti, schiavi del Terzo millennio, suoi concittadini tarantini alle prese con l’inquinamento dell’Ilva, indossava sempre la maglietta dello stesso colore ed entrava in campo al loro fianco.
E di volta in volta, ricopriva tutti i ruoli. Lo vedevi macinare chilometri come un solerte terzino – tra una presentazione e un’altra, tra un festival e un dibattito –, oppure ‘parare’ gli insulti gratuiti e quegli slogan qualunquisti ai danni dei migranti del Sud del mondo. La sua laurea in filosofia lo rendeva capace di intuizioni letterarie degne di un fantasista in mezzo al campo e poi, non disdegnava la fase della finalizzazione. Che nel suo caso, si concretizzavano in una serie di libri e premi. Due su tutti: nel 2008, Uomini e caporali. Viaggio tra i nuovi schiavi nelle campagne del Sud (Premio Napoli-Libro dell’anno, Premio Sandro Onofri, Premio Omegna, Premio Biblioteche di Roma). L’altro è Il naufragio. Morte nel Mediterraneo (Feltrinelli), con cui ha vinto il Premio Ryszard Kapu?ci?ski e il Premio Paolo Volponi.
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Il suo Sud. I Sud del mondo. Li intrecciava sempre. Non dimenticando l’impegno per la sua terra. A Taranto dedicò quell’ormai celebre Fumo sulla città. Una città che narrò come “simbolo profondo delle contraddizioni del Mezzogiorno d’Italia e delle sue sconfitte”. Dell’acciaieria – e del suo impegno sociale – ha continuato a parlarne nelle altre realtà con cui collaborava. La sua firma ha fatto capolino su Lo Straniero,, la rivista diretta da Goffredo Fofi di cui è stato vicedirettore, sul Corriere del Mezzogiorno, Internazionale, Riformista, Pagina99, la rivista Minima&Moralia e la sua voce ha accompagnato gli ascoltatori di Primavera Radio Popolare Salento, prima, e di Rai Radio 3 poi. E’ riuscito, però, a scongiurare il rischio di trasformarsi in un ‘professionista del terzo settore e del sociale’, restando un militante.
Alessandro Leogrande non c’è più. Stroncato da un malore, a soli 40 anni, nella sua abitazione di Roma. Era appena rientrato, neanche a dirlo, da un incontro letterario, a Campi Salentina, per la ‘Città del libro’.
La sua squadra, però, non giocherà con un uomo in meno. In campo ci entreranno i suoi scritti. Quelli che, in un commosso ricordo, sono stati definiti come “la sua eredità intellettuale”. Di un uomo capace di “scrivere del Sud, demistificando certi irriducibili stereotipi”. E restituendo dignità. A tutti. Senza esclusione.
Addio, Alessandro.