Materie prime: esplodono produzione e consumo negli ultimi 40 anni, ma i prezzi “reali” sono quasi stabili

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Uno degli effetti della guerra e delle sanzioni non troppo evidenti e di cui si parla poco è il grande passo all’indietro nel processo di decarbonizzazione dell’economia (foto Tom Fisk da Pexels)

Contrariamente a quello che si può pensare, in vari casi i prezzi delle materie prime sono relativamente stabili e questo significa che il forte incremento della domanda è stato compensato dall’importante aumento dell’offerta, grazie al progresso tecnologico e scientifico. La rivoluzione in agricoltura. Aumenta la produzione di metalli strategici come il litio

 

di Alessandro Giraudo*

In un meno di 40 anni è stato registrato un aumento importante della produzione di materie prime agricole, minerarie e dell’energia. Ed i prezzi reali (che tengono conto dell’inflazione del dollaro perché tutti i prezzi sono espressi nella divisa americana) hanno subito degli incrementi relativamente moderati, grazie all’incredibile sviluppo ed al progresso della tecnologia. Questa realtà può smentire in modo netto le previsioni catastrofiche del Club di Roma degli anni Settanta.

Quanto vale il mercato delle materie prime?

 

Secondo le stime di questa tabella, il valore del mercato delle materie prime è stimato per il 2019 a un po’ più di 7,2 trilioni di US$. Questo ammontare sottostima la realtà perché i calcoli sono stati realizzati tenendo conto dei corsi delle materie prime sulle borse, ma non tutte sono quotate; esiste ancora molto autoconsumo (soprattutto nei paesi meno sviluppati), il mercato nero ed il contrabbando rimangono una piaga significativa in varie regioni. È quindi possibile rivedere la stima ad almeno otto trilioni di dollari, un po’ meno di un decimo del PIL mondiale.

Sono state scelte due date precise per comparare i volumi di produzione: 1975 e 2019. La scelta del 1975 è motivata dal fatto che la grave crisi energetica dell’ottobre 1973 aveva scatenato una rivoluzione nel mondo delle materie prime. La scelta del 2019 è motivata dal fatto che la crisi del Covid non aveva ancora modificato sensibilmente gli equilibri fra domanda ed offerta; queste due variabili sono state fortemente influenzate dalle decisioni ammnistrative di chiudere centri di produzione e di limitare la mobilità delle persone con un impatto diretto su produzione e consumi.

Evoluzione della produzione di alcune materie prime negli ultimi 40 anni

Questo impressionante incremento dell’offerta di materie prime ha permesso di soddisfare un altrettanto impressionante aumento della domanda. La popolazione mondiale nel 1950 era di 2,6 miliardi di persone, nel 1975 era salita a 4,079 miliardi, nel 2019 era di 7,713 miliardi e nel mese di maggio di quest’anno era stimata a un po’ più di 7,9 miliardi! Un paio di altre statistiche possono illustrare il fenomeno.  Nel 1975 l’agricoltura pesava un po’ più di 1/3 nella composizione del PIL mondiale, contro il 17% del 2019 ed il settore industriale rappresentava più del 40% nel PIL del 1975, contro i 30% attuale, anche se in Cina l’industria partecipa per più del 40% alla composizione del Pil, in questo momento.

Ci sono vari elementi che spiegano l’evoluzione dell’incredibile incremento della produzione mondiale di materie prime. Innanzitutto, l’agricoltura utilizza i concimi in quantità molto elevate, probabilmente esagerate. Molte terre agricole che sono state fecondate per vari secoli dal letame e sono state lavorate con gli strumenti a mano dai contadini, eventualmente con l’aiuto degli animali e degli aratri sono, ora, lavorate da potenti mezzi meccanici con l’impiego di irrigazione artificiale, concimi speciali, sementi altamente selezionate (per esempio l’utilizzo degli OGM) e antiparassitari. Molto spesso gli agronomi analizzano il trio natura della terra-clima-disponibilità dell’acqua per suggerire il tipo di vegetale da seminare.

L’impressionante “rivoluzione” russa

Un caso molto evidente è rappresentato dall’incredibile evoluzione dell’agricoltura dell’Unione Sovietica. Nel corso degli anni ’70-’80, l’URSS era uno dei grandi importatori mondiali di cereali, prodotti oleaginosi e zucchero. Per esempio, nel 1985 l’URSS importò 47 milioni di tonnellate di cereali (record). Nel 2019 la produzione di cereali della Russia e dell’Ucraina (senza considerare quella del Kazakistan e degli altri paesi ex-sovietici) è stata di 190.4 milioni di tonnellate su un totale mondiale di 2139 milioni, ma le esportazioni (Russia ed Ucraina) hanno superato i 92.8 milioni e rappresentato il 25% delle esportazioni mondiali di tutti i cereali. Questa rivoluzione agricola del mondo ex-sovietico è stata realizzata con un impressionante cambiamento dei sistemi politico-sociali di produzione, la meccanizzazione, l’efficace riduzione degli sprechi, con una migliore organizzazione del lavoro e dei raccolti e con il largo impiego delle tecniche e delle scienze agronomiche.

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La rivoluzione agricola del mondo ex-sovietico è stata realizzata con un impressionante cambiamento dei sistemi politico-sociali di produzione, la meccanizzazione, l’efficace riduzione degli sprechi, con una migliore organizzazione del lavoro e dei raccolti e con il largo impiego delle tecniche e delle scienze agronomiche (foto Igor2008_pixabay)

Ed è interessante osservare che le superfici destinate all’agricoltura nel mondo, contrariamente a quanto potrebbe essere immaginato, non sono state modificate in misura importante. Sul nostro pianeta solo il 29% della superficie è occupata da terre emerse.  Nel 1975, il 37.4% di queste aree era destinato all’agricoltura; la percentuale è salita ad un massimo storico nel 1989 con il 39% per poi ridiscendere al 37% di questi giorni. Quindi anche l’agricoltura mondiale ha vissuto la stessa rivoluzione tecnica dell’agricoltura del sistema sovietico.

L’impiego di fertilizzanti è molto massiccio: negli anni Sessanta i paesi con economie avanzate utilizzavano l’88% della produzione mondiale di fertilizzanti; questa quota è scesa al 45% con il peso inferiore delle produzioni agricole di questi paesi sulla produzione mondiale mentre la quota del consumo di fertilizzanti negli altri paesi è salita dal 12% al 55%. Evidentemente, questi prodotti hanno un effetto negativo sulla terra e sulle falde acquifere anche se permettono di incrementare in misura significativa i volumi delle produzioni agricole, come lo fanno i pesticidi. È interessante ricordare che il più grande produttore di concimi è la Russia (nel mondo, il 70% della produzione è realizzata con il gas) ed il Brasile è il principale importatore mondiale.

È necessario segnalare il forte incremento della produzione di soia: si tratta di un’importante componente nella alimentazione destinata all’allevamento degli animali il cui consumo sale in misura sensibile in tutto il mondo con un aumento del potere di acquisto di numerose popolazioni, in particolare il mondo cinese che è diventato un grande produttore di carne, con i famosi “hotel per suini”. Si tratta di allevamenti strutturati come dei grattacieli su otto piani collegati dagli ascensori che trasportano animali, mangimi, letame ed altri prodotti. Le statistiche sulla produzione di animali da allevamento sono molto chiare e confermano un più grande consumo di proteine animali ora disponibili sulle tavole delle popolazioni che possiedono più potere d’acquisto.

Caffè, cacao & Co

Anche il caffè ed il cacao, prodotti di consumo che una volta facevano parte del lusso, registrano degli incrementi importanti nella produzione. È il caso del caffè coltivato in Vietnam che, a parte il periodo della colonizzazione francese, non ha mai apprezzato questa bevanda; ora, il paese è il secondo produttore mondiale dopo il Brasile, proprio per limitare i rischi delle gelate invernali in Brasile sulle colline al sud di Rio (stati di Minas Gerais, San Paolo e Paraná), dove il caffè è coltivato per essere esportato principalmente verso le due più grandi aree consumatrici: l’Europa e gli USA. Nel caso del cacao sono entrati in pista nuovi produttori in Asia: l’Indonesia (ormai quarto produttore mondiale), il Vietnam, la Thailandia, le Filippine, la Malesia con un fonte incremento della produzione ed anche del consumo: adesso, l’Asia rappresenta circa un quarto della domanda mondiale.

Anche la produzione di zucchero è salita in misura sensibile con un importante aumento dell’offerta di zucchero prodotto con la canna che dal 1965 ad oggi è stata moltiplicata per quattro.

La produzione di vino, classico prodotto del Mediterraneo, ha registrato un balzo incredibile. Varie regioni nel mondo hanno osservato che in certe zone con climi temperati le condizioni climatiche sono simili a quelle del bacino mediterraneo; inoltre, le terre sono molto feconde. Allora, è esplosa la vinificazione in California, Cile, Argentina, Africa del Sud, Australia ed anche in certe regioni della Cina. La partecipazione di enologi francesi ed italiani registra un grande successo, senza dimenticare lo sviluppo incredibile della produzione di uva da tavola… e l’India ormai figura nella lista dei produttori dell’uva di varietà “Italia”.

Petrolio: la produzione moltiplicata per dieci in 70 anni

 Secondo le statistiche della BP, la produzione mondiale di petrolio è salita da circa dieci milioni di barili/giorno del 1950 a cento milioni di questi giorni…ma i prezzi sono saliti da 1.5$/b a più di 100 dollari attuali. Tenendo conto della perdita di valore del dollaro durante gli ultimi 70 anni, il petrolio dovrebbe costare 12$ attuali.  Evidentemente i prezzi riflettono la nuova distribuzione delle carte fra i produttori ed i consumatori: la prima mano di questa lunga partita è iniziata nell’ottobre del1973. I corsi del petrolio hanno spinto i produttori a realizzare enormi investimenti ed a prendere rischi importanti. Ed i progressi tecnologici hanno fatto il resto.

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L’off-shore è stato sviluppato in larga misura con brillanti risultati ed importanti progressi sono stati registrati nelle estrazioni di shale-oil con una riduzione superiore al 50% nei costi di produzione, anche se l’impatto ambientale alimenta molti dubbi (foto wasi1370 da Pixabay)

Oggi si estrae del petrolio fin ad  una profondità di 6mila metri (massimo attualmente), le trivellazioni da sempre praticate verticalmente sono ora anche realizzate con inclinazioni differenti e l’impiego di “scalpelli tricorni dentati” molto sofisticati. L’off-shore è stato sviluppato in larga misura con brillanti risultati ed importanti progressi sono stati registrati nelle estrazioni di shale-oil con una riduzione superiore al 50% nei costi di produzione, anche se l’impatto ambientale alimenta molti dubbi.

E le altre fonti di energia?

L’estrazione di carbone è stata fortemente incrementata con l’entrata in funzione di enormi giacimenti “open pit” in regioni dove anche del carbone di medio/bassa qualità (soprattutto la lignite) è estratto, come in Cina, India, Indonesia, Germania, Turchia. I macchinari utilizzati sono giganteschi e permettono di ridurre i costi e rendere competitivo il prodotto che, se estratto nelle classiche miniere con gallerie sotterranee, non potrebbe competere con la concorrenza.

Nel settore del gas, i progressi tecnologici sono stati straordinari con l’utilizzo della tecnica dello shale-gas, della liquefazione-rigassificazione, del trasporto del GNL con più di 2000 metaniere (erano 1577 solo nel 2013) e di grandi quantità di gas con i gasdotti (più di 1200 in funzione nel primo trimestre 2022).

La produzione di energia elettrica ha registrato una vera esplosione. Il progresso non è da accreditare al mondo sviluppato; molti paesi emergenti hanno installato grandi capacità di produzione con differenti formule (fossile, nucleare, idro) e le 442 centrali nucleari esistenti sono state costruite soprattutto dopo la crisi energetica del 1973 per ridurre la dipendenza dai produttori di petrolio. Nel passato, erano in media impiegati sette anni e mezzo per costruire e mettere in funzione una centrale nucleare; attualmente, il tempo necessario è raddoppiato con l’introduzione di nuove tecnologie e, soprattutto, di standard di sicurezza molto più esigenti ed elevati. Naturalmente, lo sviluppo della produzione di energia eolica e solare continua a procedere a tappe forzate, ma i primi centri di produzione dei due tipi di energia sono stati inaugurati solamene verso il 2003, con un significativo incremento nella qualità tecnologica.

Riduzione dei tenori ma produzione di metalli quasi triplicata

Durante questi ultimi quarant’anni, in media i tenori delle miniere sono state dimezzati ma la produzione è stata raddoppiata, in certi casi triplicata con alcune punte ancora più elevate. Dietro questa realtà ci sono due importanti fenomeni: i massicci investimenti in numerosi settori minerari e gli enormi progressi tecnologici che hanno permesso di assorbire la discesa vertiginosa dei tenori delle miniere e di aumentare in misura importante la produzione.  Ormai molte miniere lavorano con dei tenori medi prossimi a 4 kg di metallo puro per tonnellata di minerale e bisogna tenere conto del fenomeno dello stripping ratio, cioè il volume di terra che è necessario estrarre per ottenere una tonnellata di minerale da cui si ottengono alcuni chili di metallo puro. Anche in questo caso, il rapporto dello stripping è salito: ci vogliono più tonnellate di terra “sterile” (da estrarre comunque) per ottenere una tonnellata di minerale che, a sua volta, è lavorato per produrre dei lingotti di metallo puro. Questo spiega l’abbandono progressivo di miniere con rendimenti insufficienti (soprattutto in Europa) ed il ricorso alla tecnica degli open pit (in particolare in Asia, America Latina, Africa) dove giganteschi dumper (camion da cava) scendono nell’enorme buco “dantesco” per essere caricati di terra da gigantesche draghe. Ormai molte miniere sono dotate di dumper da 350 tonnellate ed alcune impiegano i dumper “Belaz” bielorussi che possono trasportare 450 tonnellate, cioè il carico di una dozzina di camion semirimorchio che viaggiano sulle autostrade europee. Varie imprese stanno introducendo dei veicoli tele-guidati da autisti localizzati al bordo della miniera o anche in uffici molto lontani che permettono loro di lavorare in un ambiente molto più confortevole. Altri macchinari nelle miniere di fondo sono ora manovrati da personale a distanza e/o dai computer, con un ampio ricorso all’intelligenza artificiale e ai droni impiegati per la sicurezza e la sorveglianza delle miniere a cielo aperto. Droni e tecnologie sempre più sofisticate sono utilizzati nella prospezione e nello sviluppo delle attività minerarie.

 Da più di una ventina di anni, quando una miniera a cielo aperto raggiunge il fondo del grande pozzo, condizione che crea una situazione difficile di operabilità e di sicurezza, se esistono ancora dei filoni sfruttabili sotto il pozzo, allora sono aperti gallerie e cunicoli sotterranei.  Evidentemente, è necessario modificare integralmente l’organizzazione del lavoro, anche se sono conservati gli impianti di raffinazione per ottenere del metallo puro, se questi esistono nei pressi della struttura mineraria.

Le dimensioni delle miniere sono salite: per esempio, nel caso delle miniere di rame, le prime dieci in classifica in termini di volume di metallo prodotto rappresentano un quarto di tutta l’offerta mineraria di questo metallo nel mondo; si tratta quindi di miniere veramente molto grandi, localizzate essenzialmente nella catena montuosa che va dalle Ande alle Montagne Rocciose degli USA.

È interessante segnalare il caso dell’industria mineraria dell’oro, dove i tenori sono stati più che dimezzati. Negli anni Settanta, l’Africa del Sud era il principale produttore del metallo giallo con dei tenori medi superiori ai sette grammi/tonnellata che permettevano alle imprese di estrarre del minerale anche a 4000 metti nel sottosuolo. Ma i tenori sono scesi e varie miniere nel mondo erano pronte a sospendere le attività; solo il rialzo dei prezzi del metallo ha evitato queste chiusure e permette a certe imprese localizzate in Australia e negli arcipelaghi all’est del grande continente di lavorare in miniere a cielo aperto con un tenore di 0,5 grammi/tonnellata!

D’altro canto, le imprese cercano di valorizzare i sottoprodotti dell’estrazione principale, operazione che nel passato era realizzata solamente se i tenori di questi sottoprodotti erano elevati. Ora, le miniere riescono ad ottimizzare tutta la produzione. Per esempio, numerose miniere di rame producono anche del cobalto; altre che sfruttano giacimenti di stagno, di piombo o di zinco estraggono con delle tecnologie sofisticate dei metalli come argento e oro, talvolta dei platinoidi. Bisogna ricordare che una grande quantità di argento (quasi il 50%) è ottenuta come sottoprodotto di miniere di metalli di base.

L’industria mineraria mondiale continua a svilupparsi con degli investimenti nelle vecchie miniere per aumentarne la produzione ed in miniere totalmente nuove; basta citare i nomi delle miniere recenti entrate in produzione nel corso dell’ultimo decennio: Freeport Gansberg (Indonesia), Cerro Verde (Peru), las Bambas (Peru) e Kakula (RDC). Ma bisogna anche segnalare che fra il momento di decidere degli investimenti di prospezione ed il primo lingotto di metallo puro passano 10-15 anni: si tratta di investimenti pesanti e rischiosi. Negli ultimi anni numerose banche internazionali proprio specializzate nel “project finance” hanno abbandonato questa attività.

Produzione e consumo di terre rare in aumento

Esistono poche statistiche del passato sulla produzione di terre rare e di metalli strategici. Uno studio dell’USGS stima la produzione di cerio, lantanio, neodimio, terbio, disprosio ed altre terre rare a 64.500 tonnellate nel 1994: la produzione è salita a 280.000 tonnellate nel 2021. È possibile osservare lo stesso fenomeno nella estrazione di altri metalli strategici, fra cui il litio; sempre secondo le stime dell’USGS, la produzione mondiale del 1994 è stata di 6100 tonnellate… e di 100mila tonnellate nel 2021! La domanda per la produzione di batterie destinate all’industria automobilistica e ad altri settori è esplosa.

Infine, bisogna menzionare il riciclaggio. Quando le quotazioni dei metalli sono elevate, il fenomeno del recupero è largamente favorito. Si stima il volume del mercato del riciclaggio a un po’ più di 700 milioni di tonnellate per un ammontare di 908 miliardi di dollari. Le stime per i prossimi anni anticipano un incremento annuo di almeno il 5%, tenendo conto dei prezzi elevati dei metalli e dell’orientamento politico-sociale che favorisce il recupero dei metalli e la riduzione massiccia dello spreco.

Evoluzione dei prezzi “reali”

 È molto interessante osservare l’evoluzione dei prezzi di tutte le commodities nel lungo periodo. I prezzi sono espressi in US$, quindi devono essere deflazionati per poter essere comparati nel tempo. Si nota che in vari casi i prezzi sono relativamente stabili e questo significa che il forte incremento della domanda è stato compensato dall’importante aumento dell’offerta, grazie al progresso tecnologico e scientifico. Evidentemente, ci sono dei momenti di tensione sui prezzi che coincidono con i picchi dei cicli economici, sovente amplificati dalla speculazione (del mondo finanziario, ma anche dei produttori e dei consumatori).

Il comparto dell’energia registra le fluttuazioni più violente. Questo conferma il cambiamento geopolitico degli equilibri sui mercati: si tratta di un braccio di ferro fra produttori e consumatori, vinto dei primi a causa dell’incremento enorme del consumo di energia nel mondo, un prezzo da pagare per garantirne lo sviluppo. Bisogna ricordare che proprio la grande disponibilità di energia (inizialmente il carbone e, in seguito, il petrolio) ha favorito il decollo dello sviluppo economico mondiale a partire dal XVIII° secolo. Carbone, petrolio, elettricità, gas poi l’atomo hanno rimpiazzato delle energie a basso rendimento come quelle prodotte dai muscoli degli uomini (e degli schiavi), dagli animali, dal carbone di legna, dall’acqua e dal vento…anche se, forse, l’umanità si riorienta ad utilizzare acqua, vento e sole…nuovamente.

(*Alessandro Giraudo vive a Parigi da vari anni, economista, insegna Finanza Internazionale e Storia della Finanza in una Grande Ecole di Parigi ed è autore di vari libri di storia economica)

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