Mascherine a scuola sì o no, chi ha ragione?

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Mascherine chirurgiche o di comunità a scuola?(Foto August de Richelieu da Pexels)

 Pediatri: “La chirurgica a scuola non è sempre obbligatoria”. Iss conferma: “Sul sito del Miur c’è un’incongruenza”. Intanto novità sul vaccino Jhonson & Jhonson: necessaria la seconda dose

 Per l’anno scolastico 2021/22 il Ministero dell’Istruzione ha permesso la riapertura delle scuole con obbligo di utilizzo della mascherina chirurgica per tutti gli studenti di età superiore ai 6 anni, eccezion fatta per lo svolgimento di attività sportive e per i soggetti con patologie o disabilità. Ma se si domanda all’Istituto Superiore di Sanità (Iss), la risposta è “La mascherina chirurgica a scuola non è obbligatoria. Lo diventa solo nel caso di istituti che non siano stati in grado di garantire la distanza di almeno un metro tra un banco e l’altro, nelle classi”. Lo ha chiarito l’Istituto Superiore di Sanità per voce di Paolo D’Ancona, del Dipartimento di Malattie infettive dell’Istituto.

«Invece, nel sito del Ministero dell’Istruzione (a questo link), si dice (erroneamente): “A prescindere dalla situazione epidemiologica, il dispositivo di protezione respiratoria previsto per gli studenti è la mascherina di tipo chirurgico”», rileva Elena Uga, pediatra dell’Associazione culturale pediatri (Acp). «Si tratta di una evidente incongruenza con le indicazioni date dall’Iss,dove nell’ambito esclusivo dell’uso di mascherine in posizione statica, e dunque in classe, si dice che “La mascherina chirurgica è indispensabile laddove non sia possibile il distanziamento di almeno un metro”, per tutti gli altri casi, cioè ove questa distanza in classe è rispettata, la chirurgica non è obbligatoria». «Il ministero dell’Istruzione ha un’incongruenza all’interno del proprio sito, che provvederò a segnalare», ribadisce anche l’esperto di DPI dell’Iss.

Botta e risposta sulle mascherine di comunità

Tuttavia, l’Iss chiarisce che la nota del Ministero dell’Istruzione dello scorso anno, datata 5 novembre 2020, n.1990, che stabiliva che, oltre alla mascherina chirurgica, “possono essere utilizzate anche mascherine di comunità, ovvero mascherine monouso o mascherine lavabili, anche auto-prodotte in materiali multistrato idonei a fornire un’adeguata barriera, e al contempo forniscano comfort e respirabilità, forma e aderenza adeguate che permettano di coprire dal mento al di sopra del naso” non è stata presa in considerazione quest’anno «per via dei timori legati alla variante delta», precisa D’Ancona, che continua «Si tratta comunque di una decisione del Cts che ha valutato il fatto che, mentre c’è uno standard condiviso, e precise caratteristiche ampiamente testate per la mascherina chirurgica, altrettanto non si può dire per le mascherine di comunità, che nel nostro Paese non ha requisiti standardizzati».

«Eppure nessun obbligo di mascherina chirurgica è imposto per gli uffici, dove, al chiuso, si lavora affianco anche con le mascherine di comunità. Possibile che, per una pandemia verso la quale, come sottolinea l’OMS, i più giovani si sono sempre mostrati più resistenti, siano proprio loro a dover rispettare le regole più rigide?», risponde Uga, che chiarisce: «Non esistono evidenze solide che al di fuori dei setting sanitari l’uso della mascherina chirurgica riduca il rischio di contagio rispetto a quella di comunità, con o senza variante Delta. A scuola l’attenzione non andrebbe posta sulla tipologia di mascherina, ma andrebbero fornite a studenti e famiglie chiare indicazioni sulla corretta modalità di utilizzo».

La richiesta dell’Associazione Culturale Pediatri

Per questo, l’Associazione Culturale Pediatri (Acp) aderisce all’appello per riammettere la possibilità di utilizzare mascherine di comunità a scuola, avanzata tra gli altri dall’Associazione tRiciclo, e in sintesi, chiede al MIUR di riammettere la possibilità di utilizzare mascherine di comunità e di stimolare studenti, famiglie e dipendenti all’uso di mascherine chirurgiche certificate lavabili, magari con opportune campagne di sensibilizzazione all’utilizzo corretto, anche distribuendole al posto dell’usa e getta. Da ricordare che ad oggi, l’Organizzazione Mondiale della Sanità conferma la raccomandazione di utilizzare le mascherine nelle stesse circostanze degli adulti solo a partire dai dodici anni.

E negli altri Paesi?

La Svizzera addirittura non ha introdotto l’utilizzo della mascherina. Anche in Francia, l’uso della mascherina non è più obbligatorio nelle scuole primarie, dai 6 ai 12 anni, se il tasso di incidenza di Covid si è stabilizzato al di sotto della soglia di incidenza di 50 per 100.000 abitanti per almeno cinque giorni (ovvero il rischio basso che determina la zona bianca anche nel nostro Paese). Solo gli Stati Uniti hanno una raccomandazione (non un obbligo) più stringente di noi, con i CDC – Centers for Disease Control and Prevention – che invitano all’utilizzo delle mascherine (non per forza chirurgiche) a scuola dai 2 anni e la vaccinazione dai 12 anni, indicazione seguita in alcuni Stati.

Uga (ACP): “Un danno per l’ambiente”

«Finora, la nostra scelta ha comportato “un grave e ingiustificato dispendio economico e ambientale” – continua Elena Uga – L’anno scorso, secondo i calcoli di Tuttoscuola, i primi di aprile avevamo già consumato oltre un miliardo e mezzo di mascherine, smaltite tra i rifiuti indifferenziati, ma anche disperse all’aperto, con grave rischio di una allarmante contaminazione ambientale. E non dimentichiamo che, data la scomodità delle mascherine fornite dalle scuole, in moltissimi casi, quelle ‘gratuite’ sono finite direttamente nei rifiuti, e le famiglie ne hanno acquistato e ne stanno acquistando di ulteriori».

«La nostra richiesta è dunque di tornare ad ammettere l’uso della mascherina di comunità, o in alternativa, l’uso della mascherina chirurgica lavabile e riutilizzabile, che esiste ed è ampiamente diffusa in commercio, anche con certificazione dell’ISS. , conclude Uga. Le mascherine lavabili sono adeguate alla protezione in setting non sanitari, come sottolineato da OMS e verificato da numerosi studi, e possono essere pulite a casa lavandole opportunamente, e dunque il loro utilizzo è gestibile istruendo adeguatamente le famiglie».

Vaccino Jhonson & Jhonson sì al richiamo dopo 6 mesi

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Chi si è vaccinato con Janssen dovrà fare una seconda dose a sei mesi dalla prima inoculazione

La Commissione Tecnico Scientifica di AIFA si è espressa oggi sulla richiesta del Ministero della Salute se somministrare una dose di richiamo a quanti hanno ricevuto un’unica dose di vaccino Janssen e quando effettuare il richiamo. E la risposta è stata che la seconda dose va somministrata.

Questo perchè l’AIFA ha rilevato la risposta immunitaria copre la persona fino a 8 mesi dalla somministrazione di una dose di vaccino Janssen. Anche la protezione nei confronti di malattia grave, ospedalizzazione o morte risulta sostanzialmente stabile fino ad almeno 6 mesi dalla vaccinazione. Allo stesso tempo, tuttavia, con il passare dei mesi si osserva un lento declino dell’efficacia vaccinale nei confronti delle forme lievi/moderate di malattia.

Per l’AIFA quindi, è opportuna per i soggetti vaccinati con COVID-19 Janssen – quasi un milione e mezzo – la somministrazione di una dose booster con vaccino specialmente  mRNA (quindi Moderna o Pfizter) a partire da 6 mesi dalla prima dose.

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