Maltempo in Sicilia. Un disastro ambientale, politico, amministrativo e umano

La piazza di Catania divenuta un lago - Foto SIGEA Sicilia

I cambiamenti climatici si stanno manifestando continuamente in Italia e nel mondo. Quando i governi saranno in grado di cambiare la rotta?

Il maltempo di questi giorni che ha investito l’Italia e la Sicilia in particolare ha mostrato, senza alcun ombra di dubbio, come i cambiamenti climatici in corso, provocati dal nostro inquinamento, stiano modificando irrimediabilmente le nostre abitudini, il nostro territorio, la nostra vita.

Strade cittadine come fiumi, piazze come laghi, la furia dell’acqua che travolge persone e cose, la terra che si apre e le montagne che si sgretolano mentre il vento forte spezza alberi e scoperchia edifici, dimostrano che la gestione del suolo nel nostro territorio è stata completamente sbagliata, mirata più al profitto e ad interessi economici di pochi che alla sicurezza delle persone. La distruzione dell’ambiente e il mancato rispetto delle sue dinamiche naturali ora sono incontestabili. Forse la Natura ora sta iniziando a chiedere il conto per tutti gli abusi fatti dall’uomo.

Intanto, se oggi c’è allerta arancione in quasi tutta la Sicilia e allerta gialla in una sola parte e in Calabria, per giovedì e venerdì è attesa un’altra ondata di maltempo che potrebbe devastare il territorio già martoriato, provocando ulteriori danni.

I proclami della politica non servono più. Ora è arrivato il momento di agire. Subito.

La posizione della SIGEA

La piazza di Catania divenuta un lago dove si trova la storica pescheria allagata – Foto SIGEA Sicilia

Intanto i geologi continuano a denunciare quanto stia accadendo. Il geologo Sergio Di Marco, presidente della Società Italiana di Geologia Ambientale della Sicilia, ha dichiarato che «Nelle ultime 48 ore a Catania sono stati registrati 265 mm di pioggia, ovvero circa un terzo delle precipitazioni complessive annue che mediamente insistono sul territorio catanese. La frequenza con cui si ripropongono le drammatiche scene a cui stiamo assistendo in queste ore, dimostra inequivocabilmente che bisogna riprogettare lo sviluppo del territorio in un’ottica nuova, cercando di rimediare ad errori di decenni di mancate e inappropriate pianificazioni territoriali. Le mutate condizioni del clima, che hanno trasformato eventi metereologici eccezionali a cadenza pluridecennale in eventi frequenti che si manifestano anche più volte l’anno, richiedono un ulteriore sforzo e una progettazione che non sia solo di tipo emergenziale. La fragilità del territorio etneo sta emergendo in tutta la sua drammaticità. Vorrei sottolineare come le situazioni di grave criticità si stiano manifestando non solo nelle aree maggiormente urbanizzate ma anche in quelle rurali, interessando interi bacini idrografici sia per ciò che concerne le conseguenze dei deflussi idrici di piena che la stabilità dei versanti. Ciò è segno che l’individuazione delle misure di prevenzione e mitigazione dei rischi non possono essere demandate ai singoli amministratori locali, ma richiedono una visione di insieme che attenzioni globalmente l’assetto idrogeologico e tutte le componenti che concorrono a definirlo».

L’allarme del Centro Studi Alta Scuola

Ciò che resta dopo la furia dell’acqua – Foto SIGEA Sicilia

«Attenzione, perché i cambiamenti climatici potrebbero accentuare il rischio idraulico anche a danno del patrimonio culturale del Paese». L’allarme lanciato è di  Giovanni Selli, Presidente di Alta Scuola, l’istituto specializzato nella manutenzione e valorizzazione dei centri storici e del quale fanno parte Regione Umbria, Comune di Orvieto, Comune di Todi. «L’Italia – prosegue Selli – vive anche sui propri Beni Culturali e ben il 18.6% di questi sono in aree a rischio frana.  E non parliamo di singoli monumenti, ma anche di interi Borghi storici come Orvieto, Civita di Bagnoregio, Volterra, Todi; centri che meritano un interesse sempre nuovo per evolversi in Borghi sempre vivi in una piena Sostenibilità ambientale. Gli eventi di Catania sono ulteriore testimonianza dei cambiamenti climatici. È necessario pensare ad una pianificazione del futuro basata sulla sostenibilità e sull’adeguamento. L’opportunità data dal PNRR deve essere proprio questa: una convergenza di risorse affinché la Resistenza e la Resilienza siano occasione di trasformazioni strutturali che diano reale capacità alla nostra Nazione di reagire e adattarsi agli inevitabili cambiamenti climatici odierni, costruendo un futuro di mitigazione e riduzione delle emissioni dannose e di sfruttamento delle risorse».

Non ci resta quindi di stare in casa e rimanere con il naso all’insù, in attesa di scorgere all’orizzonte altri nuvoloni carichi di pensieri, preoccupazioni, parole, problemi, politica, precipitazioni e pioggia. E, una volta che passi tutto, attenderemo con ansia che sopraggiunga un’altra catastrofica emergenza.

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