L’estinzione dell’orso polare non è imminente. A sostenerlo sono i risultati della ricerca scientifica condotta dalla rivista Nature. Così l’animale simbolo della minaccia alla biodiversità, a causa del riscaldamento globale, non è spacciato. Tuttavia è necessario che l’uomo intervenga in tempi brevi con efficaci politiche di contrasto alle mutazioni del clima.
Incrociando i dati sulle proiezioni dello scioglimento dei ghiacci dell’Artico, in base all’andamento delle emissioni di gas serra, con le capacità di resistenza dell’orso bianco, una équipe formata da studiosi di vari atenei ed enti di ricerca statunitensi è giunta alla conclusione che diversamente da quanto creduto finora ci sono ancora concrete possibilità di scongiurarne la scomparsa.
In particolare a profetizzare l’estinzione dell’orso polare era stata una ricerca del 2007 realizzata dell’agenzia geologica United States Geological Survey, che aveva parlato della fine certa per due terzi della popolazione mondiale di Ursus maritimus entro il 2050. Queste proiezioni non avevano però preso in considerazione la possibilità di riuscire a rallentare lo sciogliemento dei ghiacci grazie all’azione di mitigazione ottenuta attraverso la riduzione delle emissioni di gas serra, in primis l’anidride carbonica.
La nuova ricerca è arrivata invece alla conclusione che esista un rapporto proporzionale tra la quantità di ghiaccio perso e il numero di orsi a rischio di estinzione. Risultati sostenuti anche da nuove proiezioni su come la termodinamica dell’interazione tra mare e ghiaccio sarebbe in grado di sovrastare un possibile rialzo delle temperature, innescato dall’assenza del potere riflettente della superficie ghiacciata.