L’inizio di qualcosa: Egnazia (Gnathia) e il vecchio sugli scogli

Egnazia, la Via Traiana

Vedere dall’alto, dalla strada che corre parallela al mare tra Monopoli e Torre Canne (nella provincia di Bari), i resti delle mura della città e del porto di Gnathia mi porta ad immaginare e percepire la forza d’animo prima, costruttiva dopo, degli uomini che costruirono sul confine tra il regno dei Peuceti e quello dei Messapi, lungo la Via Traiana, una piccola città sul mare, con il suo porto e con una particolarità: Gnathia era ed è ancora tormentata da acque limpidissime.

È probabile che la limpidità delle acque del mare abbia indotto i primi uomini a costruire per sé e per altri, edifici nell’età del Bronzo (XV – XII secolo a.C.). Ne è testimonianza un muraglione rinvenuto. Ma dopotutto si vede limpidamente la crescita della città. Segni leggibili oggi solo in pianta che riconducono a luoghi, funzioni, attività, vita.

Il parco archeologico dell'antica Gnathia

La Via Traiana è il centro e l’asse su cui si è sviluppata Gnathia, una via parallela al mare che scende da nord-ovest a sud-est. La vita intorno alla via portò una comunità a costruirsi spontaneamente una Basilica Civile, un Sacello per le divinità orientali, un Anfiteatro, un Foro e ancor prima una Basilica Maggiore e Minore con un Battistero in età Paleocristiana, attorniata da edifici civili; a guardarla oggi, secondo Hèdi Bouravi è, in proporzione, la Leptis Magna in Puglia. Ma soprattutto, ciò che mi ha incuriosito di questa piccola città è la costruzione di un porto di cui si conservano ancora tracce dei moli e dei suoi sofisticati sistemi di ancoraggio delle navi. Gnathia era indicata come area del porto imperiale e per tale motivo fu costruita, gestita e protetta. Tutta una volontà del fare racchiusa ancora oggi in blocchi di pietra locale scolpita sia a secco, sulla terra, sia in acqua nelle limpidissime acque del mare Adriatico.

I resti del porto con le mura megalitiche

La limpidità è dovuta alla roccia, alla sabbia granulosa, gialla e pesante che difficilmente si mescola alle turbolenze dell’acqua di mare, oltre alla inesistenza nelle sue vicinanze di nuovi nuclei urbani. Gnathia è un segno di nascita, all’ora come oggi, di una nuova vita, di un nuovo spirito dell’uomo ricco della volontà del fare per sè e per la sua comunità, un luogo gioioso, una piccola città nel mare per vivere felicemente in relazione alle risorse naturali. Cielo, mare e terra si fondono in un tutt’uno, in un ciclo di vita umana chiusa tra l’agricoltura primaria ricca di frutti della terra e il mare ricco di pesci. Pesci che si possono pescare ancora oggi, dalla costa, senza prendere il largo.

Basta decidere di voler pescare piuttosto che coltivare un piccolo campo di terra rossa e, semplicemente, si va verso una roccia nel mare, a piedi, su una piccola penisola che insieme a molte altre, affiancate una all’atra, creano una costa ricca di insenature dove i pesci, in modo naturale, vivono, si riparano dalle turbolenze del mare e si nutrono. A conferma di ciò, un pomeriggio d’agosto, verso le cinque, vedo arrivare da terra un vecchio pescatore. Nessuna attrezzatura con sè, solo una canna fissa di sette metri, una lenza, un amo, un secchiello vuoto che servirà per le esche fresche che prenderà, poco dopo, dal mare. Piccole cozze nere di scoglio che, appena staccate dalle rocce sott’acqua, tolte dal guscio e profumatissime, diventano una prelibatezza per i saraghi, gli sparlotti, gli scorfanI, i ghiozzi e le spigole che affollano le insenature all’ora del tramonto.

Giusto il tempo di staccare le cozze nere dagli scogli, aprirle, toglierle dal guscio, agganciarle all’amo e lanciare la canna a pochi metri che vedo ritirarla, con un gesto veloce a sè, con una spigola bianco-argento lucente che si dibatte nell’aria all’altezza del pescatore. Pochi minuti ancora e la pesca, per il vecchio pescatore, è ricca e abbondante per la sera. Si torna a casa a preparare la più gustosa e profumata grigliata di pesce del mondo, pescata nelle limpidissime acque dell’antico porto di Egnazia, Gnathia.

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