Ligabue, per Pasqua apertura straordinaria a Conversano della mostra

Antonio Ligabue Lotta di galli, s.d. (1958-1959) Olio su tavola di faesite, cm 50,2 x 61,8 Collezione privata

Nelle sale del Castello aragonese  fino all’ 8 ottobre 2023 attendono i visitatori, per la prima volta in Puglia, oltre 60 opere di uno degli artisti più commoventi del Novecento, Antonio Ligabue

 

La mostra propone il racconto della vita e dell’opera pittorica e scultorea di Ligabue, l’uomo che fece della sua arte il riscatto della sua stessa esistenza. Considerato il pittore naïf per eccellenza, fu un visionario autodidatta che è riuscito a entrare nell’animo del grande pubblico, perchè capace di parlare con immediatezza e genuinità a tutti, a chi ha gli strumenti per capirne il valore storico-artistico, così come a chi semplicemente gode della bellezza assoluta delle sue opere.

Antonio Ligabue Autoritratto con spaventapasseri, s.d. (1955- 1956) Olio su tavola di faesite cm 70×50 Collezione privata

Una storia umana e artistica straordinaria, che negli anni ha appassionato migliaia di persone, tanto da essere diventato addirittura protagonista di film e sceneggiati televisivi, sin dagli anni ’70. Memorabile lo sceneggiato RAI di Salvatore Nocita del 1977 con Flavio Bucci, così come il recente film “Volevo nascondermi” del 2020 di Giorgio Diritti con la magistrale interpretazione di Elio Germano.

Tutto questo è raccontato attraverso le oltre 60 opere della mostra: le tigri, i leoni, i galli, gli autoritratti, il nudo donna, le diligenze con castello, le carrozze con cavalli e tutto lo spettacolare mondo di Antonio Ligabue, pochi soggetti sempre ripetuti,  da cui emergono con forza la sua straordinaria sensibilità e la dolcezza della sua anima fragile. Sofferenza e talento che trovano nella creatività il mezzo per riempire il vuoto dell’abbandono e superare il disagio dell’emarginazione e della malattia mentale.

Promossa e sostenuta dal Comune di Conversano Città d’Arte e Museco – Musei in Conversano, con il contributo della Regione Puglia, con il patrocinio della Città Metropolitana di Bari, di Pugliapromozione e del Teatro Pubblico Pugliese, in collaborazione con Comune di Gualtieri e Fondazione Museo Antonio Ligabue, la mostra Antonio Ligabue è curata da Francesco Negri e Francesca Villanti ed è prodotta e organizzata da Arthemisia.

“El Matt”

Non si può parlare dell’arte di Ligabue senza conoscerne la vita, né si possono capire le sue opere se non si entra nel mondo di quel piccolo uomo sfortunato e folle, pieno di talento e poesia, nato a Zurigo nel 1889 da madre di origine bellunese, Elisabetta Costa, e da padre ignoto. Nel 1901 Bonfiglio Laccabue, emigrato in Svizzera dal comune di Gualtieri, sposa Elisabetta e ne riconosce il bambino che assume così il nome di Antonio Laccabue, cognome che cambierà in Ligabue nel 1942, presumibilmente per l’odio che nutriva verso il padre da lui visto come l’uxoricida della madre Elisabetta, morta tragicamente nel 1913 insieme a tre fratelli in seguito a un’intossicazione alimentare.

Già dall’adolescenza manifesta alcuni problemi psichiatrici che lo portano, nel 1913, a un primo internamento presso un collegio per ragazzi affetti da disabilità. Nel 1917 viene ricoverato in una clinica psichiatrica, dopo un’aggressione nei confronti della madre affidataria Elise Hanselmann che, dopo varie vicissitudini, deciderà di denunciarlo, ottenendo l’espulsione di Antonio dalla Svizzera, il 15 maggio del 1919, e il suo invio a Gualtieri, il comune d’origine del patrigno. L’impatto con il nuovo ambiente si rivela da subito triste e doloroso. Ligabue non parlava l’italiano, era incline alla collera e incompreso dai suoi contemporanei, veniva soprannominato “el Matt” dagli abitanti di Gualtieri che ne rifiutavano i dipinti e il valore artistico, costringendolo a prediligere la via dell’alienazione e della solitudine. Vive grazie all’aiuto dell’Ospizio di mendicità Carri. Nel 1920 gli viene offerto un lavoro agli argini del Po: proprio in quel periodo inizia a dipingere.

L’incontro con Mazzacurati

Antonio Ligabue Gatto con cassettone, s.d. (1954) Olio su tavola di faesite, cm 58×56 Collezione privata

Dopo tormentati e inquieti anni di vagabondaggio in cui vive si rifugia nell’arte per esprimere il suo disagio esistenziale, a cavallo tra il 1928 e il 1929 incontra Renato Marino Mazzacurati (importante artista della Scuola Romana) che ne comprende il talento artistico e gli insegna a utilizzare i colori. Con singolare slancio espressionista e con una purezza di visione tipica dello stupore di chi va scoprendo – come nell’infanzia – i segreti del mondo, Ligabue si dedica alla rappresentazione della lotta per la sopravvivenza degli animali della foresta; si autoritrae in centinaia di opere cogliendo il tormento e l’amarezza che lo hanno segnato, anche per l’ostilità e l’incomprensione che lo circondavano; solo talvolta pare trovare un po’ di serenità nella rappresentazione del lavoro nei campi e degli animali che tanto amava e sentiva fratelli.

Il ritorno in manicomio: «Io sono un pittore, un artista»

Nel 1937 viene ricoverato in manicomio a Reggio Emilia per atti di autolesionismo. Nel 1941 lo scultore Andrea Mozzali lo fa dimettere dall’ospedale psichiatrico e lo ospita a casa sua a Guastalla, vicino Reggio Emilia. Durante la guerra fa da interprete alle truppe tedesche. Nel 1945, per aver percosso con una bottiglia un militare tedesco, viene internato in manicomio rimanendovi per tre anni. Nel 1937 viene nuovamente ricoverato presso l’ospedale psichiatrico di San Lazzaro a Reggio Emilia per autolesionismo e per “psicosi maniaco-depressiva” nel marzo del 1940. È il 1948 quando comincia a esporre le sue opere in piccole mostre e ottenendo, sotto la guida di Mazzacurati, qualche riconoscimento e a guadagnare i primi soldi. Nel 1948 si fa più intensa la sua attività pittorica e giornalisti, critici e mercanti d’arte iniziano a interessarsi a lui. Nel 1957 Severo Boschi, firma de Il Resto del Carlino e il noto fotoreporter Aldo Ferrari gli fanno visita a Gualtieri: ne scaturisce un servizio sul quotidiano con immagini tuttora celebri.  Nel 1961 viene allestita la sua prima mostra personale alla Galleria La Barcaccia di Roma. Subisce un incidente in motocicletta e l’anno successivo viene colpito da paresi. Guastalla gli dedica una grande mostra antologica. Chiede di essere battezzato e cresimato: muore il 27 maggio 1965. Riposa nel cimitero di Gualtieri e sulla sua lapide viene posta la maschera funebre in bronzo realizzata da Mozzali.

Ligabue è ancora oggi un esempio di quanto la diversità sia una ricchezza. Fragile, in un mondo che ci vuole perfetti, egli ci ha insegnato tanto sull’importanza di essere noi stessi, senza filtri, dimenticando ciò che la società ci impone.

Le scelte di allestimento della mostra

Seguendo una ripartizione cronologica, sono narrate le diverse tappe dell’opera dell’artista a partire dal primo periodo (1927-1939), quando i colori sono ancora molto tenui e diluiti, i temi sono legati alla vita agreste e le scene con animali feroci in atteggiamenti non eccessivamente aggressivi; pochissimi gli autoritratti. Il secondo periodo (1939-1952) è segnato dalla scoperta della materia grassa e corposa e da una rifinitura analitica di tutta la rappresentazione.

Antonio Ligabue Leone con leonessa, s.d. (1932-1933), P. I Olio su tavola di compensato, cm 50×65 Collezione privata

Il terzo periodo (1952-1962) è la fase più prolifica in cui il segno diventa vigoroso e continuo, al punto da stagliare nettamente l’immagine rispetto al resto della scena. È densa in quest’ultimo periodo la produzione di autoritratti, diversificati a seconda degli stati d’animo. Tra i capolavori esposti vi sono Carrozza con cavalli e paesaggio svizzero (1956-1957), Autoritratto con sciarpa rossa (1952- 1962) e Ritratto di Marino (1939- 1952), accanto a sculture in bronzo come Gufo con preda (1957-1958). In mostra anche una sezione dedicata alla produzione grafica con disegni e incisioni quali Iena (1952-1962)e Cavallo con asino (1952-1962), e una sezione sulla sua incredibile vicenda umana. Ad arricchire ulteriormente l’esposizione, la presenza di documenti sulla vita dell’artista, la proiezione del film documentario di Raffaele Andreassi del 1961 e diverse foto risalenti agli anni Cinquanta.

I tre periodi dell’opera di Ligabue

Nel 1975 in occasione della prima grande antologica, Sergio Negri, uno dei maggiori esperti di Ligabue, adotta in maniera definitiva la ripartizione in tre periodi dell’opera di Antonio Ligabue.

Primo periodo: 1927-1939

Le opere di questi anni sono ancora sgrammaticate, risentono di qualche incertezza tecnica e coloristica che però Ligabue riesce mirabilmente a superare grazie all’istintiva capacità narrativa. L’impianto formale è semplice e l’impaginazione è equilibrata. Il colore è steso in maniera così leggera da sembrare soffuso. È evidente l’eccesivo uso di acquaragia per far scorrere il pennello più facilmente sulla tela. I contorni delle figure non sono ancora definiti dal segno nero, l’insieme è reso con poche pennellate essenziali. La tavolozza è povera, i colori utilizzati sono prevalentemente il verde, il marrone, il giallo, il blu cobalto e si accosta alle terre naturali. Inizia a raffigurare i temi prediletti: gli aspetti della vita agreste, le scene con animali feroci in atteggiamenti non eccessivamente aggressivi; pochissimi gli autoritratti. Sul finire di questi anni, dopo la conoscenza di Mazzacurati, la mano di Ligabue diventa più sicura, il dipinto assume una maggiore corposità e intensità tonale, un sempre miglior equilibrio compositivo.

Secondo periodo: 1939-1952

Antonio Ligabue Ritratto di Marino, (1939- 1952) Olio su tela, cm 47×41,3 Collezione privata

Nel secondo periodo, che va dal 1939 al 1952, la pittura di Ligabue si impadronisce dei segreti del colore e della linea. Inizia a strutturare forme sempre più complesse arrivando a riprodurre il movimento e l’azione, rendendo la narrazione più reale. I toni cromatici diventano più caldi e la materia pittorica acquisisce spessore. Comprende, attraverso un’attenta osservazione dei campi di grano, le splendide e numerose tonalità del giallo, di cui fa un uso ripetuto assieme alla terra di Kassel, il blu di Prussia e il rosso carminio. In questo secondo periodo Ligabue firma sempre in corsivo gotico preferibilmente con il colore rosso e ponendo a volte solo la a minuscola, iniziale del nome.

Terzo periodo: 1952-1962

Nel terzo periodo anche le fiere, già stilisticamente avanzate, acquisiscono una cura per il dettaglio che si potrebbe paragonare a quella dei dipinti fiamminghi.La minuzia con cui si sofferma sui dettagli per catturare l’essenza del soggetto è confermata dagli splendidi manti delle tigri, dei leopardi, dal piumaggio dei volatili, che prendono vita nelle tele. Le angosce che percorrono la sua mente esplodono nell’aggressività degli animali e la loro impietosa lotta per la sopravvivenza. Punte quasi ossessive sono evidenti nella rielaborazione continua dello stesso esasperato tema iconografico. È il periodo più prolifico.  Il segno nero intorno alle figure si fa vigoroso e continuo.

Antonio Ligabue Testa di cervo, (1953- 1955) Olio su tavola di faesite, cm 65×55 Collezione privata

Nella firma, quasi sempre rossa, la A iniziale del nome è ora maiuscola a bastoncino, il cognome sempre in corsivo gotico; ma spesso vi sono solo le iniziali. I colori maggiormente usati sono il giallo limone, il blu di Prussia, le terre di Siena, il giallo cadmio, il bruno Van Dyck e abbonda il bianco di zinco. È densa, in quest’ultimo periodo la produzione di autoritratti, pervasi da una incontenibile tristezza.

Autoritratto

Nell’arco di quasi quarant’anni Ligabue dipinge oltre 123 autoritratti. Questa serie testimonia il forte desiderio di rivelare attraverso l’immagine i tratti essenziali della propria personalità. A partire dal 1940, anno in cui dipinge il primo autoritratto, l’artista indaga la propria figura in maniera ossessiva: gli occhi penetranti, le labbra carnose, le grandi orecchie a sventola, il naso adunco, il gozzo diventano le stigmate di una icona ormai famosa. In mostra ne sono proposti numerosi esempi a partire da una straordinaria e rara tela riconducibile al secondo periodo, fino ad arrivare a quelli degli ultimi anni in cui si ritrae con dei copricapi, segno di dignità, di autostima e anche semplicemente gusto del travestimento, come se fosse un gioco.

Paesaggio agreste

La pittura di Ligabue è condizionata dal fortissimo legame con la Svizzera, sua terra d’origine, il microcosmo privilegiato dove si sente a suo agio come in nessun altro luogo. Da questa dimensione di pacato incanto nascono tanti piccoli capolavori, che descrivono la vita nei campi attinta nella verità di un mondo spiato da lontano, filtrata attraverso il ricordo della sua terra natale e alle immagini delle opere osservate da bambino, frammenti di un mondo che si porterà dietro mischiando ricordi e fantasia.

Antonio Ligabue Buoi con carro e botte, s.d. (1953-54) Olio su tavola di faesite, cm 68×90 Collezione privata

«Pittore di animali», è la definizione che dà di sé Ligabue

La stagione iniziale del suo lavoro è dedicata quasi esclusivamente agli animali, ne analizza i vari aspetti con una creatività a tutto campo, animato dalla volontà di cogliere, con eguale intensità, le espressioni deformate, la bellezza di un movimento o lo splendore di un colore. Egli si immedesima negli animali che vuole ritrarre, ne riproduce le movenze, sbatte le ali, ulula, pigola, ruggisce per poter diventare lui stesso una delle sue straordinarie fiere. La sua fantasia lo porta in terre lontane, sognate e immaginate sfogliando qualsiasi libro trovasse a portata di mano o studiando con curiosità maniacale le famose figurine Liebig che riproducevano tutte le specie animali, anche le più remote. «Io so come sono fatti anche dentro», amava specificare.

Antonio Ligabue Leopardo nella foresta, s.d. (1956-1957) Olio su tavola di faesite, cm 54×54 Collezione privata

Sculture

Ligabue ha modellato pochissime sculture, circa un centinaio, molte delle quali non son arrivate a noi. Quelle plasmate prima del 1935 non venivano nemmeno cotte e molte sono state distrutte per incuria o scaraventate con rabbia contro una parete. Grazie ai calchi e alle fusioni in bronzo si è riusciti a conservarne pochi esemplari preziosi. Probabilmente la sua produzione delle sculture inizia molto presto, servendosi dell’argilla che si depositava nella golena dopo le piene del Po, una fanghiglia rossastra, solida, ben amalgamata, che i contadini della zona chiamavano “tivèr”.

Libertà e sicurezza di esecuzione caratterizzano la sua opera. Di Antonio Ligabue, artista “dentro” e non fasullo, che è sopravvissuto alla solitudine, al freddo e alla fame, oltre a mille angherie, che riversò nei suoi quadri le sensazioni e i sentimenti che non riusciva a esprimere con le parole, il visitatore della mostra potrà sicuramente portarsi a casa un sorriso, che bene sintetizza il suo riconoscimento artistico.

Orario apertura
Da martedì a domenica 10.00 – 13.30, 15.30 – 19.00
Lunedì chiuso
La biglietteria chiude un’ora prima

Sede Polo Museale – Castello Conti Acquaviva D’Aragona Piazza Conciliazione (Arco monumentale) Conversano – Bari

Antonio LigabueAperture straordinarie
Domenica 9 aprile
Lunedì 10 aprile
Lunedì 24 aprile
Martedì 25 aprile
Lunedì 1 maggio
Lunedì 29 maggio
Venerdì 2 giugno
Martedì 15 agosto

Biglietti
Intero € 14,00
Ridotto € 12,00

Informazioni e prenotazioni
T +39 080 99 52 31

Segnaliamo ai nostri lettori anche la visita della mostra “La magia di Marc Chagall tra realtà e surrealtà”, Castello Aragonese di Otranto, aperta fino al 5 novembre 2023

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