Attualmente sono 13 le Regioni che dispongono di una normativa “anti-amianto”, cui si aggiungerà presto anche la Puglia, con l’imminente Piano Regionale Amianto. Nel frattempo, con delibera n. 676 dell’11/04/2012, pubblicata il 16 maggio scorso1, è partito il censimento obbligatorio dell’amianto, effettuabile con autonotifica, online o cartacea. A partire dal 16 maggio 2012 decorrono 60 giorni per completare il censimento. La delibera applica la Legge 257/92 (Cessazione dell’uso di amianto)2 attuativa della direttiva 2003/18/CE (protezione dei lavoratori contro l’esposizione all’amianto)3.
Finalità. Le più rilevanti sono: il coordinamento dello smaltimento dell’amianto con quello generale dei rifiuti; la mappatura nazionale dei siti contaminati, con tanto di Anagrafe, fornita dal CNR-IRSA4; la proroga dell’Accordo Quadro per la Tutela Ambientale tra Regione, Guardia di Finanza, Carabinieri, Corpo Forestale dello Stato, ARPA e CNR-IRSA, per il monitoraggio dei livelli di contaminazione da abbandono di manufatti in amianto. Dunque, il Piano Regionale Amianto, coadiuvato dal censimento, garantirà il risanamento territoriale e servirà da deterrente contro eventuali reati ambientali legati al mancato o illecito smaltimento dell’amianto.
Le altre regioni. Tra le altre Regionidotate di un Piano Amianto affine a quello pugliese5, speciale menzione merita l’Emilia Romagna, sia per i recenti terremoti (possibili cause di inquinamento ambientale, per lo sprigionarsi di fibre di amianto in seguito alle scosse), sia per i rischi legati all’attività estrattiva nelle cave ofiolitiche in provincia di Parma (ofiolite: roccia di colore verde, ricca di crisotilo, cioè amianto). C’è, infatti, un dato sconcertante su cui riflettere: mentre in Italia il rapporto medio di ammalati di mesotelioma è di 3 uomini a 1 donna, a Parma e provincia il rapporto è di 1 a 1 (quindi i mesoteliomi femminili sono molto numerosi). Questo perché, nel Comune di Bardi (PR) e zone limitrofe, la patologia sembra connessa all’insalubrità dell’aria (a causa delle cave) piuttosto che circoscritta ai luoghi di lavoro, perciò essa è passibile di colpire l’intera popolazione e non solo i lavoratori. Tuttavia, l’Emilia Romagna, ignorando questi dati e il censimento ARPA del 30 settembre 2011, che annovera le cave tra i siti contaminati, ha legittimato l’attività estrattiva, applicando l’Allegato 4 (utilizzo di ofioliti in funzione del contenuto di amianto) del D.M. 14/05/1996 (mezzi per rendere innocuo l’amianto)6 e disapplicando il Piano Regionale Amianto7.
Allegato 4. Sebbene esso classifichi gli ofioliti e ne regoli l’utilizzo in base all’amianto in essi contenuto, è ugualmente difficile capire come tale norma possa sopravvivere, nell’attuale contesto di lotta all’amianto. Infatti, lo scopo (ratio) dell’All.4 sembrerebbe palesemente in contrasto con lo stesso D.M. di cui è parte, con il Piano Regionale Amianto, con la L.257/92 (sulla cessazione dell’impiego dell’amianto) e, peggio ancora, con la Costituzione!8
Un dato è incontrovertibile e cioè che, essendo le cave luoghi inquinati, in esse non si dovrebbe scavare affatto.