
A rischio l’autenticità del latte pugliese ed i suoi derivati a causa dell’importazione dall’estero. L’etichettatura obbligatoria ed i controlli possono salvare il Made in Puglia
Il latte pugliese è in crisi. Nonostante gli sforzi degli allevatori, delle associazioni di categoria e della Regione, il comparto è in difficoltà a causa delle importazioni. Una situazione imbarazzante per il nostro territorio che sta soccombendo a causa anche del mercato che acquista e vende a prezzi assolutamente fuori scala.
Latte: i dati pugliesi
La nostra regione è la sesta regione produttrice di latte in Italia. Ha 1.939 allevamenti che producono 3,6 milioni di quintali di latte bovino, dando lavoro a decine di migliaia di persone, mentre la filiera garantisce la qualità del prodotto con certificazioni ed etichettatura ad hoc. I suoi derivati sono amati, apprezzati ed imitati in tutto mondo. Dall’estero, soprattutto da Francia, Germania, Ungheria e Repubblica Ceca, vengono importati 2,7 milioni di quintali di latte e 35mila quintali di prodotti semi-lavorati quali cagliate, caseine, caseinati e altro. Questi prodotti, però, vengono utilizzati per produzioni lattiero-casearie vendute come Made in Puglia.
Il costo del latte
Secondo i dati raccolti da Coldiretti, un litro di latte alla stalla costa tra i 37 e i 39 centesimi – stesso prezzo di 20 anni fa – ed un litro di latte al consumo arrivi a costare da euro 1,30 fino ad euro 1,60. I trasformatori acquistano il ‘latte spot’ a prezzi stellari, per poi ‘compensare’ i maggiori costi pagando il latte locale a prezzi bassi. La soluzione a questa assurda situazione è vincolare indissolubilmente il prezzo del latte alla stalla al costo di latte e formaggi che i consumatori acquistano nei negozi e nei supermercati. Gli allevatori devono vendere 2 litri di latte – dice Coldiretti Bari – per bersi un caffè al bar, quattro litri per comprare un pacchetto di caramelle, quattro litri per una bottiglietta di acqua al bar e quasi 15 litri per un pacchetto di sigarette.
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Monitoraggio e controllo
«Stiamo monitorando durante le ore notturne il transito e lo scarico delle cisterne di latte – ha denunciato Angelo Corsetti, Direttore di Coldiretti Puglia – che spesso, pur essendo con targa italiana, trasportano latte estero. Abbiamo convenuto al tavolo convocato dall’Assessore Di Gioia di procedere immediatamente alla redazione di un protocollo di intesa che preveda la condivisione dei dati e metodi ISMEA nella definizione del costo in Puglia del latte e la predisposizione di un contratto tipo da parte della Regione per regolamentare gli scambi secondo una tabella di qualità, come previsto dalla legge».
Etichettatura obbligatoria: salverà il latte pugliese?

L’etichettatura obbligatoria disposta dal MIPAAF è un passaggio importante per la Puglia, in quanto solo in questo modo si può certificare la assoluta qualità del latte prodotto nella nostra terra, tutelando allevatori e consumatori. È risaputo che pascoli e fieno di altri climi e latitudini influiscono sul latte, alterandone i derivati. La “burrata di Andria IGP” o la “mozzarella di Gioia del Colle DOP“, per essere tali, devono essere prodotte solo con elementi presenti in quel territorio; per cui vanno tutelate per legge, anche con continui controlli da parte di enti preposti.
«Grazie all’etichettatura, ben 80mila mucche da latte presenti in Puglia possono firmare la propria produzione di latte, formaggi e yogurt – sottolinea la Coldiretti Puglia – che è garantita a livelli di sicurezza e qualità superiore, grazie al sistema di controlli realizzato dalla rete di veterinari più estesa d’Europa, ma anche ai primati conquistati a livello nazionale e comunitario con 2 DOP, canestrato pugliese e mozzarella di bufala, e 17 formaggi riconosciuti tradizionali dal MIPAAF, burrata, cacio, caciocavallo, caciocavallo podolico dauno, cacioricotta, cacioricotta caprino orsarese, caprino, giuncata, manteca, mozzarella o fior di latte, pallone di Gravina, pecorino, pecorino di Maglie, pecorino foggiano, scamorza, scamorza di pecora, vaccino».