La vecchia fornace Corvaia, in località Golfarolo, Comune di Oricola in provincia dell’Aquila, è un capannone di 10.000 mq che non sforna più da lungo tempo cotti e laterizi; più di vent’anni fa, infatti, questo stabilimento fu dismesso, abbandonato e da officina di mattoni divenne, a causa dello sconquasso delle sue strutture, una “fabbrica” d’amianto.
Era il 2004 quando vidi per la prima volta il minaccioso e fatiscente capannone. Non sapevo del pericolo dell’amianto; ciò nonostante, la vista di quella decrepita struttura suscitò subito in me una naturale repulsione per il solo fatto che deturpava il verde paesaggio marsicano ed il villaggio residenziale adiacente. Alla mia richiesta di cosa fosse quella bruttura qualcuno mi rispose “sta lì da parecchi anni …è un relitto, dovrebbe essere demolito… pare vi sia un contenzioso tra proprietario e Comune…”. Allora, mi dissi, prima o poi lo toglieranno, se poi c’è di mezzo il Comune…
io ho fiducia nelle Istituzioni
Solo più tardi seppi dell’amianto e delle varie proteste dei residenti che da tempo ne chiedevano la rimozione. Beh pensai, il Comune è stato allertato e prima o poi provvederà; però la cosa cominciò ad inquietarmi… ma sentivo anche dire “stavolta ci siamo, pare che il capannone sia stato messo in vendita… qualcuno si farà carico dello smantellamento di quel fabbricato diroccato e di quel tetto che sta per crollare…”
La preoccupazione aumentò dal momento in cui appresi di malattie alle vie respiratorie tra gli abitanti della zona. Certo, forse nulla correlava univocamente quelle affezioni con l’amianto, però erano state presentate circostanziate denunce all’Unità sanitaria locale e alla Procura della Repubblica.
Venni poi fortuitamente in possesso della copia cartacea di un’ordinanza sindacale la quale mi dette modo di approfondire l’argomento.
Nell’ordinanza si evidenziavano rischi e pericoli certificati da ASL e ARTA (Agenzia per l’ambiente della Regione Abruzzo), si individuavano precise responsabilità, si ordinavano interventi di bonifica e misure di sicurezza; insomma, debbo dire, un documento ben fatto ed articolato con citazioni di decreti legge, normative in materia di sostanze nocive, tempi limite di attuazione e via dicendo.
Da questo documento inoltre si evinceva che lo stato di inquinamento era grave ed allarmante e che la fornace dismessa era stata a suo tempo permeata da calore e fuoco, un posto cioè in cui l’amianto, proprio per le sue peculiarità, era servito non solo per le coperture dei tetti ma anche per preservare dalle alte temperature le strutture, le pareti, i rivestimenti, le aree di cottura dei manufatti, ecc.
Ebbene, mi dicevo, il documento che ho sottomano è un atto pubblico ed il Comune dovrà, in un modo o nell’altro, farlo rispettare, magari con l’intervento della forza pubblica o, alle brutte, sostituendosi alla parte inadempiente per poi rivalersi successivamente sulla stessa, il tutto perché il Sindaco in quanto Ufficiale del Governo ha il dovere di tutelare la salute pubblica dei cittadini e mi dissi ancora
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Ai trenta giorni stabiliti dall’ordinanza sindacale, come tempo limite d’intervento, si aggiunsero altri mesi di vana attesa. Va detto che furono emesse più Ordinanze Sindacali, tutte appropriate e perentorie, tutte esaustive e precise, tutte disattese. Mi decisi allora ad inoltrare formali richieste d’intervento alle autorità amministrative (Comune, Provincia, Regione, Prefettura, Ministeri, Procura, ecc.) ed a quelle di forza pubblica (Carabinieri, Guardia di Finanza, Corpo Forestale dello Stato), informando altresì associazioni ambientaliste, movimenti politici, esperti di ambiente e sanità, giornalisti… Insomma mi rivolsi agli “enti preposti” perchè
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Tra i primi consensi e interventi debbo registrare quelli di Protezione Civile di Roma, Prefettura di l’Aquila, NOE dei Carabinieri di Pescara, Guardia di Finanza di Avezzano e Procura Generale presso il Tribunale di Avezzano, i quali determinarono o contribuirono al conseguimento dei primi risultati:
– il sequestro penale del sito
– la denuncia della proprietà per reati ambientali e, penalmente, per non aver ottemperato agli obblighi di legge
– la recinzione in rete metallica della struttura pericolante.
Era l’anno 2008 e questi provvedimenti, va riconosciuto, costituivano, dopo tanti anni di inerzia, una concreta risposta delle istituzioni e perciò meritavano apprezzamento e plauso, pur non soddisfacendo appieno nè le istanze manifestate né le disposizioni di legge.
A ottobre 2008 inizia il processo, il Comune di Oricola si costituisce parte civile; a settembre 2009 viene emessa una sentenza di condanna nei confronti della proprietà: un anno e due mesi di reclusione per inquinamento ambientale, una multa di 7mila euro, il risarcimento di 23mila euro per le spese di recinzione sostenute dal Comune, la rimozione dei materiali pericolosi e la bonifica dell’area. Sembrava fatta! Invece un anno dopo, è dicembre 2010, ancora tutto tace: nessuno sgombero dell’amianto, nessuna bonifica del territorio, nessuna messa in sicurezza, niente di niente, ancora lo stallo e il silenzio.
Insisto con le istituzioni e apprendo finalmente ma con tanta fatica, che la parte condannata è ricorsa in appello e che il procedimento penale è passato dal Tribunale di Avezzano alla Corte d’Appello dell’Aquila. Ora, considerando che il nostro ordinamento prevede tre gradi di giudizio e che i procedimenti giudiziari non possono sempre definirsi celeri, si debbono verosimilmente temere tempi lunghi, ulteriori proroghe e rinvii.
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Gennaio 2011. Gli appelli incassano sempre i moniti e le esortazioni delle istituzioni, quelle che hanno il garbo di rispondere e suscitano ancora la solidarietà di molti giornalisti, esperti sanitario/ambientali e politici. Io ringrazio quanti si sono adoperati per questa causa ma lo scenario di stasi e dilatazione dei tempi di attesa che si profila è francamente inaccettabile da parte di chi vive questa infinita emergenza amianto; si ritiene insomma che, indipendentemente dai passaggi giudiziari, si debba intervenire con somma urgenza per la protezione della persona umana e dell’ambiente.
E tuttavia, nonostante tempi biblici e scarsi risultati, io confido nella possibilità di portare presto a buon compimento questa storia di malambiente e ciò rafforza vieppiù il mio già dichiarato convincimento. Ribadisco:
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E l’estremo atto di una fiducia che talvolta vacilla ma non crolla sta nell’appello e nel sollecito rivolti a tutte le istituzioni, particolarmente al Comune di Oricola, alla Provincia dell’Aquila ed alla Regione Abruzzo perché orientino la soluzione di questo caso verso l’unica praticabile e cioè quella che passa per l’esercizio dei poteri sostitutivi da parte della Pubblica Amministrazione, come previsto dalle Ordinanze Sindacali, dalle leggi vigenti (D.L. n° 152/2006 – Norme in materia ambientale), in nome dei principi di rispetto sanitario/ambientale in cui credono tutti coloro che ritengono di avere il diritto di respirare senza amianto nell’aria e in virtù del fatto che l’osservanza dei principi medesimi significa sempre un risparmio di vite e oneri sociali.
Un informale appello è anche indirizzato ai Sindaci delle Comunità limitrofe perché assumano un approccio proattivo e sinergico nella tutela della salute pubblica: il consenso politico dipenderà sempre più dalla cura del territorio e dalla qualità della vita che gli amministratori sapranno attuare. Una preghiera è destinata agli Operatori dell’informazione, della sanità e dell’ambiente perché continuino ad informare di più e meglio su come alcune gravi malattie si possano sconfiggere o ridurre eliminando all’origine le cause che le producono.
Si rinnova infine il ringraziamento a quei Responsabili e Dirigenti degli Uffici contattati i quali, fin qui rispondendo ad appelli e segnalazioni, hanno dato assistenza e manifestato la loro vicinanza al cittadino.
Grazie dell’attenzione.
Cordialmente
Virgilio Conti
I PERICOLI DELL’AMIANTO
L’amianto (eternit o altre denominazioni commerciali), lo ricordiamo, è fuori legge in Italia dal 1992. Le polveri di amianto, se respirate, provocano l’asbestosi, nonché tumori della pleura, ovvero il mesotelioma pleurico e dei bronchi, ed il carcinoma polmonare.
Nella fattispecie della fornace, l’ ARTA (Agenzia per l’ambiente della Regione Abruzzo), ha stabilito trattarsi di amianto in matrice friabile del tipo crisotilo o asbesto bianco e crocidolite o asbesto blu; in altre parole, polveri e microfibre amiantifere che, liberate dalle aggressioni atmosferiche e poste in aerodispersione, sono estremamente pericolose se inalate.
Uno studio di carattere generale ha messo in evidenza che ogni metro quadrato di eternit rilascia ogni anno mediamente tre grammi di amianto; questo significa che l’area del sito in oggetto, avente un’estensione di 10.000 metri quadri, ogni anno può disperdere nell’aria trenta chilogrammi di amianto! Si tenga conto che un centimetro lineare di questo materiale contiene 335.000 microfibre, tutte cancerogene; fanno un numero straordinario di particelle, potenzialmente inspirabili, rilasciate ogni giorno dal solo tetto senza considerare possibili dispersioni aggiuntive di amianto friabile verosimilmente presente in altre parti della struttura.
Una fibra di amianto è 1300 volte più sottile di un capello umano. Non esiste una soglia di rischio al di sotto della quale la concentrazione di fibre di amianto nell’aria non sia pericolosa: teoricamente l’inalazione anche di una sola fibra può causare il mesotelioma ed altre patologie mortali, tuttavia un’esposizione prolungata nel tempo o ad elevate quantità aumenta esponenzialmente le probabilità di contrarle.