
“La Terra delle donne” è un film pieno di natura, paesaggi bellissimi ma anche contatto e relazione con l’ambiente che circonda le nostre vite
Marisa Vallone ne è la regista. Barese, esordiente, ha presentato la sua opera prima in anteprima nazionale al Bif&st 2023 e la sua Bari ha assegnato il premio “Mariangela Melato” per la miglior interpretazione femminile a Paola Sini, che è anche co-sceneggiatrice e produttrice del film. “C’è molta, moltissima natura, che viene celebrata quasi come una divinità con cui – dice Vallone – si può essere in connessione”. In 104 minuti, “La Terra delle donne” è nelle sale italiane e al cinema Splendor di Bari dal 25 maggio. Ambient&Ambienti ha intervistato Marisa Vallone, che nel 2013 aveva prodotto uno spot su uno dei grandi temi del nostro tempo: l’acqua. Leggi: “Raining Sand”: video-riflessione sull’acqua di Marisa Vallone
La prima percezione è quella di un mondo antico, dominato dalle tradizioni, dai riti, poi però si scopre che oggi non siamo poi tanto diversi. In fondo le relazioni e la società dominano la vita delle persone. Quanto ci condizionano?

«Nel bene o nel male l’ambiente sociale in cui cresciamo ci forgia e lascia su di noi un imprinting che ci accompagnerà per tutta la vita. Il percorso ideale di ogni individuo dovrebbe essere quello di procedere nella consapevolezza delle influenze esercitate dall’esterno, al fine di separarle dai nostri reali bisogni interiori. Questo processo è apparentemente più semplice oggi, perché viviamo in una società che fa della “libertà di scelta individuale” il suo baluardo. Ma la verità è che il sistema di oggi è solo più subdolo: certe dinamiche non sono cambiate, continuano a condizionarci con retaggi culturali impliciti, difficili da riconoscere e supportati da un uso sempre più nocivo e misogino dei social media. Ecco perché secondo me è importante continuare a raccontare storie ambientate nel passato: sono lo specchio del nostro presente… anzi uno specchio ingranditore!»
“Durante la sua crescita, ogni donna attraversa diverse fasi in cui si trova a vivere un rapporto diverso con la maternità: la sogna, la teme, la respinge, la rimanda, ora la brama, poi ci ripensa e di nuovo s’interroga sui suoi desideri, sulle sue possibilità o eventuali impedimenti. Lungo la via degli eventi e delle scelte che costruiscono giorno dopo giorno quello che siamo, le pressioni sociali hanno tutt’oggi un ruolo fondamentale… Mi piace pensare che ogni personaggio del film con il suo specifico rapporto con la maternità, rappresenti una sfaccettatura del complesso percorso di crescita di ogni donna. Sì quello della maternità è uno dei temi centrali: tutte le location più suggestive del film hanno infatti il compito di evocare il grembo materno, come anche i genitali femminili. Anche dal punto di vista sonoro ho lavorato molto affinché si potesse creare un’immersione avvolgente dentro gli elementi, per far sentire lo spettatore direttamente nel grembo di Madre-Terra.”
Il paesaggio come personaggio empatico
Il film attraversa tra simbolismi e percezioni sensoriali i quattro elementi. In fondo il paesaggio sembra essere, accanto ai protagonisti del film, un vero e proprio personaggio.

“L’arte Romantica dello Sturm und Drang ci insegna più di altre che il paesaggio può essere personaggio dotato di storia, sentimenti e destino. Molte sono le occasioni in cui il paesaggio sembra “dialogare” con la nostra protagonista Fidela inviandole segnali criptati, reagendo alle sue emozioni con empatia. Si tratta di sfumature quasi impercettibili che forse sfuggono alla prima visione del film, almeno a livello conscio: ma le cicale friniscono in maniera più forte quando Fidela vive un attimo d’amore, il mare si agita quando lei soffre, il paesaggio è immenso quando lei si sente piccola, il vento smuove le cose quando c’è bisogno di un cambiamento… ”
Come nei detti popolari, anche nella superstizione, secondo me, c’è talvolta una parte di verità frutto dell’esperienza empirica tramandata nei secoli. Credo che la difficoltà stia nell’individuare con spirito critico e anche leggerezza quel fondo di verità storica, senza lasciarsi accecare dalle paure che trasformano le superstizioni in vere e proprie minacce sociali. Questo avviene quando la superstizione è gestita con ignoranza, crudeltà e poca empatia, proprio come avvenne con l’Inquisizione e la caccia alle streghe. Nel nostro film una bambina è destinata ad essere la “strega” del villaggio solo perché femmina nata settima dopo una prole di altre sei bambine… Di contro quando la bambina cresce e ha ormai imparato il mestiere di guaritrice, ottiene una sorta di riscatto sociale: ora che in qualche modo è connessa alla natura e ai suoi strumenti medicamentosi, inclusa la gestione della vita e della morte, questa donna è temuta e rispettata… Lo stesso trattamento che si è sempre riservato alla Natura nelle comunità contandine e agropastorali. Questo rispetto per la natura oggi si è perso anche perché il nostro stile di vita in città, figlio del consumismo, ci mette a contatto con oggetti e strumenti altamente rielaborati e spesso distanti dalle materie prime. Cosa c’entra un albero con il mio smartphone? Eppure la natura c’entra sempre… E per fortuna piano piano sembra che stiamo tornando a riappropriarci di questa consapevolezza.
La ‘Bellezza’ della natura: la forza narrativa della Terra
Grotte, alberi secolari, cascate, boschi. Il paesaggio sardo è valorizzato al massimo. La ricerca di location ancestrali e immacolate ci trasmette il senso della “bellezza” naturale. E’ così?